Redazione
Oltre che di digiuno, preghiera e carità, il cristiano vive il periodo di preparazione alla Pasqua lottando contro il male e nutrendosi della Parola di Dio.
di Enzo Bianchi
Incomincia la Quaresima, il tempo di quaranta giorni voluto dalla Chiesa come “tempo favorevole” (2Cor 6,2) affinché i cristiani rinnovino il cammino di sequela del Signore e riprendano il movimento della conversione, del ritorno a Dio, allontanandosi risolutamente dagli idoli. La conversione non è infatti un evento avvenuto una volta per tutte e sancito dall’economia sacramentale, ma è un dinamismo sempre da rinnovare perché i credenti, sedotti dalla mondanità, talvolta si stancano di vivere il Vangelo e finiscono per smarrire il senso della loro vocazione; altre volte contraddicono gravemente – e con più facilità di quanto si possa pensare – la loro qualità di figli di Dio…
Ecco allora la Quaresima come tempo di rinnovamento spirituale, tempo per ritrovare e confermare la propria verità e la propria identità. In questo tempo la Chiesa ci invita sì al digiuno, alla preghiera più intensa, alla condivisione, ben sapendo che noi uomini abbiamo bisogno di impegnarci interamente – corpo e spirito – in questo cammino di cambiamento dei comportamenti e dei sentimenti; ma non dobbiamo dimenticare che Gesù ci ha messo in guardia dal vivere in modo errato tali pratiche: «Anche gli ipocriti digiunano, pregano, fanno l’elemosina…» (cfr Mt 6,1-6.16-18).
Il primo impegno cui noi cristiani siamo chiamati è dunque di natura spirituale: esso dipende essenzialmente dalla nostra capacità di ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Sante Scritture e offertaci nella liturgia della Chiesa. Anche Gesù, che «è rimasto quaranta giorni nel deserto, tentato da Satana» (Mc 1,13), ha vinto l’Avversario attraverso una lotta condotta innanzitutto con lo strumento della Parola di Dio (cfr Mt 4,1-11; Lc 4,13 ), Parola viva ed efficace (cfr Eb 4,12), capace di illuminare il cammino del credente e di condurlo alla comunione con Dio.
È in quest’ottica che Benedetto XVI, nel messaggio per questa Quaresima, vede in essa «il tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso Colui che è la fonte della misericordia» e chiede a ogni cristiano un impegno nella lotta contro il male, al quale Dio ha posto un limite attraverso la misericordia. Il cristiano deve soprattutto esercitarsi a vivere «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5), ad assumere la com-passione come capacità di sentire e di condividere la sofferenza dei fratelli e delle sorelle che sono nella prova o nel bisogno.
Avere in sé i sentimenti di compassione di Gesù: ecco un impegno per questa Quaresima. Ciò significa guardare all’uomo con lo sguardo di Cristo, il quale «vedendo le folle, ne sentì compassione perché erano come pecore senza pastore» (cfr Mt 9,36), incapaci di trovare il cibo nella sua pienezza, cibo per il corpo ma anche per la vita spirituale… In questo senso, il Papa ci ammonisce a non cadere nell’errore «compiuto nel corso della storia da molti che si professavano discepoli di Gesù»: pensare che l’uomo abbia bisogno solo di pane oppure solo di una «scienza del buon vivere».
No, «non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4; Lc 4,4; cfr Dt 8,3); l’uomo non è semplicemente alla ricerca di una vita buona, ma anche di una vita piena di senso, che possa essere vittoriosa sul male e sulla morte. L’umanesimo cristiano consiste in verità nel guardare a tutto l’uomo e a tutta l’umanità con lo sguardo di Dio e di Cristo, comprendendone il bisogno di salvezza e di beatitudine, che trova la sua piena realizzazione solo in Cristo: lui solo, infatti, è «causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5,9).