«Il 35% dei nostri utenti sono rientrati nel mondo del lavoro» racconta Luigi Saracino, uno dei coordinatori operativi del progetto

di Lorenzo Garbarino

Custodi del bello
La squadra di Custodi del bello in azione in via Pisani

«Da Custodi del Bello – spiega Luigi Saracino, coordinatore operativo del progetto – sono passate all’incirca 150 persone, tenendo conto anche la pausa forzata dovuta al Covid, di cui il 35% ha saputo ricollocarsi professionalmente all’interno di cooperative e altro genere di somministrazioni».

Il progetto dei Custodi del Bello è nato nel 2017 con una finalità antidegrado. L’iniziativa prevede un’attività che è volutamente molto semplice. Senza l’ausilio di particolari mezzi, si fa un’azione di pulizia e miglioramento delle aree urbane.

Il programma è presente nelle periferie di Milano e permette la messa in opera di persone provenienti da percorsi di fragilità. Estromessi dal lavoro da tempo, grazie al progetto ritrovano il ritmo di lavoro e la relazione con le persone. Un metodo anche per riattivare le loro qualità, per intraprendere successivamente anche un percorso di ricerca lavorativa.

«Le storie più belle – racconta Saracino – sono dei nostri capisquadra. Il progetto infatti prevede un gruppo su ogni luogo, composto da un mix di varie figure tra cui tirocinanti, volontari e caposquadra. Quest’ultimi sono tutte persone riqualificate e tra queste ne abbiamo avute anche due con un passato giudiziario alle spalle. Il loro percorso è cominciato come tirocinanti e, successivamente, sono risultati idonei per accompagnare le altre persone. Da capisquadra sono così passati dall’essere persone “da attivare” a utenti che “attivano” gli altri».

Tra i Custodi del Bello ci sono anche persone che vengono da momenti di fragilità psicologica, che riescono con la calma della quotidianità a riprendere la voglia e la capacità di mettersi in gioco. «Si tratta di persone – aggiunge Saracino – che arrivano dai dormitori. Oggi abbiamo tirocinanti che arrivano da situazioni di strada, che sono passati dall’essere senza fissa dimora e hanno cominciato a prendere contatto con il mondo del lavoro grazie a questo progetto».

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