I regali di natura solidale sono importanti e utili, ma da soli non bastano a evitare la retorica delle feste. La celebrazione di Santo Stefano Martire proprio a ridosso della Natività ci offre l’esempio di come onorare e servire davvero il Festeggiato

di don Massimiliano SABBADINI
Vicedirettore di Caritas Ambrosiana

Peter Paul Rubens, Trittico di Santo Stefano ((Musée des Beaux-Arts, Valenciennes)

«Solidale» può suonare come una delle tante rime di Natale. Ciò accade se un sottile ed efficace narcisismo morale ci porta ad assaporare solo per qualche istante il profumo della solidarietà, che fa rima sì con bontà, ma proprio quella dei propositi “natalizi” dei bambini: suonano belli e commoventi, ma si volatilizzano subito, esistono praticamente allo stato gassoso.

Non che sia inconsistente la beneficenza che sempre più vede molte persone scegliere con intelligente consapevolezza i doni per amici e familiari tra le molte proposte a sostegno di progetti solidali. Anzi. Da quelle iniziative giungono “solidi” aiuti a molte persone e situazioni bisognose: vanno incentivate senza remora e accrescono lo stile di chi le sceglie. I regali solidali, però, non bastano da soli ad allontanarci dalla pervasiva retorica di feste, dove i doni rappresentano niente più che accessori necessari, portati distrattamente per risultare intonati con lo sfondo impalpabile di una cultura evanescente. Quante volte ho avvertito, almeno per un istante, il morso amarognolo della coscienza! Ho realizzato un’azione buona e giusta o mi sono rifugiato in una superficiale elargizione autogratificante, offrendo, in definitiva a me stesso, il “dono” di sentirmi per un po’ utile e buono?

Da questo dilemma mi libera una semplice constatazione liturgica: il giorno dopo il Natale del Signore si celebra Santo Stefano Primo Martire. Ecco il dono robusto e chiaro per Gesù Bambino: l’accostamento a una persona «di buona reputazione, piena di Spirito e di saggezza… di grazia e di fortezza, che faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo» (cfr Atti 6, 3.8). Che c’entra con il Natale solidale? Semplice: il Martire Stefano si celebra a ridosso della Natività per darci l’esempio di come onorare e servire il Festeggiato. Per dirci come essere davvero solidali anzitutto con Lui, “in solido” coinvolti con il Suo messaggio, la Sua missione, il compimento del Suo destino di salvezza per tutti, attraverso la solidissima e imprescindibile esperienza della testimonianza fino alla croce, via della Vita.

Allora la solidarietà dei regali si trasfigura e ci trasporta nella dimensione del dono essenziale, il dono che origina i doni, l’impegno della vita che cambia la vita di chi si offre prima di quella di chi riceve. Il Martire che segue subito il Bambino divino ci suggerisce che è possibile e bello e giusto e felice il donarsi. E di ciò sia concreto esercizio ogni dono, soprattutto di tempo e di presenza, di sguardi e di servizio, di parole e di silenzi, di affetto e di compassione, di preghiera e di offerta… se occorre anche di cose!

Santo Stefano era diacono, con gli altri sei stabiliti dagli Apostoli per il servizio dei poveri. Questo, diventare “diaconi” sempre, è il regalo non da preparare, ma da chiedere, per intercessione del Santo Martire, a Colui che per noi si è fatto povero per lasciarsi da noi servire e servo dei poveri per servirci. E per renderci tutti solidali, ugualmente colmati del Dono che è Lui!

 

 

 

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