Al Forum nazionale delle donne ebree d’Italia monsignor Delpini ha ribadito i rapporti di amicizia, stima e fraternità: «La Shoah? Una pagina che non si può chiudere perché aiuta a vivere il presente e il futuro»
di Annamaria
Braccini
«Vorrei ribadire un’intenzione di fraternità, collaborazione, stima vicendevole che desidero esprimere come rappresentante della Chiesa cattolica ambrosiana. Qui nessuno accoglie un altro, perché tutti siamo stati accolti da una terra generosa a cui ciascuno dà il suo contributo».
Questi i sentimenti di incoraggiamento e amicizia con cui l’Arcivescovo ha portato il suo saluto alla III sessione del primo Forum delle donne ebree d’Italia (leggi qui), appartenenti all’Associazione Adei, presente in 16 città del nostro Paese con oltre 2000 iscritte e facente parte, come Federazione, dell’organizzazione femminile ebraica internazionale Wizo. Realtà del Terzo settore attivissima nel mondo dell’assistenza e del sostegno ai più deboli, con più di 250 mila socie volontarie nel mondo, 800 progetti di welfare, 14 mila bambini assistiti negli asili, solo per citare un dato.
Ad ascoltare l’Arcivescovo, nella Sala Alessi del Comune di Milano, molte persone e autorità, tra cui la presidente nazionale Adei Susanna Scialky, la vicesindaco Anna Scavuzzo, Liliana Segre, il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib e la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi di Segni.
Nella scia del cardinale Martini
Rivolgendosi a tutti i presenti, l’Arcivescovo ha richiamato, nel ricordo del cardinale Carlo Maria Martini, i legami storici di amicizia e cordialità tra la Diocesi e la Comunità ebraica di Milano: «I cattolici milanesi – ha detto – che sono stati amici di tanti ebrei, hanno condiviso negli anni momenti di incontro e di preghiera. Mi riferisco, naturalmente al cardinale Martini con la sua particolare attenzione alla Comunità ebraica di Milano e l’affetto che ebbe per Gerusalemme. Io sono un erede che non ha la sua competenza per quanto riguarda il mondo ebraico, ma vorrei ribadire il mio apprezzamento per quello che rappresentate».
Una gratitudine, quella dell’Arcivescovo, motivata anche dalla realizzazione del Memoriale della Shoah, «frequentato da tanti ragazzi e scuole», da lui visitato con la guida della senatrice Segre qualche tempo fa: «Il Memoriale ricorda un periodo della storia veramente sconcertante e quando leggo la parola “indifferenza” (incisa su un grande muro di pietra all’ingresso del Memoriale) penso che questo termine sia come un sanguinare dell’umanità che c’è in me, perché si deve riconoscere che l’indifferenza ha consentito alla malvagità di operare cose tragiche e, quindi, ricordare il grande pericolo che rappresenta è educativo. Non è una pagina che si può chiudere: è un presente che aiuta a vivere il presente e il futuro».
La Madonnina del Duomo, una donna ebrea
Poi, l’immagine con cui conclude e che riscuote un caloroso applauso: «Sulla guglia più alta del Duomo c’è la statua di una donna ebrea, Maria, la Madonnina, punto di riferimento per noi milanesi, a cui tutti si guarda perché sentiamo che c’è un invito a rivolgere lo sguardo in alto e un affidamento alla protezione dell’Altissimo. Questa donna ebrea, che è così importante per la storia cristiana, ci incoraggia a vedere il collegamento profondo con una storia che è stata storia dell’umanità. Credo che Milano vi debba molta riconoscenza».
Espressioni di una convinta valorizzazione del contributo offerto dalle donne ebree alla società sono venute anche da rav Arbib, che spiega: «In un famoso Midrash si dice che le donne hanno un’intelligenza superiore, ma questa è una generalizzazione che non sta in piedi, se non si considera che per intelligenza, in questo contesto, si indica un concetto complesso, per cui le donne hanno una capacità maggiore di pensare e vedere il futuro. Per questo l’ebraismo trova nel mondo femminile una specificità maggiore che nel mondo maschile».
La denuncia della senatrice Segre
«Non più tardi di ieri mi è arrivata una maledizione così forte e firmata, per cui, una volta tanto, farò causa a questa persona», aveva detto poco prima la senatrice Segre che, per molto tempo, ha scelto di rimanere in silenzio di fronte a chi, soprattutto attraverso i social, la insulta e la minaccia, specie dopo la decisione di essere testimonial della vaccinazione contro il Covid. «Adesso, però, basta: ho cambiato idea e denuncio – ha proseguito -. Oltretutto è anche di cattivo gusto che mi augurino la morte a 92 anni».