L'esecuzione della sua Messa ha accompagnato la celebrazione presieduta da Gianfranco Ravasi, per la prima volta a Milano dopo la nomina cardinalizia.
di Giovanni GUZZI
Redazione
A volte accadono fatti nei quali è più realistico riconoscere la “logica di Dio” di Bernanos che il puro caso. Non potrebbe essere diversamente quando ne è protagonista Gianfranco Ravasi. Invitato dalla sezione milanese dell’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) e dall’Associazione Giacomo Carissimi – Archivio Manusardi, il neo Cardinale ha celebrato venerdì scorso in San Simpliciano la sua prima Messa “milanese” dopo l’investitura.
Questa sorta di anticipazione del suo ritorno ufficiale a Milano in vesti cardinalizie (che avverrà in occasione del Pontificale dell’Immacolata in Duomo) è stata accompagnata dalla Missa a cinque con ripieni e sinfonia di Giacomo Carissimi eseguita dall’ensemble Il Canto di Orfeo.
Come non ricordare, allora, il singolare parallelismo con l’ultimo suo saluto a Milano, prima di assumere a Roma la direzione del Pontificio collegio della cultura: affidato ad una celebrazione in Sant’Ambrogio a sua volta arricchita dalla Messa per coro e strumenti a fiato di Igor Stravinsky, eseguita dal Coro Filarmonico e dell’Ensemble strumentale della Filarmonica della Scala! E così, dallo slavo Stravinsky al romano Carissimi, da Sant’Ambrogio a San Simpliciano, il filo conduttore dell’arte e della bellezza continua a dipanarsi ed a stringere sempre più forte il legame tra Gianfranco Ravasi la sua sempre amata Milano.
Un legame evidente nello sguardo teso del Cardinale che, in processione nella navata per salire all’altare, abbraccia con affetto i fedeli� venendone ricambiato dal bisbiglio di ricordi delle conferenze in San Fedele ed episodi familiari di visite domestiche. Un legame che commuove, come lo struggente Kyrie che apre la Messa (non a caso Carissimi è riconosciuto come il sommo maestro della musica patetica e degli artifici retorici grazie ai quali ottiene l’effetto di emozionare chi l’ascolta), e forse un poco confonde anche l’esperto uomo mediatico e di cultura quando, non avvedendosi che il brano non è ancora terminato, il suo “Nel nome del Padre” si sovrappone alla coda strumentale!
Una densità di sentimenti amplificata dalla basilica di San Simpliciano che non è solo bellezza ma luogo in cui si avverte, intensa, la presenza del Sacro. Lo ha ricordato, nel suo benvenuto, il parroco mons. Angelini, già Preside della Facoltà Teologica e “superiore” di Ravasi quando vi era docente: «Amo pensare che questa basilica sia stata la prima presenza monumentale pubblica della cattolicità in Milano, una presenza di cui non conosciamo con certezza l’origine ma che parla nel silenzio delle sue pietre e prego che il nostro ritrovarci oggi proprio qui sia di buon auspicio nei rapporti tra Chiesa e Cultura del nostro tempo che al Cardinale Ravasi sono affidati».
Concetto ribadito da Ravasi che in San Simpliciano ha riconosciuto il duplice respiro dell’affetto e dell’amicizia nei suoi riguardi da parte dei presenti e il «respiro della bellezza e del nitore delle architetture della basilica, scrigno di memorie e preghiere qui per secoli ininterrottamente rivolte a Dio». Ricordando, con le parole dell’ateo Henry Miller che «l’arte come la fede non serve a nulla tranne che a spiegare il senso della vita» ha infine osservato che «appena perdiamo lo splendore della musica troviamo il rumore, la banalità e l’ovvietà che intridono la nostra esistenza».
Rischi che certo non si corrono ascoltando la Messa di Carissimi proposta. Una cosiddetta “messa parodia”, ovvero assemblamento e adattamento in una nuova opera di materiale musicale di provenienza eterogenea. Nel caso specifico, ci spiega il Maestro Gianluca Capuano, «la fonte è un’opera profana, una cantata dello stesso Carissimi per 2 soprani, basso e basso continuo, la Sciolto havean dall’alte sponde detta I naviganti, dal cui incipit deriva il nome della messa». Il semplice organico della cantata viene ampliato e reso solenne dall’impiego, oltre al basso continuo, di 2 violini, 5 cantanti solisti e un coro a 5 voci.
Una solennità non statica ma, continua Capuano, «vivacizzata da frequenti cambi di tempo, abbondante uso delle sincopi, sempre interessante conduzione armonica e dalle sinfonie dei violini e del continuo che intervengono ad alleggerire gli interventi vocali riprendendone gli spunti melodici». Daniele Torelli, curatore del volume L’opera musicale di Giacomo Carissimi. Fonti, catalogazione, attribuzioni, presentato nel medesimo pomeriggio, ci ricorda, infine, il parere di alcuni musicologi secondo i quali la Sciolto havean potrebbe forse essere l’unica messa attribuibile con certezza a Giacomo Carissimi. A volte accadono fatti nei quali è più realistico riconoscere la “logica di Dio” di Bernanos che il puro caso. Non potrebbe essere diversamente quando ne è protagonista Gianfranco Ravasi. Invitato dalla sezione milanese dell’AMCI (Associazione Medici Cattolici Italiani) e dall’Associazione Giacomo Carissimi – Archivio Manusardi, il neo Cardinale ha celebrato venerdì scorso in San Simpliciano la sua prima Messa “milanese” dopo l’investitura. Questa sorta di anticipazione del suo ritorno ufficiale a Milano in vesti cardinalizie (che avverrà in occasione del Pontificale dell’Immacolata in Duomo) è stata accompagnata dalla Missa a cinque con ripieni e sinfonia di Giacomo Carissimi eseguita dall’ensemble Il Canto di Orfeo. Come non ricordare, allora, il singolare parallelismo con l’ultimo suo saluto a Milano, prima di assumere a Roma la direzione del Pontificio collegio della cultura: affidato ad una celebrazione in Sant’Ambrogio a sua volta arricchita dalla Messa per coro e strumenti a fiato di Igor Stravinsky, eseguita dal Coro Filarmonico e dell’Ensemble strumentale della Filarmonica della Scala! E così, dallo slavo Stravinsky al romano Carissimi, da Sant’Ambrogio a San Simpliciano, il filo conduttore dell’arte e della bellezza continua a dipanarsi ed a stringere sempre più forte il legame tra Gianfranco Ravasi la sua sempre amata Milano. Un legame evidente nello sguardo teso del Cardinale che, in processione nella navata per salire all’altare, abbraccia con affetto i fedeli� venendone ricambiato dal bisbiglio di ricordi delle conferenze in San Fedele ed episodi familiari di visite domestiche. Un legame che commuove, come lo struggente Kyrie che apre la Messa (non a caso Carissimi è riconosciuto come il sommo maestro della musica patetica e degli artifici retorici grazie ai quali ottiene l’effetto di emozionare chi l’ascolta), e forse un poco confonde anche l’esperto uomo mediatico e di cultura quando, non avvedendosi che il brano non è ancora terminato, il suo “Nel nome del Padre” si sovrappone alla coda strumentale! Una densità di sentimenti amplificata dalla basilica di San Simpliciano che non è solo bellezza ma luogo in cui si avverte, intensa, la presenza del Sacro. Lo ha ricordato, nel suo benvenuto, il parroco mons. Angelini, già Preside della Facoltà Teologica e “superiore” di Ravasi quando vi era docente: «Amo pensare che questa basilica sia stata la prima presenza monumentale pubblica della cattolicità in Milano, una presenza di cui non conosciamo con certezza l’origine ma che parla nel silenzio delle sue pietre e prego che il nostro ritrovarci oggi proprio qui sia di buon auspicio nei rapporti tra Chiesa e Cultura del nostro tempo che al Cardinale Ravasi sono affidati». Concetto ribadito da Ravasi che in San Simpliciano ha riconosciuto il duplice respiro dell’affetto e dell’amicizia nei suoi riguardi da parte dei presenti e il «respiro della bellezza e del nitore delle architetture della basilica, scrigno di memorie e preghiere qui per secoli ininterrottamente rivolte a Dio». Ricordando, con le parole dell’ateo Henry Miller che «l’arte come la fede non serve a nulla tranne che a spiegare il senso della vita» ha infine osservato che «appena perdiamo lo splendore della musica troviamo il rumore, la banalità e l’ovvietà che intridono la nostra esistenza». Rischi che certo non si corrono ascoltando la Messa di Carissimi proposta. Una cosiddetta “messa parodia”, ovvero assemblamento e adattamento in una nuova opera di materiale musicale di provenienza eterogenea. Nel caso specifico, ci spiega il Maestro Gianluca Capuano, «la fonte è un’opera profana, una cantata dello stesso Carissimi per 2 soprani, basso e basso continuo, la Sciolto havean dall’alte sponde detta I naviganti, dal cui incipit deriva il nome della messa». Il semplice organico della cantata viene ampliato e reso solenne dall’impiego, oltre al basso continuo, di 2 violini, 5 cantanti solisti e un coro a 5 voci. Una solennità non statica ma, continua Capuano, «vivacizzata da frequenti cambi di tempo, abbondante uso delle sincopi, sempre interessante conduzione armonica e dalle sinfonie dei violini e del continuo che intervengono ad alleggerire gli interventi vocali riprendendone gli spunti melodici». Daniele Torelli, curatore del volume L’opera musicale di Giacomo Carissimi. Fonti, catalogazione, attribuzioni, presentato nel medesimo pomeriggio, ci ricorda, infine, il parere di alcuni musicologi secondo i quali la Sciolto havean potrebbe forse essere l’unica messa attribuibile con certezza a Giacomo Carissimi.