| 05 Giugno 2008

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Andrea Riccardi "TRADURRE IL CONCILIO SULLA SCENA EUROPEA GLOBALE" "Il nostro parlare e vivere la speranza non comincia e non finisce solo conil mondo italiano", che "ormai dipende da più vasti orizzonti". Lo hadetto Andrea Riccardi, docente di storia contemporanea all'Università"Roma Tre", introducendo ieri sera il confronto con esponenti della culturaeuropea, che ha concluso la terza giornata del IV Convegno ecclesiale nazionaledi Verona. "Èinevitabile pensare la speranza in termini europei", haaffermato il relatore, secondo il quale "in un mondo globalizzato è difficilepensare al mondo solo a partire dal territorio. Ogni territorio è unaterrazza sul vasto mondo. Spesso invece ci rannicchiamo nel nostro angolo;una posizione che, anche se naturale, diventa perdente". "Si è detto di tradurre il Concilio in italiano", ha ricordatoRiccardi citando indirettamente la prolusione del card. Tettamanzi: "Maoggi, a 30 anni dal primo Convegno ecclesiale nazionale - ha aggiunto - forse ilproblema è pensare il Concilio, pensare la fede, sulla scena europea. Bisognafare i conti con una dimensione di speranza al plurale". "Il cristianesimo di popolo è una risorsa per il Paese, nonostante lacrisi e nei momenti di crisi", ha detto Riccardi concludendo ieri sera ilconfronto con esponenti della cultura europea. "Giovanni Paolo II - haricordato lo storico - ha avuto il merito di cogliere il cattolicesimoitaliano come un cristianesimo popolare complesso, fatto di tanti segmenti, nonuguali, non divaricati e da non lasciar divaricare". Solo il cristianesimo di popolo, secondo Riccardi, è la via che "cilibera dalla dittatura del pessimismo o dall'ottimismo di maniera"."Un cristianesimo di popolo - ha aggiunto - è un cristianesimo dove non sisepara la conoscenza intellettuale da una conoscenza affettiva e popolare",capace di uscire "dal gergo dell'ecclesialese" per "far crescere unlinguaggio che parli di Dio e della vita, della Bibbia come grammatica e linguadella preghiera dei cristiani".

| 05 Giugno 2008

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Michel Camdessus "LA CHIESA HA INIZIATO IL SUO ESODO, MA CI SONO SEGNIDI SPERANZA" "Non bisogna nascondercelo: la nostra Chiesa comincia il suo esodo. Nonsentiamo più ciò che ha nutrito così tante generazioni, il popolo cristianoconta meno militanti": queste parole pronunciate poco prima di morire dalcard. Bijez, presidente della Conferenza episcopale francese, sono state citateda Michel Camdessus, presidente delle Settimane Sociali di Francia,all'inizio del suo intervento al Convegno ecclesiale di Verona. Purdescrivendo la situazione francese, l'oratore che è stato governatoredella Banca di Francia e direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, hasottolineato che tale clima culturale è comune a molti Paesi occidentali. "Oggi - ha detto - lo scarto tra il Vangelo e il mondo è maggiore di ciòche non immaginasse la nostra memoria collettiva. La società non è piùabitata dal personalismo comunitario che si è ricavato un postoall'indomani della seconda guerra mondiale, ma piuttosto è abitata dalrelativismo generalizzato". Camdessus ha però subito affermato che, "purin una società dominata dall'individualismo e dal futile, ci sono piccolisegni di speranza che balzano agli occhi". Pur nella "confusione che viene dai fondamentalismi e dai fautori delsecolarismo", gli uni e gli altri accomunati - secondo Camdessus - dalfatto "che al minimo pretesto esplodono, riuscendo ad occupare i mass media edesercitando una specie di intimidazione sottile a livello culturale", i"germogli di speranza" non mancano. Ha parlato della "comparsa di unanuova generazione di laici che si mobilitano perché la vita della loro Chiesacontinui". "Ancora più evidente - ha aggiunto - è il contributo, in un certo sensoancora più sconcertante, delle comunità nuove portatrici di un forteslancio spirituale, forse meno spettacolare di un tempo ma privo di ognicomplesso di fronte al politicamente corretto". Il presidente delleSettimane sociali francesi ha anche ricordato la "richiesta sempre piùfrequente fatta ai cristiani di esprimersi in modo più incisivo, perché gliuomini sono assetati di senso". Infine ha affermato che "soprattutto viene data una risposta dalla vitadelle parrocchie e delle comunità religiose, così che i cristiani si esprimanocome cristiani sempre di più", ricordando le "tante battaglie in cuisono messi in discussione l'uomo e la sua dignità", in cui "icristiani sono presenti in prima linea".