Fondazione Sacra Famiglia e il carcere di Opera hanno realizzato un progetto di inclusione sociale che, visto il grande successo, si ripeterà in primavera
Fondazione Sacra Famiglia, che dal 1896 si prende cura delle persone fragili con complesse o gravi fragilità e disabilità fisiche, psicologiche e sociali, e l’associazione “In Opera” della Casa di reclusione di Milano-Opera hanno dato vita al progetto “Legami in Opera”.
L’iniziativa ha visto coinvolti sette uomini tra i 55 e i 70 anni, con difficoltà cognitive medio-lievi (e un vissuto decennale in Sacra Famiglia) e 15 detenuti, italiani e stranieri (il più giovane di 23 anni e il più anziano di 65): insieme hanno realizzato alcuni strumenti musicali.
Il percorso è durato tre mesi e si è strutturato attraverso una serie di incontri con frequenza settimanale, da giugno a fine ottobre.
Gli strumenti sono stati poi utilizzati durante il Recital di Natale di Sacra Famiglia, un evento speciale che ha visto come protagonisti-attori ospiti storici e volontari.
Nel corso del progetto le fragilità di ciascuno sono diventate occasioni di esperienza e vita comune, l’iniziale “lontananza” tra persone disabili e carcerati è sparita per fare spazio a canzoni, lavoro insieme e nuove amicizie.
«Siamo molto orgogliosi di aver partecipato a questo progetto – commenta Barbara Migliavacca, responsabile dell’iniziativa -, i detenuti hanno vissuto l’esperienza in maniera positiva e gli ospiti sono riusciti, grazie all’aiuto di questi nuovi amici, a creare uno strumento musicale bello e vivo. Ne è nata un’esperienza unica e toccante e di questo non possiamo che ringraziare l’associazione “In Opera” e il direttore della Casa di reclusione Milano-Opera per averci aiutato a realizzarla. Ogni barriera o prigione fisica, psichica e sociale può essere superata insieme nella solidarietà in un progetto comune».
I detenuti, a seguito di questa esperienza hanno scritto diverse lettere, di cui uno stralcio recita: «Lo sguardo buono e il sorriso sincero di questi nuovi amici mi ha spiazzato. Prima di conoscerli avevo l’idea che fossero gravemente malati e che questo fatto costituisse un peso schiacciante. Con le mie parole “di prima” avrei detto che, senza nemmeno un processo, erano stati messi all’ergastolo. E da un ergastolano ti aspetti volto cupo e pensieri oscuri. Invece…».
Visto il grande successo il progetto si ripeterà in primavera.