L’Arcivescovo ha visitato l’Autodromo portando la benedizione nel giorno della Festa di San Cristoforo patrono degli automobilisti e di tutti guidatori di mezzi a motore

di Annamaria BRACCINI

AUTODROMO DELPINI_ANGL

«Un’occasione unica – in un luogo dove si viene per altri spettacoli – per vivere un momento che non è uno spettacolo, ma la possibilità di ricevere la benedizione del Signore».
Dice così l’Arcivescovo che entra a piedi nella pista del circuito più “cult” del mondo, l’Autodromo di Monza. Anche per lui è una sorta prima volta, infatti il vescovo Mario non aveva mai visitato la struttura che, per la festa del patrono degli automobilisti e di tutti coloro che guidano veicoli a motore – San Cristoforo – si tinge dei colori, appunto, di una grande festa popolare cui partecipano i soci degli Automobile Club della Lombardia, ma anche tanti appassionati, gli agricoltori della Coldiretti, i volontari, le famiglie con i bambini.
Insomma, un evento atteso per una tradizione che torna dopo 30 anni, come ricorda il presidente dell’Autodromo, Giuseppe Redaelli, accogliendo, con i vertici del circuito, l’Arcivescovo presso lo spazio riservato alla mostra che Caritas ambrosiana ha realizzato per l’occasione e che in 50 fotografie racconta l’impegno dei volontari nel periodo del Covid. Una scelta significativa voluta anche per sottolineare gli obiettivi di solidarietà e ripartenza per i quali l’Autodromo ha inteso promuovere l’iniziativa il cui ricavato va proprio a Caritas per le sue attività.
Dopo aver visitato la rassegna fotografica, accompagnato dal direttore di Caritas, Luciano Gualzetti e aver brevemente dialogato con Mario Alparone, direttore generale dell’ospedale San Gerardo – presso la struttura sono stati allestiti due Centri vaccinali che hanno somministrato oltre 85.000 dosi -, via, sulla pista per la benedizione dei mezzi, con alla testa del corteo i trattori della Coldiretti, che da subito ha aderito alla giornata tra le tradizionali bandiere, i suoni di clacson, l’entusiasmo degli associati e delle loro famiglie e anche uno dei trattori più “anziani! su cui viene posta una stata lignea di San Cristoforo. A seguire i mezzi delle Forze dell’ordine e di soccorso, tante auto di privati cittadini e le motociclette.
«La benedizione indica l’alleanza di Dio con tutti coloro che fanno opere di bene», ha proseguito l’Arcivescovo davanti ai guidatori e ai mezzi schierati in pista, lasciando un messaggio «composto di 3 parole».
«La prima è “insieme” perché noi possiamo fare quello che facciamo, avere occasioni come oggi perché siamo insieme. Dio ama coloro che sono insieme, che lavorano insieme, che portano insieme il peso della vita, che condividono la sfida dei problemi».
E, poi, la “festa”. «Abbiamo bisogno di gioia, non solo di soldi o di risultati economici. Dobbiamo imparare ancora a fare festa: il distanziamento che ci ha separato non può impedirci di ricominciare a far festa».
Infine, la “speranza”. «Guardate a tutto con realismo, con organizzazione efficiente, con tutte le attenzioni necessarie, ma con speranza. Guardate avanti, al futuro».
Dopo la benedizione, portata fino al termine della fila dei veicoli, arriva anche un fuoriprogramma per il vescovo Mario: il giro dei 5793 metri della mitica pista a bordo della vettura guidata dal presidente dell’Autodromo, prima del pranzo comunitario preparato dal Alpini proprio tra i pannelli della mostra Caritas intitolata “Per non tornare indietro, nessuno sia lasciato indietro”. Rassegna che verrà portata prossimamente nelle parrocchie, e che, attraverso le belle immagini scattate da Tiberio Mavrici dal febbraio 2020 ad oggi, mostra i volti di chi ha reso possibile, in un momento difficile per tutti, che la macchina della solidarietà ambrosiana potesse funzionare con tutti i suoi ingranaggi: i fondi di solidarietà nati o potenziati per affrontare la crisi – il Fondo San Giuseppe e il Fondo Diocesano di Assistenza -, gli Empori della Solidarietà, servizi essenziali come il Refettorio Ambrosiano e il Rifugio Caritas, i Centri di ascolto parrocchiali che sono rimasti, pur dovendo rinunciare in molti casi ai colloqui in presenza, un punto di riferimento irrinunciabile. Basti pensare ai numeri della povertà post Covid nel nostro Paese: 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, pari al 7,7% delle famiglie italiane con oltre 1,3 milioni di bambini e ragazzi.

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