Da alcuni mesi è partito il cantiere per riportare all'antico splendore i magnifici affreschi quattrocenteschi degli Zavattari che raccontano la storia della regina longobarda e che "vegliano" la celebre Corona ferrea.
di Luca FRIGERIO
Redazione
Quattro diversi pittori, quarantacinque scene, cinquecento metri quadri di superficie, ottocento figure: basterebbero questi dati per dare l’idea della straordinarietà degli affreschi della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza, prezioso scrigno dove è custodita la celebre Corona Ferrea. Il ciclo, una delle massime espressioni del gotico internazionale in Italia, è ora oggetto di un vasto intervento di restauro che, in questa fase preliminare, ha già offerto risultati significativi e che prossimamente restituerà questo capolavoro, è proprio il caso di dirlo, al suo antico splendore. Quattro diversi pittori, quarantacinque scene, cinquecento metri quadri di superficie, ottocento figure: basterebbero questi dati per dare l’idea della straordinarietà degli affreschi della Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza, prezioso scrigno dove è custodita la celebre Corona Ferrea. Il ciclo, una delle massime espressioni del gotico internazionale in Italia, è ora oggetto di un vasto intervento di restauro che, in questa fase preliminare, ha già offerto risultati significativi e che prossimamente restituerà questo capolavoro, è proprio il caso di dirlo, al suo antico splendore. Le analisi e gli studi In questi primi mesi, infatti, sono state condotte diverse operazioni di studio, fondamentali per l’analisi della tecnica pittorica utilizzata, per il riconoscimento delle diverse personalità degli artisti e per l’individuazione dello stato di conservazione dell’opera nel suo complesso. Indagini compiute da laboratori scientifici, tanto che al terzo piano del ponteggio, all’interno della stessa cappella, è stato allestito un vero e proprio ufficio attrezzato di supporti informatici, stampanti plotter e fotocamere digitali, strumenti utilizzati quotidianamente per monitorare e analizzare i dipinti.I restauratori sono così riusciti a rintracciare il disegno preparatorio di varie scene, individuando la suddivisione delle giornate lavorative della bottega e distinguendo persino le competenze dei diversi pittori, tra coloro cioè che hanno realizzato gli sfondi architettonici e paesaggistici e coloro, invece, che hanno “ritratto” i personaggi che animano le storie del ciclo. Le pitture, come del resto già si ipotizzava, sono risultate essere state eseguite con tecnica mista, cioè in parte con stesura ad affresco (negli sfondi, nelle vesti e negli incarnati) e in parte con tempere a uovo e a olio, più labili e quindi più compromesse. Alcune parti decorative, invece, come le finiture dei cavalli, le spade, le corone, i gioielli, sono eseguite in rilievo dorato, così come gli abiti delle figure principali appaiono arricchiti con lamine metalliche e lacche. Una dinastia di pittori Mani diverse, dunque, avrebbero lavorato sulle pareti della Cappella di Teodolinda: quattro quelle individuate con certezza. Eppure, molto probabilmente, questi artisti appartenevano tutti alla stessa famiglia, quella degli Zavattari, una dinastia di pittori milanesi attivi in Lombardia per tutto il XV secolo, il cui capostipite, Cristoforo, agli inizi del Quattrocento fu responsabile di alcuni lavori nel Duomo di Milano. Proprio suo figlio, Franceschino, dovette concepire il progetto complessivo degli affreschi della cappella monzese, che vennero eseguiti fra il 1441 e il 1446; egli realizzò anche le prime dodici scene, ma nell’impresa fu assistito dai suoi tre figli: Giovanni (forse artisticamente il più dotato dei quattro), Gregorio e Ambrogio.Basandosi sulle cronache di Paolo Diacono, lo splendido ciclo pittorico illustra la vita e le imprese della regina Teodolinda, mettendo in particolare risalto gli aspetti cortigiani e sfarzosi, secondo il gusto principesco dell’ultimo gotico. Balli, feste, banchetti, battute di caccia, ma anche viaggi, celebrazioni e battaglie: una “sfilata” con centinaia di figuranti e di comparse che non ha l’eguale nella produzione artistica dell’epoca e che è fondamentale per conoscere gli abiti, le armature, le acconciature e perfino le abitudini e gli atteggiamenti dell’alta società italiana della metà del XV secolo. Su tutte, le scene nuziali (addirittura ventotto!). Ma la cosa non sorprende, poichè il ciclo pittorico nacque proprio in occasione delle nozze fra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti: come Teodolinda, prendendo quale marito Agilulfo, ne aveva fatto il re dei longobardi, così la Visconti, sposando il capitano di ventura, ne legittimava l’ascesa alla guida del ducato di Milano.Quasi tre milioni di euro il costo preventivato per il restauro della Cappella di Teodolinda. Finanziamenti di cui si è fatta garante la Fondazione Gaiani, ente di gestione del Museo e dei progetti di tutela e valorizzazione del complesso monumentale del Duomo di Monza, che ha coinvolto nell’impresa il World Monuments Fund Europe, la Regione Lombardia e la Fondazione Cariplo. E intanto la “Regina di ferro” attende paziente di poter tornare a mostrarsi in tutta la sua bellezza. Le visite continuano Nonostante i restauri in corso, la Cappella di Teodolinda nel Duomo di Monza non è stata chiusa al pubblico: la qual cosa è già un fatto straordinario. Il ponteggio metallico necessario per l’intervento, infatti, è stato realizzato in modo da consentire, anche nel corso dei lavori, la visita a gruppi (massimo 25 persone per volta) all’altare in cui è custodita la Corona Ferrea. Per informazioni sulle modalità di accesso e sulla visita al Museo e al Tesoro del Duomo di Monza, tel. 039.326383 – www.museoduomomonza.it –