Redazione

"Juthouruna" è una parola araba che ha un significato molto importante per i cristiani orientali: le nostre radici. La loro vita è radicata in Oriente, in Terra Santa, la terra che ha accolto 2000 anni fa il Gesù storico, la terra dove scorre latte e miele, la stessa terra contestata da molti popoli lungo la sua storia travagliata: «il nostro sogno è quello di porci a servizio della comunità locale per favorire la conoscenza reciproca e aumentare il rispetto, perché senza la conoscenza dell’altro l’amore non ha senso».

di Charlie Aboud Saada
direttore di Juthouruna

Sono un palestinese cristiano, appartengo alla comunità della Chiesa melkita cattolica, una delle 13 Chiese ufficiali presenti in Terra Santa, che professa la fede cattolica in piena comunione con il Papa, ma celebra la liturgia secondo la tradizione bizantina. Mio padre è parroco della Chiesa melkita cattolica di Betlemme e Beit Sahour: nelle Chiese orientali, infatti, si è mantenuta la tradizione dei sacerdoti coniugati accanto a quelli che scelgono il celibato. Sono sposato e ho due bambini, Renad Anna (5 anni) e Jack (3 anni). Insegno all’Università Cattolica di Betlemme e sono professore invitato di diritto canonico orientale al Pontificio Istituto Orientale, dove mi sono laureato nel 2003.

All’Università ho sperimentato grandi gioie, ma anche fatiche e difficoltà. Mi hanno affidato il corso di Introduzione al cristianesimo per studenti musulmani e cristiani. Ho scoperto che gli studenti musulmani in realtà non ci conoscevano, malgrado vivessimo nelle stesse città e negli stessi villaggi. Le idee dei musulmani su di noi non erano giuste, c’era sempre qualcosa che non andava. Sul fronte cristiano ho trovato problematiche molto simili. Giovani ortodossi, latini, siriaci, melkiti… le diverse Chiese non si conoscono e faticano a dialogare: questo è reso ancor più grave dal fatto che ormai siamo davvero pochi in Terra Santa. Mi domandavo di continuo: qual è il vero problema? Cosa possiamo fare?

Da tre anni abbiamo costituito un gruppo di giovani cristiani di diverse Chiese della provincia di Betlemme, con lo scopo di pregare insieme e confrontarci sulle nostre difficoltà. Abbiamo constatato che il problema spesso è legato alla poca conoscenza dell’altro e che abbiamo bisogno di maggiore informazione e comunicazione. Ci siamo accorti che in Terra Santa non esisteva alcuna rivista cristiana in lingua araba indirizzata ai giovani. Abbiamo sognato di realizzarla noi e ora il nostro sogno comincia a realizzarsi, perché "Juthouruna" ha superato il primo anno di vita e per Natale è uscito il sesto numero. All’inaugurazione, nel giugno 2005, c’erano 350 persone, autorità religiose e civili: è stata una gioia e un motivo di speranza.

La rivista viene distribuita ai giovani nelle scuole superiori, negli oratori e gruppi scout e presso le università locali. Spediamo alcune copie in Giordania e in Egitto. Raggiungiamo via posta anche i giovani delle altre città della Cisgiordania, che non possiamo incontrare a causa del muro. Siamo partiti da 1000 copie per edizione e ora la tiratura ha raggiunto le 3000 copie. La rivista è sempre più richiesta e i vescovi e i sacerdoti collaborano con noi, soprattutto invitando i loro ragazzi a leggerla. Da gennaio abbiamo mandato in rete il nostro sito internet (www.juthouruna.com) in arabo, italiano e inglese. A ottobre i nostri visitatori erano già triplicati: siamo arrivati a 7000 contatti.

Adesso il nostro sogno è quello di andare avanti, porci sempre più a servizio della comunità locale, favorire la conoscenza reciproca per aumentare l’amore e il rispetto, perché senza la conoscenza dell’altro l’amore non ha senso e gusto. Vorremmo realizzare un programma televisivo in lingua araba per i cristiani di Terra Santa e di tutto il Medio Oriente (quasi 15 milioni), che riesca a parlare indirettamente anche con i musulmani, per favorire il dialogo e la comprensione. In Medio Oriente le frontiere non sono facilmente attraversabili: per motivi politici i cristiani copti d’Egitto o i cristiani libanesi, siriani e iracheni non possono visitare la Terra Santa. Grazie al satellite forse potremo entrare anche nelle loro case, per “portarvi” la Terra Santa e rendere visibile un’unità che è già viva nella preghiera.

Ma c’è ancora un sogno, quello di un programma radiofonico in italiano: 15 minuti alla settimana per raccontare la Terra Santa, gli eventi più importanti, le gioie e le fatiche di tutti i giorni. Perché in italiano? Per il legame forte, ecclesiale e spirituale, che ci lega.

Vi auguro ogni bene, anche a nome della comunità cristiana di Betlemme. E speriamo che Gesù bambino ci porti la pace, la serenità nei cuori e la gioia di annunciarlo qui nella sua terra.

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