Con 60 eventi disseminati nella città e sul territorio della Diocesi, i Centri culturali cattolici oggi mettono in vetrina il loro lavoro, attorno al tema della "sfida educativa", dando voce alle espressioni vive del tessuto locale.
di Franco Giulio BRAMBILLA Vescovo ausiliare, Vicario per la cultura
Redazione
La cultura fiorisce a maggio. Con sessanta eventi disseminati nella città e sul territorio della Diocesi, i Centri culturali cattolici mettono in vetrina il loro lavoro, attorno al tema della “sfida educativa”. Il momento clou sarà il 15 maggio, all’Auditorium di Assolombarda con l’annuale convegno che vedrà, accanto al professor Botturi, la lectio magistralis del cardinal Ruini. Quest’anno però il programma si presenta ben nutrito e coronato da una serie di eventi che declinano alcune caratteristiche dei Centri culturali. E, anzitutto, mette in mostra una cultura “dal basso”, dando voce alle mille espressioni presenti nel tessuto vivo delle comunità locali. In questo senso è una cultura pervasiva, che spesso non ha l’onore della ribalta, ma si fa carico di rappresentare il momento pensoso e riflesso dell’azione pastorale della Chiesa.
Oltre 300 centri culturali solcano le strade della Diocesi ambrosiana, alcuni avamposti nel deserto solitario di oggi, altri più famosi e conosciuti soprattutto nella città di Milano. Essi operano con uno slancio che non fa dell’etichetta “cattolica” una bandiera di parte, ma si mette a servizio della vita delle persone per accompagnare il cambiamento nel vivo del corpo ecclesiale e sociale. Cercano di tener alta la riflessione culturale, dinanzi alle dinamiche del tempo presente, attraverso le forme espressive dell’arte, della musica, della letteratura, del teatro e dei nuovi media, con uno sguardo che non si rassegna a omologarsi alle mode del momento. Di qui il tema che attraversa tutti gli eventi del palinsesto di quest’anno: la “sfida educativa”. Essa avrà il momento alto nella proposta competente degli illustri ospiti, ma saprà anche percorrere tutte le vie dove educare significa non solo trasmettere conoscenze e socializzarsi nei linguaggi del proprio tempo, ma svolgere una funzione critica e autocritica.
L’educazione oggi soffre di una deriva retorica: se ne parla molto e forse troppo, ma non si riesce a vedere che le forme della trasmissione faticano a consegnare alle generazioni future i percorsi della vita buona. Senza dimensione formativa, educare si riduce a trasmettere saperi, ma non aiuta a decidere di sé e a entrare responsabilmente nella costruzione della città e nel cambiamento della società. La dimensione etica e religiosa dell’educare, lungi dall’essere un freno, si rivela così propulsiva di una visione integrale della vita e del mondo. E dunque anche della persona. Questa è la “sfida” che ci sta davanti, che ha bisogno di testimoni forti e coraggiosi, che non temono di trasmettere le proprie convinzioni, perché sanno che solo così si ampia lo spazio per crescere in modo autonomo e maturo. Come sanno tutti quelli che hanno avuto grandi maestri, i quali sono stati anche testimoni. Per questo il tema dell’educare è svolto con una varietà di linguaggi che cercano di restituire l’ampio ventaglio delle forme espressive della vita.
Chi prenderà tra mano il calendario degli eventi vedrà scorrere sotto i propri occhi i molti modi della trasmissione: la musica vocale e strumentale, il teatro che è stato la palestra dei centri culturali, gli eventi letterari e poetici, le nutrite proposte di confronto e dibattito, il percorso nella Milano archeologica, le mostre e le rappresentazioni capaci di restituire la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico della nostra regione. Un ricco palinsesto che fa brillare nell’aria di primavera il richiamo a una “memoria viva”. Non solo perché senza memoria non c’è futuro, ma il futuro sarà migliore solo se la memoria riuscirà ad essere creativa e capace di forgiare persone responsabili. Educare in fondo è questo: trasmettere il mondo e la vita come il grande codice che rende possibili uomini nuovi. Questa la posta in gioco nella “sfida educativa”. La cultura fiorisce a maggio. Con sessanta eventi disseminati nella città e sul territorio della Diocesi, i Centri culturali cattolici mettono in vetrina il loro lavoro, attorno al tema della “sfida educativa”. Il momento clou sarà il 15 maggio, all’Auditorium di Assolombarda con l’annuale convegno che vedrà, accanto al professor Botturi, la lectio magistralis del cardinal Ruini. Quest’anno però il programma si presenta ben nutrito e coronato da una serie di eventi che declinano alcune caratteristiche dei Centri culturali. E, anzitutto, mette in mostra una cultura “dal basso”, dando voce alle mille espressioni presenti nel tessuto vivo delle comunità locali. In questo senso è una cultura pervasiva, che spesso non ha l’onore della ribalta, ma si fa carico di rappresentare il momento pensoso e riflesso dell’azione pastorale della Chiesa. Oltre 300 centri culturali solcano le strade della Diocesi ambrosiana, alcuni avamposti nel deserto solitario di oggi, altri più famosi e conosciuti soprattutto nella città di Milano. Essi operano con uno slancio che non fa dell’etichetta “cattolica” una bandiera di parte, ma si mette a servizio della vita delle persone per accompagnare il cambiamento nel vivo del corpo ecclesiale e sociale. Cercano di tener alta la riflessione culturale, dinanzi alle dinamiche del tempo presente, attraverso le forme espressive dell’arte, della musica, della letteratura, del teatro e dei nuovi media, con uno sguardo che non si rassegna a omologarsi alle mode del momento. Di qui il tema che attraversa tutti gli eventi del palinsesto di quest’anno: la “sfida educativa”. Essa avrà il momento alto nella proposta competente degli illustri ospiti, ma saprà anche percorrere tutte le vie dove educare significa non solo trasmettere conoscenze e socializzarsi nei linguaggi del proprio tempo, ma svolgere una funzione critica e autocritica. L’educazione oggi soffre di una deriva retorica: se ne parla molto e forse troppo, ma non si riesce a vedere che le forme della trasmissione faticano a consegnare alle generazioni future i percorsi della vita buona. Senza dimensione formativa, educare si riduce a trasmettere saperi, ma non aiuta a decidere di sé e a entrare responsabilmente nella costruzione della città e nel cambiamento della società. La dimensione etica e religiosa dell’educare, lungi dall’essere un freno, si rivela così propulsiva di una visione integrale della vita e del mondo. E dunque anche della persona. Questa è la “sfida” che ci sta davanti, che ha bisogno di testimoni forti e coraggiosi, che non temono di trasmettere le proprie convinzioni, perché sanno che solo così si ampia lo spazio per crescere in modo autonomo e maturo. Come sanno tutti quelli che hanno avuto grandi maestri, i quali sono stati anche testimoni. Per questo il tema dell’educare è svolto con una varietà di linguaggi che cercano di restituire l’ampio ventaglio delle forme espressive della vita. Chi prenderà tra mano il calendario degli eventi vedrà scorrere sotto i propri occhi i molti modi della trasmissione: la musica vocale e strumentale, il teatro che è stato la palestra dei centri culturali, gli eventi letterari e poetici, le nutrite proposte di confronto e dibattito, il percorso nella Milano archeologica, le mostre e le rappresentazioni capaci di restituire la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico della nostra regione. Un ricco palinsesto che fa brillare nell’aria di primavera il richiamo a una “memoria viva”. Non solo perché senza memoria non c’è futuro, ma il futuro sarà migliore solo se la memoria riuscirà ad essere creativa e capace di forgiare persone responsabili. Educare in fondo è questo: trasmettere il mondo e la vita come il grande codice che rende possibili uomini nuovi. Questa la posta in gioco nella “sfida educativa”.