Il Cardinale ha presieduto in Duomo, concelebrante il prelato per l’Italia, don Matteo Fabbri, la Messa in suffragio di monsignor Javier Echevarría, alla guida dell’Opus Dei dal 1994. «Oggi la Chiesa ha più che mai bisogno di uomini e di donne che abbiano, nell’ordinario della vita, un riferimento intenso a Gesù », ha detto l’Arcivescovo
di Annamaria BRACCINI
Ė stato il secondo successore di san Josemaría Escrivá de Balaguer – il fondatore dell’Opus Dei – e ha guidato la Prelatura, per 22 anni, fino al giorno della sua morte, avvenuta, all’età di 84 anni, il 12 dicembre scorso. Monsignor Javier Echevarría, vescovo e Prelato, viene ricordato in Duomo con una Messa di suffragio presieduta dal cardinale Scola.
Dopo un breve intervento iniziale del Prelato per l’Italia, don Matteo Fabbri, che richiama l’amicizia personale che legava monsignor Echevarría all’Arcivescovo – «fu un vero padre e figura esemplare per la Chiesa, amando Dio e il prossimo» – è lo stesso Cardinale a delineare una memoria commossa.
«Proprio nell’imminenza del Natale, il vescovo Javier si è abbandonato al suo Signore. Come ha scritto nell’ultima Lettera, fece sua la preghiera della Vigilia della Prima Domenica dell’Avvento romano: “Vieni, Signore, non tardare”».
«Ė stato esaudito», da quel Gesù che fattosi uomo e «condividendo con noi ogni istante», chiamò a Sé gli Apostoli, come si è appena ascoltato nel Vangelo di Matteo.
«Ne conosciamo i nomi, come conosciamo i nomi dei loro successori: uomini che, generazione dopo generazione, hanno accolto la chiamata del Signore per servire la Chiesa», nota Scola.
Pietro, Giovanni, Giacomo, ma, anche, Agostino, Ambrogio e Carlo Borromeo, fino ad arrivare a Vescovi come il beato Álvaro del Portillo «e il compianto don Javier, figli carissimi di san Josemaría. Uomini che, lungo la storia, hanno lasciato tutto perché sentivano di aver ricevuto tutto».
Il pensiero dell’Arcivescovo va all’amicizia personale con il Prelato: «Vorrei mettere in evidenza un aspetto particolare della sua vita perché lo ritengo un’indicazione preziosa non solo per coloro che partecipano alla vita della Prelatura, ma per tutti i fedeli cristiani. Nell’itinerario esistenziale di don Javier si percepisce, con trasparente chiarezza, che nessuno è padre se non è figlio. E volutamente ho usato il presente: non se non è stato figlio, ma se non è, oggi, figlio».
Peculiarità, questa, dell’intera esistenza di Echevarría vissuta con la paternità propria del Ministero episcopale e del suo compito di Prelato dell’Opus Dei, ma capace di essere «così feconda perché egli non ha mai smesso di considerarsi e di vivere come figlio, da quando fu chiamato alla sequela di Gesù già nel 1948, a solo 16 anni». Centrale, in tutto questo, la conoscenza, con Escrivà de Balaguer, di cui fu segretario dal 1953 al 1975, anno in cui divenne segretario generale dell’Opus Dei.
«Essere grati al Signore per la paternità di don Javier implica, quindi, l’essere consapevoli della responsabilità affidata anzitutto ai membri della Prelatura, ma anche a ognuno di noi, perché quanto il Signore ci comanda, nel qui e ora della storia, è decisivo soprattutto in questo grande appassionante cambiamento d’epoca».
Così fece don Javier, «promovendo l’azione ecclesiale dell’Opus Dei in tanti Paesi, senza sosta. Il suo è stato un magistero profondo perché ben radicato nella realtà, nell’ordinario quotidiano investito dalla fede. Vi è bisogno più che mai di uomini e di donne che abbiano, nell’ordinario della vita, un riferimento intenso a Gesù e un amore a priori per la Chiesa».
E, alla fine di quello che l’Arcivescovo definisce un «gesto molto bello che esprime un forte senso ecclesiale e illumina il compito di ciascun cristiano in questo tempo delicato di passaggio», ancora una raccomandazione nel nome del Fondatore e del Prelato scomparso, proprio mentre, in queste ore, si riunisce l’avvio del III Congresso Generale Elettorale per nominarne il successore. «Bisogna pregare intensamente perché colui che verrà scelto, con l’aiuto dello Spirito, possa stare nel grande solco tracciato dal fondatore a benefizio della Chiesa e a servizio di tutta l’umanità».