Esposta all'Ambrosiana una delle ultimissime opere del Buonarroti, affine, nonostante le modeste proporzioni, allo spirito della Pietà Rondanini. A corredo, una serie di documenti relativi al maestro.
Redazione
Da quando nel 1964 Charles de Tolnay, in una conferenza tenuta a Bonn e pubblicata l’anno successivo, attribuì con determinazione a Michelangelo il piccolo Crocifisso ligneo della Casa Buonarroti, datandolo con ampia documentazione all’estrema vecchiaia del Maestro, la critica ha accettato compatta l’autografia di questo commovente capolavoro, espressione «bellissima nel riflettere a pieno lo spirito speculativo, solenne e religiosamente drammatico dell’ultimo Michelangelo», come recentemente ha scritto Lorenzo Finocchi Ghersi.
Con ogni probabilità fu il nipote di Michelangelo, Leonardo, al suo ritorno da Roma dopo la morte dello zio, a portare nella casa di famiglia il bozzetto, che sfuggì nei secoli all’indagine degli studiosi; lo citano però, senza indicarne l’autore, gli inventari della Casa datati 1859, 1880, 1896 con la stessa definizione: «bozzo in legno d’un Cristo in croce mancante delle braccia». Tolnay poté dichiarare che prima della sua attribuzione l’opera era stata menzionata non più di tre volte: nel 1865 da Angiolo Fabbrichesi nella sua Guida della Galleria Buonarroti, dieci anni dopo in quel Ricordo al popolo italiano che fu pubblicato in occasione del quarto centenario della nascita di Michelangelo; e nel 1913 dal Thode, che lo riteneva di cera, e dubitava assai che fosse di mano del Buonarroti.
Nella mostra di carte e disegni michelangioleschi curata da Paola Barocchi e da Marco Chiarini a Firenze nel quarto centenario della morte dell’artista (1964) per la Biblioteca Medicea Laurenziana, erano state presentate per la prima volta le lettere inviate al nipote Leonardo da due assistenti di Michelangelo, Lorenzo Mariottini e Cesare Bittino, ai primi di agosto del 1562, con la stessa urgente richiesta di invio di arnesi per lavorare il legno: il Maestro voleva infatti fare «uno Crocifiso di legnio», forse per donarlo al nipote, come è stato supposto. Di queste due lettere conservate nell’Archivio Buonarroti, si è voluto riproporre la visione alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, per ribadire la certezza che dai tempi del giovanile Crocifisso di Santo Spirito Michelangelo non aveva più lavorato il legno, oltre che per confermare una data tarda per il nostro bozzetto. Nel Carteggio dell’artista si trovano altre allusioni alla "scatola" che Leonardo mandò a Roma, e che giunse a destinazione il 5 settembre 1562; e in una lettera a Leonardo del 17 luglio 1563 Tiberio Calcagni descrive Michelangelo al lavoro sul «vostro Cristo di legniame».
Quanto detto finora documenta un’autografia che di per sé si impone per un’emozionante coincidenza stilistica con gli splendidi disegni di crocifissi della vecchiaia in cui Michelangelo ritrae Cristo in croce da solo o con due figure ai lati. Particolarmente coinvolgente è il rapporto con il disegno Cristo in croce con la Vergine Maria e San Giovanni, oggi al British Museum, il quale a sua volta si collega per contenuti non soltanto formali con la dolorosa Pietà Rondanini. Nel nostro piccolo Crocifisso si rinviene la stessa cifra di queste opere sconvolgenti, espressione estrema di uno spiritualismo geniale, ma anche esempio supremo di quel "non finito" di Michelangelo di cui si intravedono le motivazioni solo se lo si interpreta come esistenziale impossibilità di procedere oltre.
Michelangelo. Il piccolo crocifisso ligneo di Casa Buonarroti.
Fino al 6 marzo 2011
Biblioteca Ambrosiana
Piazza Pio XI, 2 – 20123 Milano
Info: tel. 02 80.69.21 Da quando nel 1964 Charles de Tolnay, in una conferenza tenuta a Bonn e pubblicata l’anno successivo, attribuì con determinazione a Michelangelo il piccolo Crocifisso ligneo della Casa Buonarroti, datandolo con ampia documentazione all’estrema vecchiaia del Maestro, la critica ha accettato compatta l’autografia di questo commovente capolavoro, espressione «bellissima nel riflettere a pieno lo spirito speculativo, solenne e religiosamente drammatico dell’ultimo Michelangelo», come recentemente ha scritto Lorenzo Finocchi Ghersi. Con ogni probabilità fu il nipote di Michelangelo, Leonardo, al suo ritorno da Roma dopo la morte dello zio, a portare nella casa di famiglia il bozzetto, che sfuggì nei secoli all’indagine degli studiosi; lo citano però, senza indicarne l’autore, gli inventari della Casa datati 1859, 1880, 1896 con la stessa definizione: «bozzo in legno d’un Cristo in croce mancante delle braccia». Tolnay poté dichiarare che prima della sua attribuzione l’opera era stata menzionata non più di tre volte: nel 1865 da Angiolo Fabbrichesi nella sua Guida della Galleria Buonarroti, dieci anni dopo in quel Ricordo al popolo italiano che fu pubblicato in occasione del quarto centenario della nascita di Michelangelo; e nel 1913 dal Thode, che lo riteneva di cera, e dubitava assai che fosse di mano del Buonarroti. Nella mostra di carte e disegni michelangioleschi curata da Paola Barocchi e da Marco Chiarini a Firenze nel quarto centenario della morte dell’artista (1964) per la Biblioteca Medicea Laurenziana, erano state presentate per la prima volta le lettere inviate al nipote Leonardo da due assistenti di Michelangelo, Lorenzo Mariottini e Cesare Bittino, ai primi di agosto del 1562, con la stessa urgente richiesta di invio di arnesi per lavorare il legno: il Maestro voleva infatti fare «uno Crocifiso di legnio», forse per donarlo al nipote, come è stato supposto. Di queste due lettere conservate nell’Archivio Buonarroti, si è voluto riproporre la visione alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, per ribadire la certezza che dai tempi del giovanile Crocifisso di Santo Spirito Michelangelo non aveva più lavorato il legno, oltre che per confermare una data tarda per il nostro bozzetto. Nel Carteggio dell’artista si trovano altre allusioni alla "scatola" che Leonardo mandò a Roma, e che giunse a destinazione il 5 settembre 1562; e in una lettera a Leonardo del 17 luglio 1563 Tiberio Calcagni descrive Michelangelo al lavoro sul «vostro Cristo di legniame». Quanto detto finora documenta un’autografia che di per sé si impone per un’emozionante coincidenza stilistica con gli splendidi disegni di crocifissi della vecchiaia in cui Michelangelo ritrae Cristo in croce da solo o con due figure ai lati. Particolarmente coinvolgente è il rapporto con il disegno Cristo in croce con la Vergine Maria e San Giovanni, oggi al British Museum, il quale a sua volta si collega per contenuti non soltanto formali con la dolorosa Pietà Rondanini. Nel nostro piccolo Crocifisso si rinviene la stessa cifra di queste opere sconvolgenti, espressione estrema di uno spiritualismo geniale, ma anche esempio supremo di quel "non finito" di Michelangelo di cui si intravedono le motivazioni solo se lo si interpreta come esistenziale impossibilità di procedere oltre. Michelangelo. Il piccolo crocifisso ligneo di Casa Buonarroti. Fino al 6 marzo 2011Biblioteca AmbrosianaPiazza Pio XI, 2 – 20123 MilanoInfo: tel. 02 80.69.21