Al via un progetto di ricerca degli psicologi dell’Ateneo sui rischi nei processi di apprendimento dei bambini, causati da un uso eccessivo delle nuove tecnologie
«Noi non siamo nativi digitali, siamo nativi umani», ha dichiarato Paola Pisano, ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, intervenuta ieri all’Università Cattolica alla giornata internazionale “Together for a better internet. Together for a better internet. Rapporto tra bambini, adolescenti e il digitale, tra nuove opportunità e potenziali rischi” in occasione del Safer Internet Day.
«Se pensiamo che nel 2019 sono stati rilevati 490 casi di cyberbullismo in Italia, 50 dei quali riguardavano bambini sotto i 9 anni, dobbiamo interrogarci perché si tratta di un fenomeno che riguarda tutti, indipendentemente dall’estrazione sociale. Occorre aumentare il pensiero critico, la consapevolezza, le forme di ascolto dei nostri ragazzi, e proteggere più che vietare», ha continuato Pisano che spiega così l’impegno del suo Ministero: «Abbiamo istituito un gruppo di lavoro insieme al dipartimento per l’Editoria, al ministro della Giustizia, al ministro della Famiglia, per iniziare a studiare il fenomeno dell’odio online e riuscire a immaginare possibili soluzioni e suggerimenti». La conclusione del suo intervento è un monito: «Gli strumenti digitali non imparano dai sogni della società, ma dalla realtà».
L’incontro, promosso dal dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica insieme a Telefono Azzurro, ha messo al centro la domanda fondamentale che riguarda l’impatto dell’uso delle nuove tecnologie sulla vita delle persone.
Anelli: «Fondamentale la dimensione educativa»
Nell’introdurre l’evento, il rettore Franco Anelli ha dichiarato: «L’esigenza di fondare una “algoretica”, come ha detto papa Francesco in un recente incontro sulla Promoting Child Dignity, richiede la conoscenza del mondo digitale, l’alleanza con i media quali strumenti fondamentali per recuperare uno spirito di comunità, e pragmatismo per portare i principi astratti alla concretezza». «È importante insegnare ai più giovani l’uso degli strumenti digitali per difenderli dai rischi – ha aggiunto il rettore -, ma anche per difenderli dalla possibile deriva di diventare essi stessi tramite di condotte riprovevoli verso gli altri. La dimensione educativa è fondamentale e questo è il motivo per cui una università come la nostra vuole essere protagonista nel dibattito che non si avvale solo di competenze tecnologiche ma anche e soprattutto di competenze umanistiche».
I disturbi del linguaggio
«Le aree del cervello che governano il linguaggio del bambino sono quelle più colpite a causa di un eccessivo uso delle tecnologie. Quello che vediamo anche nelle scuole italiane è un aumento di tutte le forme di disturbo del linguaggio. Sappiamo che la dislessia negli ultimi anni ha avuto un vero e proprio boom e probabilmente questo è legato all’uso delle tecnologie – ha dichiarato Giuseppe Riva, docente di Psicologia della comunicazione in Università Cattolica e organizzatore del convegno -. Recenti studi americani dicono che fra i due e i tre anni, età critica nello sviluppo del bambino, i più piccoli stanno dalle 15 alle 17 ore settimanali davanti allo schermo e questo tipicamente succede nelle famiglie che non hanno un reddito sufficiente per mandare il bambino all’asilo nido. L’educazione del figlio è delegata alla babysitter, alla nonna che usa la tecnologia come se fosse lo strumento più efficace per far stare tranquillo il bambino». E ha continuato: «Come Università Cattolica vorremo cercare di vedere, attraverso uno studio che faremo con colleghi americani, se effettivamente questi disturbi si verificano anche nei bambini italiani. In ogni caso conviene seguire quanto ha detto l’American Pediatric Association: evitare l’uso delle tecnologie per i bambini sotto i due anni anche se è difficile perché ne sono molto attratti».
Una domanda d’aiuto
«I ragazzi chiedono aiuto, mancano loro dei riferimenti a cui potersi appoggiare se ci sono situazioni improprie che possono essere anche fonte di comportamenti autolesivi – ha detto Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro -. Per fronteggiare il bisogno di informazione e conoscenza che spesso i ragazzi non trovano né a scuola né nelle attività extrascolastiche, noi stiamo costruendo un nuovo portale che permetta loro di accedere sempre più facilmente a un canale di comunicazione che vada incontro alla necessità di immediatezza nelle risposte».
Inoltre Caffo ha insistito sul tema della sessualità: «In rete oggi ci sono 100 milioni di immagini pedo pornografiche, veri e propri atti criminali compiuti su bambini, che poi restano in rete e girano in vari canali. È faticoso convincere le aziende che producono tecnologia a controllare le immagini e a mettere filtri ma è necessaria una continua sinergia anche con la Polizia di Stato per arginare il problema».