A Palazzo Marino la tradizionale festa annuale nella quale un centinaio di corsisti riceveranno l’attestato di frequenza. Parla il presidente Duilio
di Luisa
Bove
Il laboratorio musicale, chiamato Lhub, è l’ultima novità della Fondazione Franco Verga che da oltre 40 anni organizza corsi di italiano per stranieri. I giovani musicisti, provenienti da Paesi diversi, si esibiranno durante la festa del 15 giugno, durante la quale un centinaio di ragazzi riceveranno l’attestato di frequenza ai corsi di lingua e cultura italiana, inglese e italiano per il lavoro.
La mission della Fondazione negli ultimi anni si è ampliata, diventando «amministrativa», come spiega il presidente Lino Duilio, «in particolare per la regolarizzazione delle persone, permessi di soggiorno, cittadinanza, ricongiungimento familiare». Grazie a un nuovo progetto, a causa delle nuove normative ora si occupa anche di rimpatri volontari, aiutando gli stranieri, per la maggior parte dell’Africa subsahariana, a rientrare nei Paesi di origine. «Il progetto – spiega Duilio – non prevede solo di pagare il viaggio di ritorno e garantire un pocket money per la prima sistemazione, ma anche di individuare opportunità occupazionali o comunque di reinserimento nei Paesi di arrivo». Un progetto ambizioso di cui la Fondazione Verga è partner: il capofila è il Consiglio italiano rifugiati (presidente è Roberto Zaccaria, Duilio è vicepresidente), insieme ad Avsi, una Ong che opera in diversi Paesi dove individuano referenti attendibili che possano aiutare chi rientra a casa.
Per chi invece rimane in Italia stabilmente, la Fondazione organizza corsi di apprendimento della lingua italiana e corsi di formazione professionale, aiutando gli stranieri anche nella compilazione dei curricula, cercando realtà alle quali inviarli o addirittura accompagnandoli ai colloqui.
I corsi di italiano tradizionali iniziano a ottobre e finiscono a fine maggio; sono frequentati da circa 200 persone: c’è chi parte da zero, chi conosce poco l’italiano e lo parla abbastanza bene e si iscrive ai livelli più avanzati. Per chi ha fretta di iniziare a lavorare e non può aspettare 10 mesi frequentando le lezioni due volte alla settimana, esistono i corsi intensivi di 100 ore, finiti i quali si iscrivono con più calma ad altri livelli scegliendo tra mattino, pomeriggio o sera.
«Organizziamo anche corsi estivi che partono a fine maggio – spiega il presidente -. Per la maggior parte si iscrivono i giovani che si ricongiungono ai nuclei familiari arrivati a Milano anni fa. Questi ragazzi, concluse le scuole nei Paesi di origine, raggiungono i genitori per continuare gli studi (superiori o università), ma non conoscendo l’italiano rischiano l’autoghettizzazione. A Milano siamo quasi gli unici a offrire questa opportunità. Abbiamo iniziato quattro anni fa con 4 corsi, poi 11, in seguito 15, quest’anno arriveremo a 20. Gli iscritti sono 300, forse di più, e le classi sono molto numerose. Frequentano le lezioni anche ragazzi europei, in particolare spagnoli, che vengono a Milano per iscriversi al Politecnico».
La nota dolente riguarda invece i 26 corsi di lingua organizzati per i giovani ospiti nei due centri di accoglienza gestiti dalla Croce Rossa italiana in via Corelli e in via Aquila e conclusi il 30 aprile. Corsi che non riprenderanno più «perché è cambiato il quadro normativo – lamenta Duilio -. Ora in quelle strutture non si può fare altro che mangiare e dormire, sono diventate una sorta di B&B. Questo è un grande problema per i ragazzi perché non sanno più cosa fare, alcuni se ne vanno, spariscono, vanno chissà dove, finendo in clandestinità o cercando di raggiungere altri Paesi». L’interruzione di questa attività rischia nel prossimo futuro di creare problemi finanziari alla Fondazione Verga che, attraverso la partecipazione ai bandi, sosteneva la sua attività e copriva le spese di gestione. Oggi la Fondazione cura molto la comunicazione attraverso il sito rinnovato, i social, instagram, facebook, twitter. Ha già pubblicato volumi, il prossimo uscirà a breve e si intitola «Curiamo l’italiano», destinato agli operatori sanitari stranieri che lavorano nelle strutture ospedaliere italiane.