Nel Messaggio per la Giornata, che nel 2023 si celebra in Portogallo, l’esortazione a imparare dalla «fretta buona» di Maria per andare incontro alle necessità e ai bisogni dei fratelli
di Maria Michela
Nicolais
Agensir
«Spero, e credo fortemente, che l’esperienza che molti di voi vivranno a Lisbona nell’agosto dell’anno prossimo rappresenterà un nuovo inizio per voi giovani e – con voi – per l’umanità intera». È l’auspicio del Papa, all’inizio del Messaggio inviato ai giovani e alle giovani del mondo per la XXXVII Giornata mondiale della gioventù che sarà celebrata nelle Chiese particolari il prossimo 20 novembre e a livello internazionale a Lisbona dal 1° al 6 agosto 2023, sul tema «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39).
Maria, tempio di Dio
«In questi ultimi tempi così difficili, in cui l’umanità, già provata dal trauma della pandemia, è straziata dal dramma della guerra, Maria riapre per tutti e in particolare per voi, giovani come lei, la via della prossimità e dell’incontro», scrive Francesco nel messaggio, al centro del quale c’è un verbo – alzarsi – che assume anche il significato di “risorgere”, “risvegliarsi alla vita”. Maria, dopo l’annunciazione – spiega il Papa – «avrebbe potuto concentrarsi su se stessa, sulle preoccupazioni e i timori dovuti alla sua nuova condizione. Invece no, si alza e si mette in movimento, perché è certa che i piani di Dio siano il miglior progetto possibile per la sua vita». In questo modo, «Maria diventa tempio di Dio, immagine della Chiesa in cammino, la Chiesa che esce e si mette al servizio, la Chiesa portatrice della Buona Novella».
Maria, in particolare, «è modello dei giovani in movimento, non immobili davanti allo specchio a contemplare la propria immagine o ‘intrappolati’ nelle reti. È tutta proiettata verso l’esterno. È la donna pasquale, in uno stato permanente di esodo, di uscita da sé verso il grande Altro che è Dio e verso gli altri, i fratelli e le sorelle, soprattutto quelli più bisognosi». «Ognuno di voi può chiedersi – la domanda ai giovani -: come reagisco di fronte alle necessità che vedo intorno a me? Penso subito a una giustificazione per disimpegnarmi, oppure mi interesso e mi rendo disponibile? Certo, non potete risolvere tutti i problemi del mondo. Ma magari potete iniziare da quelli di chi vi sta più vicino, dalle questioni del vostro territorio». Come ha fatto Madre Teresa.
Agire in fretta
«Davanti a un bisogno concreto e urgente, bisogna agire in fretta – l’indicazione di rotta del Papa -. Quante persone nel mondo attendono una visita di qualcuno che si prenda cura di loro! Quanti anziani, malati, carcerati, rifugiati hanno bisogno del nostro sguardo compassionevole, della nostra visita, di un fratello o una sorella che oltrepassi le barriere dell’indifferenza! Quali “frette” vi muovono, cari giovani? Che cosa vi fa sentire l’impellenza di muovervi, tanto da non riuscire a stare fermi? Tanti – colpiti da realtà come la pandemia, la guerra, la migrazione forzata, la povertà, la violenza, le calamità climatiche – si pongono la domanda: perché mi accade questo? Perché proprio a me? Perché adesso? E allora la domanda centrale della nostra esistenza è: per chi sono io? La fretta della giovane donna di Nazaret è la fretta di chi sa porre i bisogni dell’altro al di sopra dei propri».
«Maria è esempio di giovane che non perde tempo a cercare l’attenzione o il consenso degli altri – come accade quando dipendiamo dai “mi piace” sui social media -, ma si muove per cercare la connessione più genuina, quella che viene dall’incontro, dalla condivisione, dall’amore e dal servizio – il ritratto di Francesco -. Quante testimonianze ci arrivano da persone “visitate” da Maria, Madre di Gesù e Madre nostra! In quanti luoghi sperduti della terra, lungo i secoli – con apparizioni o grazie speciali – Maria ha visitato il suo popolo! Non esiste praticamente un luogo su questa terra che non sia stato visitato da lei».
C’è la «fretta buona», puntualizza il Papa, che «ci spinge sempre verso l’alto e verso l’altro», e c’è invece «la fretta non buona, come per esempio quella che ci porta a vivere superficialmente, a prendere tutto alla leggera, senza impegno né attenzione, senza partecipare veramente alle cose che facciamo; la fretta di quando viviamo, studiamo, lavoriamo, frequentiamo gli altri senza metterci la testa e tanto meno il cuore». «Può succedere nelle relazioni interpersonali – argomenta il Papa -. In famiglia, quando non ascoltiamo mai veramente gli altri e non dedichiamo loro tempo; nelle amicizie, quando ci aspettiamo che un amico ci faccia divertire e risponda alle nostre esigenze, ma subito lo evitiamo e andiamo da un altro se vediamo che è in crisi e ha bisogno di noi; e anche nelle relazioni affettive, tra fidanzati, pochi hanno la pazienza di conoscersi e capirsi a fondo. Questo stesso atteggiamento possiamo averlo a scuola, nel lavoro e in altri ambiti della vita quotidiana. Ebbene, tutte queste cose vissute di fretta difficilmente porteranno frutto. C’è il rischio che rimangano sterili».
Nella parte finale del messaggio, Francesco segnala ancora una volta la necessità del dialogo tra le generazioni, per superare «le distanze tra generazioni, tra classi sociali, tra etnie, tra gruppi e categorie di ogni genere, e anche le guerre. Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo – l’analisi del Papa -. C’è bisogno dell’alleanza tra giovani e anziani, per non dimenticare le lezioni della storia, per superare le polarizzazioni e gli estremismi di questo tempo».
«Tutti insieme a Lisbona!», nell’agosto dell’anno prossimo, l’invito finale, insieme alla citazione di don Tonino Bello: «Santa Maria, sappiamo bene che sei stata destinata a navigazioni di alto mare. Ma se ti costringiamo a veleggiare sotto costa, non è perché vogliamo ridurti ai livelli del nostro piccolo cabotaggio. È perché, vedendoti così vicina alle spiagge del nostro scoraggiamento, ci possa afferrare la coscienza di essere chiamati pure noi ad avventurarci, come te, negli oceani della libertà».