Da Gesù nel Getsemani al tradimento di Giuda, dalla flagellazione di Pilato alla Crocefissione sul Golgota attraverso dipinti conservati nel Museo Diocesano e in alcune chiese del centro storico.

di Luca FRIGERIO
Redazione

Curioso, quel colore giallo. Giuda s’avvicina a Gesù per tradirlo con un bacio, stringendo ancora in pugno la sacchetta con i trenta denari, mentre attorno a loro soldati e uomini armati sono pronti ad intervenire. Pietro reagisce, e posta mano alla spada colpisce Malco, il servo del sommo sacerdote. Cristo, invece, le mani abbassate, si lascia catturare dai suoi carnefici, come agnello destinato al sacrificio. Il traditore pare sorpreso, perplesso, ma non recede dal suo disgraziato intento: ha la barba e i capelli rossicci, e indossa una tunica piuttosto vistosa. Di colore giallo, appunto, simbolo di tradimento, di falsità, copia “opaca”, e quindi fasulla, dello splendore dell’oro…
Questa di Giuda è solo una piccola formella di quel bellissimo e monumentale polittico ligneo esposto al Museo Diocesano di Milano, realizzato intorno alla metà del XV secolo da una bottega di Anversa per una cappella della chiesa di San Giorgio ad Annone Brianza. Volendo intraprendere un itinerario fra alcune delle molte opere d’arte che nel capoluogo lombardo “raccontano” la Passione di Gesù, può essere interessante partire proprio da questo, poco noto, capolavoro: sia perchè la grande ancona, scolpita e dipinta, è interamente dedicata a questo tema, sia perchè presenta alcuni particolari iconografici singolari e interessanti. Curioso, quel colore giallo. Giuda s’avvicina a Gesù per tradirlo con un bacio, stringendo ancora in pugno la sacchetta con i trenta denari, mentre attorno a loro soldati e uomini armati sono pronti ad intervenire. Pietro reagisce, e posta mano alla spada colpisce Malco, il servo del sommo sacerdote. Cristo, invece, le mani abbassate, si lascia catturare dai suoi carnefici, come agnello destinato al sacrificio. Il traditore pare sorpreso, perplesso, ma non recede dal suo disgraziato intento: ha la barba e i capelli rossicci, e indossa una tunica piuttosto vistosa. Di colore giallo, appunto, simbolo di tradimento, di falsità, copia “opaca”, e quindi fasulla, dello splendore dell’oro…Questa di Giuda è solo una piccola formella di quel bellissimo e monumentale polittico ligneo esposto al Museo Diocesano di Milano, realizzato intorno alla metà del XV secolo da una bottega di Anversa per una cappella della chiesa di San Giorgio ad Annone Brianza. Volendo intraprendere un itinerario fra alcune delle molte opere d’arte che nel capoluogo lombardo “raccontano” la Passione di Gesù, può essere interessante partire proprio da questo, poco noto, capolavoro: sia perchè la grande ancona, scolpita e dipinta, è interamente dedicata a questo tema, sia perchè presenta alcuni particolari iconografici singolari e interessanti. E già che siamo nelle sale dei Chiostri di Sant’Eustorgio, possiamo fare un , rispetto all’episodio del bacio di Giuda, e ammirare quel delizioso dipinto di Fede Galizia (una delle poche donne che è riuscita a imporsi per la sua arte nelle epoche passate) che raffigura Cristo nell’orto degli ulivi. Ispirata a un celebre dipinto del Correggio, questa tavola, databile agli inizi del Seicento, rivela un’atmosfera ancora più seducente, splendida nello scorcio dell’angelo, luminosa nel volto del Messia.Se il quadretto di Galizia, con i suoi quaranta centimetri di lato, era destinato alla meditazione personale e privata (“dipinto da capoletto”, infatti, è definito), lo stesso soggetto venne invece affrontato con proporzioni ben maggiori da Giovan Paolo Lomazzo nella tela che è oggi conservata nella chiesa San Carlo al Corso, dove ora possiamo trasferirci nel nostro breve percorso milanese. La sua Orazione nell’orto, infatti, misura oltre due metri di altezza e si ispira ai modelli di Michelangelo e di Gaudenzio Ferrari, attestando così la complessa cultura figurativa del nostro pittore. Commovente la “duplice” storia che accompagna quest’opera: essa, infatti, venne commissionata dal poeta, e politico, Giuliano Gosellini per la scomparsa del giovane figlio Agrippa, a cui dedicò anche dei versi di struggente bellezza; e fu probabilmente l’ultima opera realizzata dal Lomazzo prima della primavera del 1572, quando cioè, appena trentenne, fu colpita da cecità. Altre immagini della Passione ci attendono in quello scrigno della pittura tardorinascimentale che è la chiesa di San Maurizio Maggiore in corso Magenta, dove dal 1522, e per un decennio, operò Bernardino Luini e la sua attivissima bottega. La nostra attenzione è attirata, in particolar modo, dal Cristo alla colonna, davanti al quale santa Caterina d’Alessandria (riconoscibile per l’immancabile ruota uncinata, a ricordo del suo martirio) accompagna colui che volle questa grandiosa impresa decorativa, quell’Alessandro Bentivoglio che aiutò Francesco II Sforza a riprendere il dominio di Milano (sua figlia, la ben nota suor Alessandra, anch’essa più volte ritratta su queste pareti, fu badessa di questo stesso Monastero Maggiore). Infine, tra le numerose Crocifissioni conservate nelle chiese milanesi, si segnala quella di Giulio Campi presente nella basilica di Santa Maria della Passione. Una pala, eseguita verso il 1560, che si apprezza per la sua verità tragica, enfatizzata dal bellissimo cielo fattosi d’improvviso oscuro e che contrasta con il livore del Cristo in croce. E mentre le fronde degli alberi si agitano in un vento impetuoso, i bellissimi profili della Maddalena, di Giovanni e degli altri personaggi sul Golgota si stagliano in una luce drammatica, ma che sembra già annuncio dello splendore della Resurrezione. –

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