Un drammatico reportage fotografico nel deserto del Sahara fra i migranti (diecimila ogni mese) che dall'Africa Occidentale cercano di raggiungere la Libia per approdare in Europa.

di Luca Frigerio
Redazione

Secondo le stime sono circa diecimila gli uomini, le donne, i ragazzi, perfino i bambini, che ogni mese attraversano il deserto del Tenerè per cercare di raggiungere le coste della Libia e da lì tentare di approdare, in qualunque modo, in Europa. Ma quanti siano in realtà nessuno può saperlo. Un vero e proprio esodo di massa, una carovana continua, dolente e tragica, che dalle regioni dell’Africa occidentale, dalla Nigeria, dal Congo, si snoda nella desolazione delle dune di sabbia, facendo tappa in oasi trasformate in gironi infernali, dove l’unica legge è quella del più forte, dove si è disposti a patire e a subire ogni cosa purché il viaggio continui e il sogno non si infranga. Anche se tutto si rivela un incubo.

Un incubo che Alfredo Bini, giovane ma talentuoso fotografo toscano, ha documentato e registrato: «Trasmigrazioni» è il titolo del suo reportage. Un lavoro che, per aver “svelato” il volto nascosto del fenomeno migratorio africano, è stato ripreso in questi mesi da diversi mass media italiani e internazionali, ricevendo premi e riconoscimenti, e che ora viene presentato a Milano in una mostra presso lo spazio The Hub, a cura di Witness Journal.

Volti, corpi, ombre. E storie. Tutte uguali, ognuna diversa, fra quanti percorrono la pista del deserto. Un viaggio durissimo, lungo migliaia di chilometri, che parte dal Niger – ma per molti inizia assai prima – e che si concentra poi attorno a Dirkou, alle soglie del territorio libico. Quanti hanno denaro a sufficienza ripartono verso il Mediterraneo, in balia di scafisti e organizzazioni criminali che li traghetteranno, prima o poi, chissà quando, chissà dove, verso le sponde europee. Indesiderati, respinti, clandestini.

Gli altri, invece, a Dirkou ci rimangono. Gli altri sono gli stranded, come si chiamano fra loro, gli “intrappolati”, coloro che giunti in quest’“oasi” in mezzo al Sahara non hanno più mezzi per provvedere a se stessi né soldi, o perché li hanno finiti, o perché sono stati derubati, o perché non hanno saputo calcolare tutte le tangenti che bisogna versare, ad autorità legali e illegali… E allora attendono. Attendono di guadagnare qualcosa, lavorando come schiavi per gli sfruttatori locali, cercando di riscattare la loro stessa pelle. Per le donne, poi, è ancora peggio, costrette a fare da concubine o a esercitare nei bordelli della zona: spesso anticipo di quello che le aspetterà una volta passato il mare, ma che forse ancora non sanno, o non vogliono credere.

Le statistiche ufficiali dicono che il tasso di mortalità fra i migranti che affrontano questo percorso della speranza, autentico calvario della disperazione, è di circa il dodici per cento. In verità il tributo di carne e sangue è ancora più alto. Eppure il flusso non s’arresta, né sembra diminuire. Come le immagini di Alfredo Bini ci testimoniano. Camion scassati rigurgitanti di taniche, di membra e di aspettative. Sguardi allucinati, stravolti, o semplicemente rassegnati. Sguardi di chi ha lasciato alle spalle vite disgraziate, con la consapevolezza che le sofferenze non sono finite, ma con la speranza, o anche soltanto l’illusione, che qualcosa potrà infine cambiare. Sguardi che ci cercano, che ci interrogano, che ci inquietano. Almeno un poco, magari il tempo di scorrervi davanti e passare a un’altra foto…

La mostra fotografica di Alfredo Bini «Trasmigrazioni» è esposta a cura di Witness Journal presso The Hub a Milano (via Paolo Sarpi, 8). Orari: da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 18 (mercoledì fino alle 24). Secondo le stime sono circa diecimila gli uomini, le donne, i ragazzi, perfino i bambini, che ogni mese attraversano il deserto del Tenerè per cercare di raggiungere le coste della Libia e da lì tentare di approdare, in qualunque modo, in Europa. Ma quanti siano in realtà nessuno può saperlo. Un vero e proprio esodo di massa, una carovana continua, dolente e tragica, che dalle regioni dell’Africa occidentale, dalla Nigeria, dal Congo, si snoda nella desolazione delle dune di sabbia, facendo tappa in oasi trasformate in gironi infernali, dove l’unica legge è quella del più forte, dove si è disposti a patire e a subire ogni cosa purché il viaggio continui e il sogno non si infranga. Anche se tutto si rivela un incubo.Un incubo che Alfredo Bini, giovane ma talentuoso fotografo toscano, ha documentato e registrato: «Trasmigrazioni» è il titolo del suo reportage. Un lavoro che, per aver “svelato” il volto nascosto del fenomeno migratorio africano, è stato ripreso in questi mesi da diversi mass media italiani e internazionali, ricevendo premi e riconoscimenti, e che ora viene presentato a Milano in una mostra presso lo spazio The Hub, a cura di Witness Journal.Volti, corpi, ombre. E storie. Tutte uguali, ognuna diversa, fra quanti percorrono la pista del deserto. Un viaggio durissimo, lungo migliaia di chilometri, che parte dal Niger – ma per molti inizia assai prima – e che si concentra poi attorno a Dirkou, alle soglie del territorio libico. Quanti hanno denaro a sufficienza ripartono verso il Mediterraneo, in balia di scafisti e organizzazioni criminali che li traghetteranno, prima o poi, chissà quando, chissà dove, verso le sponde europee. Indesiderati, respinti, clandestini.Gli altri, invece, a Dirkou ci rimangono. Gli altri sono gli stranded, come si chiamano fra loro, gli “intrappolati”, coloro che giunti in quest’“oasi” in mezzo al Sahara non hanno più mezzi per provvedere a se stessi né soldi, o perché li hanno finiti, o perché sono stati derubati, o perché non hanno saputo calcolare tutte le tangenti che bisogna versare, ad autorità legali e illegali… E allora attendono. Attendono di guadagnare qualcosa, lavorando come schiavi per gli sfruttatori locali, cercando di riscattare la loro stessa pelle. Per le donne, poi, è ancora peggio, costrette a fare da concubine o a esercitare nei bordelli della zona: spesso anticipo di quello che le aspetterà una volta passato il mare, ma che forse ancora non sanno, o non vogliono credere.Le statistiche ufficiali dicono che il tasso di mortalità fra i migranti che affrontano questo percorso della speranza, autentico calvario della disperazione, è di circa il dodici per cento. In verità il tributo di carne e sangue è ancora più alto. Eppure il flusso non s’arresta, né sembra diminuire. Come le immagini di Alfredo Bini ci testimoniano. Camion scassati rigurgitanti di taniche, di membra e di aspettative. Sguardi allucinati, stravolti, o semplicemente rassegnati. Sguardi di chi ha lasciato alle spalle vite disgraziate, con la consapevolezza che le sofferenze non sono finite, ma con la speranza, o anche soltanto l’illusione, che qualcosa potrà infine cambiare. Sguardi che ci cercano, che ci interrogano, che ci inquietano. Almeno un poco, magari il tempo di scorrervi davanti e passare a un’altra foto…La mostra fotografica di Alfredo Bini «Trasmigrazioni» è esposta a cura di Witness Journal presso The Hub a Milano (via Paolo Sarpi, 8). Orari: da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 18 (mercoledì fino alle 24). –

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