In corso una tre-giorni di conferenze per discutere dell'emergenza abitativa in un città che, come ha sottolineato monsignor Bressan all'inizio dei lavori, deve mantenere la sua capacità generativa
di Lorenzo
Garbarino
«Milano non deve essere escludente». Si apre con il monito del presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi il Forum dell’abitare convocato dall’assessore alla Casa Pierfrancesco Maran, in corso da lunedì 20 marzo.
Custodire le fragilità
La sfida di una città abitabile anche per il ceto medio è d’altronde uno degli ostacoli più impegnativi del Comune. «La paura serpeggia nella citta, indotta dalle notizie per deprimere, paura dell’ignoto e del futuro, che chiude in sé stessi. Milano è la città che corre e riqualifica, che seduce turisti e demolisce le case popolari e costruisce case a prezzi inaccessibili. Dove troveranno casa chi in citta deve lavorare e invecchiare?». Sono alcuni passi dell’ultimo Discorso alla Città dell’Arcivescovo (vedi qui lo speciale) che il Vicario episcopale monsignor Luca Bressan porta al Forum per ricordare gli obiettivi dei lavori. Citando una lettera firmata da don Ambrogio Basilico, Bressan ricorda infatti come «la povertà imbruttisce. Andate nei cortili delle case popolari… Chi può se ne va perché sono posti poco inclusivi». Tra gli obiettivi, va mantenuta la capacità generativa della città, ma allo stesso tempo custodita la fragilità, strascico anche di una pandemia che ha segnato moltissimo.
I numeri
Una visione messa a nudo dai numeri esposti dall’assessore Maran: secondo il report di Immobiliare, dal 2015 a oggi il costo medio delle case è salito del 40%, dato che per gli affitti tocca addirittura il 43%. Un rincaro a doppia cifra che ha distanziato, e di molto, l’incremento dei salari: solo un +5% dal 2014 al 2020. Un incremento che varia a seconda della zona. La locomotiva della città corre sui binari del nord-est, favorita dallo sviluppo di servizi come la metropolitana.
Maran sottolinea anche il cambio di popolazione: «Oggi il 62% dei milanesi non viveva a Milano 15 anni fa. Uno spostamento che spesso è solo di pochi chilometri, ma che dimostra come la città cambi pelle velocemente. Sono cambiati i milanesi, perché sono più giovani. La fascia 25-35 è la più forte, tutta dentro la città. Chi arriva a Milano per lavorare, costi quel che costi, vuole stare in città. Soprattutto per gli studenti universitari, specie i fuorisede, che passano dal 26 al 33%. Una crescita che però non va di pari passo con le residenze universitarie. La casa è un investimento a Milano, ma è anche una necessità abitativa. Non basta il proprio lavoro per acquistare una casa a Milano».
Questione che sottolinea anche Ermanno Ronda, segretario generale del Sicet-Cisl Milano: «Ci sono 17 mila richieste di alloggi a fronte di 800 disponibilità all’anno. Mi pare che questa situazione renda ancora più invisibile chi ha un reddito basso. Non ci sono soluzioni dignitose, se non si è già inquilino di una casa popolare».
Oltre a presentare i risultati dell’amministrazione – dall’eliminazione delle caldaie a gas al -70% dei fenomeni di abusivismo, fino ai 4 mila appartamenti ristrutturati – Maran propone un tavolo per considerare gli strumenti più immediati: «Si potrebbe pensare a tetti alla crescita come a Parigi, considerando però come queste iniziative rischino stop come a Barcellona, dove la legge della comunità autonoma è stata bocciata successivamente dalla Corte Costituzionale».
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