E' scomparsa lo scorso 9 novembre a 91 anni: fondatrice dello scoutismo femminile, attiva nella Resistenza di matrice cattolica, è stata una bella figura che merita di essere ricordata.
di Giovanni GUZZI
Sobria e riservata nel non ostentare le proprie qualità. Così è Milano, così era Bona Ucelli di Nemi, morta lo scorso 9 novembre a 91 anni: una bella figura che merita di essere ricordata.
Un parallelismo emblematicamente esemplificato dal luogo in cui era nata il 19 ottobre 1919: il Chiostro delle Umiliate di Santa Maria Maddalena al Cerchio. Un luogo nel quale più volte le avevamo fatto visita. Un luogo che, inaspettato, sorprende il visitatore che vi accede da via Cappuccio. Un luogo con una storia antica (antecedente il XII secolo ed oggi monumento nazionale) che Bona ci descriveva con naturalezza, senza alcuna enfasi, semplicemente trasmettendo la sua passione per la bellezza dell’arte.
Dai ricordi della sorella Pia apprendiamo che questa passione era nata in Bona fin da quando era bambina e suo padre, Guido Ucelli, aveva recuperato due navi romane del tempo di Caligola dal lago di Nemi, guadagnandone nel cognome il segno di riconoscenza da parte dell’Italia. Il desiderio di lavorare come archeologa e proseguire le ricerche su un sito che ancora oggi attende di rivelare ulteriori, importanti, scoperte, l’aveva spinta a laurearsi in lettere antiche. Ma la guerra l’avrebbe condotta altrove.
Altruista e desiderosa di alleviare le sofferenze del suo prossimo divenne Crocerossina. Guardando con noi le foto delle strade della Milano bombardata, invase da macerie fra le quali a malapena era ricavata una pista per il passaggio delle biciclette, oggi la sorella Pia, come fecero allora tutti i familiari, ancora si domanda come Bona, ventenne, potesse anche solo raggiungere il Policlinico dove, estratti da una simile rovina, erano trasportati i feriti di cui si prendeva cura.
Ma ben altro ignoravano i familiari. In Cattolica Bona aveva nel frattempo conosciuto Giovanni Barbareschi, all’epoca non ancora sacerdote, e condividendo l’ideale che l’Italia potesse essere libera, col nome di Anna era con lui entrata nelle Fiamme Verdi, i partigiani cattolici attivi nel bergamasco. Erano momenti in cui la morte era un’eventualità molto concreta e, riflettendo su di essa, su un diario poi affidato a don Giovanni Barbareschi, Bona annotava: «per me la morte sarà un uscire dal tempo». Frase ricordata da don Giovanni durante le esequie e consapevolezza che dava coraggio di fronte a rischi che pochi sceglievano di correre. Come quando, il 10 agosto del 1944, don Giovanni e Bona erano in piazzale Loreto, chini sui corpi delle vittime di una rappresaglia fascista: l’uno a benedirli, l’altra a frugarne le tasche alla ricerca di effetti personali o messaggi da portare alle famiglie. Entrambi sotto il tiro dei mitra dei soldati presenti e con l’unico salvacondotto di una piccola, lecita, bugia: la falsa dichiarazione di essere stati inviati dal Cardinale Schuster!
A guerra terminata le esperienze fatte la condussero ad un duplice impegno. Immedesimatasi nel lavoro di pronto soccorso, in breve tempo e brillantemente conseguì una seconda laurea, in medicina, e, fino all’età della pensione, operò presso l’ospedale di Niguarda, anche nel molto pesante reparto della terapia intensiva.Conosciamo persone che ancora le sono grate per aver corretto un’errata valutazione clinica di colleghi e salvato da morte un familiare poi vissuto a lungo e felicemente.Altro capitolo importante: lo scoutismo "al femminile" (A.G.I. – Associazione Guide Italiane) di cui fu co-fondatrice, con un ruolo di "capo-Cerchio" che era totale dedizione e attenzione per le sue ragazze. C’è chi conserva da decenni vivida memoria di un’avventurosa route in Calabria: le marce in cui alleggeriva lo zaino di chi era più debole («tu porti solo la pentola»), le zollette di zucchero al cognac come sostegno per la fatica, le indagini sociali con innovative interviste alla popolazione, le veglie fra gli uliveti scoscesi per proteggere il riposo in tenda delle sue "Scolte". E ancora: le suggestive cerimonie della "partenza" a San Pietro in Civate illuminata dalle torce nella notte, le serate con don Giorgio Basadonna ad insegnare i canti sullo storico organo "di famiglia", suonato anche da rinomati musicisti. Un legame forte, non concluso con l’esperienza scoutistica ma continuato fino all’ultimo suo compleanno con un vicendevole cercarsi ed interessarsi alle vicende felici e drammatiche di ciascuno.
Oggi che Bona Ucelli di Nemi non c’è più, ci piace ricordarla in una foto scattata durante una visita nella primavera scorsa: una rosa del suo Chiostro, abitato per 91 anni di vita ricca e intensa.