Redazione
I conflitti e le tensioni del Medio Oriente condizionano anche il futuro di chi crede in Gesù e vive dove lui è nato. Ne parliamo con il Custode francescano dei Luoghi Santi, padre Pierbattista Pizzaballa.
di Giuseppe Caffulli
I cristiani di Betlemme stanno vivendo un ennesimo momento di difficoltà. La guerra che durante l’estate ha visto di fronte Israele ed Hezbollah libanesi ha determinato un massiccio rallentamento dei pellegrinaggi, che costituiscono la principale fonte di sostentamento all’economia della città. Il peggioramento della situazione nei Territori (da Gaza proseguono i lanci di razzi su Israele), le ripetute incursioni dell’esercito israeliano nella Striscia (dove dopo la strage di Beit Hanoun si è riaffacciato lo spettro di una terza Intifada), la crisi economica e la grave emergenza umanitaria rendono il quadro ancora più drammatico. In questo contesto, come vivranno il Natale i cristiani di Betlemme? L’abbiamo chiesto al Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.
Qual è il clima in città?
A Betlemme il clima è difficile, come del resto nei Territori. Chi entra in città è colpito dal degrado: molti negozi sono chiusi, la disoccupazione è altissima, davanti alla Basilica della Natività sono apparsi bambini che chiedono la carità… La maggioranza degli hotel è chiusa, perché i pellegrini non si fidano a trascorrere la notte a Betlemme. L’economia è in ginocchio e per molti giovani e per molte famiglie l’unica possibilità è quella dell’emigrazione. La mancanza di prospettive spinge poi diversi ragazzi a credere nelle soluzioni proposte dall’Islam fondamentalista e violento. C’è inoltre la triste realtà del muro di sicurezza, che stringe ormai la città in una morsa. Da Betlemme i palestinesi non escono se non con permessi speciali, che vengono rilasciati quasi solo per motivi di salute. La mancanza di libertà e le violazioni dei diritti umani stanno riducendo allo stremo la popolazione. Nella città dove il Figlio di Dio si è fatto uomo il rispetto della dignità umana è una merce abbastanza rara.
Come si prepara la comunità cristiana al Natale?
Questo Natale sarà come sempre, e nonostante tutto, un Natale di speranza. I cristiani si stringeranno attorno ai loro pastori per vivere il Mistero della venuta del Principe della pace e per chiedere il dono della conversione dei cuori e della riconciliazione. Ai cristiani che rimangono, oggi chiediamo forza e coraggio. È infatti molto facile cadere nella spirale dell’odio, della sfiducia e della delusione; una prospettiva che impedisce però di operare secondo le responsabilità di ciascuno per cambiare le cose. Solo la forza delle fede può darci la forza e renderci capaci di vivere in pace gli uni con gli altri, in comunione con Dio.
Vivere la notte santa a Betlemme è un’esperienza unica…
Verso le 23.30 il patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Michel Sabbah, entrerà nella chiesa di Santa Caterina, la parrocchia francescana attigua alla Basilica della Natività, per iniziare la liturgia della messa di mezzanotte. Al termine dell’ufficio delle letture verrà cantato l’annuncio della nascita del Signore e le campane di tutte le chiese della Terra Santa suoneranno all’unisono. Secondo un’antica usanza, il patriarca porterà in processione un’immagine del Bambino fino alla grotta della Natività e lo depositerà all’altare della Stella. L’anno scorso Betlemme era gremita all’inverosimile di fedeli e pellegrini. Quest’anno l’afflusso sarà certamente minore, anche se abbiamo speranza che nonostante tutto i pellegrini ritornino in Terra Santa.
Ci ha raccontato delle difficoltà dei cristiani di Betlemme… Cosa possiamo fare noi in Italia?
Per prima cosa i cristiani di Betlemme e dell’intera Terra Santa non devono sentirsi abbandonati. Hanno bisogno di sentire il sostegno dei cristiani d’Occidente, hanno bisogno di sentire che i loro sacrifici non sono vani. Per questa ragione invito a non lasciarsi intimorire dalle notizie che giungono dal Medio Oriente e a non interrompere i pellegrinaggi: sono una testimonianza di solidarietà e di vicinanza spirituale. Poi chiederei alle parrocchie, ai gruppi e ai movimenti, di impegnarsi in progetti di sostegno per le opere di Terra Santa. Se non offriamo opportunità concrete alle famiglie cristiane e ai giovani, la strada imboccata sarà sempre più di frequente quella dell’emigrazione. Per questa ragione la Custodia di Terra Santa ha promosso a Betlemme, con un grandissimo sforzo economico, la costruzione di case popolari per i cristiani. In passato sono stati realizzati già alcuni stabili; il 25 novembre scorso ventiquattro nuovi appartamenti sono stati consegnati ad altrettante famiglie. Abbiamo poi progetti di inserimento nel mondo del lavoro per giovani diplomati e laureati. Offriamo, insieme ad altre congregazioni presenti in città, asili, scuole, assistenza sociale e sanitaria alle fasce più povere della popolazione. Insomma, il nostro impegno è nel segno della promozione integrale della persona.