«Entrare nel pensiero di Gesù esige conversione, cambiamento di mentalità, rinnovamento del cuore e della mente», sottolinea il Vicario episcopale riflettendo sulla figura dell’Apostolo che l’Arcivescovo ha scelto quale modello nella sua Lettera pastorale
di Luisa BOVE
C’è attesa in Diocesi per la nuova Lettera pastorale che sarà disponibile dall’8 settembre, quando in Duomo l’Arcivescovo celebrerà il Pontificale inaugurando il cammino 2015-2016 della Chiesa ambrosiana. Il cardinale Scola ha preso spunto dall’apostolo Paolo per dare il titolo alla sua Lettera, Educarsi al pensiero di Cristo (1 Cor 2,16); tuttavia ha scelto la figura di Pietro come modello di sequela a Gesù. Ne parliamo con monsignor Pierantonio Tremolada, biblista e vicario episcopale per l’Evangelizzazione e i sacramenti.
Che tipo di discepolato è quello di Pietro?
Vorrei anzitutto sottolineare il valore di questa scelta. A me pare molto opportuna. Permette infatti di capire in modo molto chiaro che il pensiero di Cristo non coincide con il suo insegnamento e neppure semplicemente con il suo modo di ragionare. Il pensiero di Cristo non è la sua dottrina. È piuttosto il suo modo di vedere le cose, di stare nel mondo, di porsi di fronte alla realtà. È quindi anche il suo modo di sentire, di reagire, di valutare, di giudicare. Così inteso, il pensiero di Cristo sta alla base di ogni suo comportamento e ne rende ragione. Il discepolato ha permesso a Pietro di entrare nel pensiero di Cristo perché lo ha posto nella condizione di condividerne la vita. Non dunque una semplice istruzione, ma una profonda esperienza.
Eppure Pietro non ha sempre capito il pensiero del Maestro…
È vero. Pietro ha dovuto compiere un lungo cammino per assumere la mentalità di Gesù. Quante fatiche e resistenze! Lo si vede bene dai Vangeli. In questa Lettera pastorale il nostro Arcivescovo ha scelto di descrivere l’esperienza di Pietro a partire dal Vangelo di Giovanni: la prospettiva è suggestiva e molto istruttiva. Nel quarto Vangelo, infatti, si nota una tensione: da un lato Pietro è affascinato dalla persona di Gesù e dal suo mistero; dall’altro, seguendolo rimane perplesso, disorientato e addirittura spaventato. Succede quando Gesù parla del Pane della vita, quando gli lava i piedi nell’ultima cena, quando deve rispondere a chi lo riconosce come discepolo e per tre volte nega. Entrare nel pensiero di Cristo esige conversione, cambiamento di mentalità, rinnovamento del cuore e della mente. Tutto questo non è indolore.
Ma come possono i cristiani di oggi assumere in sé gli stessi sentimenti di Cristo?
Se poniamo la domanda alla Parola di Dio riceviamo questa risposta: facendo l’esperienza della grazia. Non si tratta di moltiplicare gli sforzi per adeguarsi a come Gesù vede le cose, ma di credere che c’è una potenza di bene all’opera nel mondo. È la forza d’amore scaturita dal cuore trafitto di Cristo. Occorre superare un’idea della imitazione di Cristo che lo consideri semplicemente un modello. Il modello infatti sta di fronte, mentre Cristo è in noi e noi siamo in Lui. Privilegiamo dunque tutto ciò che ci fa sentire vivi in lui e lasciamo che sia l’esperienza della grazia a plasmare la nostra mentalità.
La vicenda di Pietro ci insegna anche come, dopo il rinnegamento, Gesù l’abbia addirittura scelto e forse preferito ad altri apostoli affidandogli grandi responsabilità…
L’essenza del pensiero di Cristo è la misericordia. Il modo in cui Gesù guarda il mondo deriva dal suo grande amore per tutti gli esseri viventi. Pietro ne è una dimostrazione. Per tre volte Gesù gli chiederà se lo ama e per tre volte gli affiderà la sua Chiesa. Un modo delicato per dirgli: «So bene che mi hai rinnegato tre volte, ma non temere, l’amore vince su tutto». La Lettera pastorale sul pensiero di Cristo ci viene consegnata mentre si sta per aprire il Giubileo straordinario della misericordia: tra questi due eventi non c’è diversità di prospettive. Dice il Salmo: «Alla tua luce vediamo la luce». Questa luce che consente di guardare nella verità tutte le cose è la misericordia di Dio>.
Gesù ha detto a Pietro: «Seguimi». A quali condizioni è possibile anche per gli uomini e le donne di oggi rispondere allo stesso invito di fronte alle tante sollecitazioni del mondo?
Credo che la condizione indispensabile per rispondere a questo invito sia quella di percepire o anche solo intuire la bellezza di ciò in cui si crede. Tutti i grandi testimoni sono stati abbagliati dalla luce del Cristo crocifisso e risorto: Paolo sulla via di Damasco, Agostino entrando in se stesso, lo stesso Pietro sul Monte della trasfigurazione. Quando – come oggi – l’orizzonte tende globalmente ad oscurarsi, diventa ancora più forte il desiderio della luce. Siamo stati creati a immagine di Dio e portiamo in noi la tensione verso la vita vera. Laddove per la forza della grazia questa vita si manifesta nella sua bellezza, nessuno può resisterle.