Redazione
Secondo Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori all’Università statale di Milano, gli italiani hanno ancora un concetto “tribale” di appartenenza, legato al sangue, al suolo, alla lingua e alla religione.
«Per gli immigrati è molto difficile riuscire ad avere la cittadinanza italiana. Noi siamo un popolo che ha ancora un concetto tribale di appartenenza, per noi la nazionalità è legata al sangue, al suolo, alla lingua e alla religione». Secondo Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori all’Università statale di Milano, per arrivare ad una reale integrazione con gli stranieri che vivono nel nostro Paese è necessario rivedere il nostro concetto di cittadinanza.
«Chi ha il diritto di essere italiano per noi? Chi ha il sangue italiano o sposa un italiano. Ragioniamo ancora in questo modo, abbiamo una concezione ancestrale di nazionalità» ha detto Ambrosini durante il convegno di presentazione del Dossier statistico sull"immigrazione della Caritas Ambrosiana. Nel 2005, 28.659 stranieri sono diventati cittadini italiani, mentre il totale dal 1996, secondo l’Istat, è stato di 180 mila. Di questi soltanto il 15% ha ottenuto la cittadinanza su domanda di naturalizzazione, mentre gli altri per matrimonio.
«Quando parliamo di matrimoni interetnici dobbiamo ricordarci che la maggior parte sono contratti da maschi italiani che sposano straniere. E invece noi abbiamo ancora l"immagine del maschio musulmano che ruba le nostre mogli. Pur essendo l’Italia in Europa il Paese che attrae più immigrati, e nel mondo il secondo, dopo gli Stati Uniti, non abbiamo ancora una legge sui rifugiati politici». Alla fine del 2005 in Italia c’erano 20 mila rifugiati, 9.346 domande d’asilo e 4.654 persone accolte, secondo i dati Acnur (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati).
Un altro grave limite che abbiamo verso gli stranieri è rappresentato da come ci comportiamo con i minori. «I minori stranieri sono quasi 600 mila, un quinto della popolazione immigrata. Più della metà fanno ormai parte della “seconda generazione”. Ci chiediamo spesso come si integrano e se rispettano i nostri valori. Ma noi che cosa facciamo per integrarli? Fino a 18 anni non hanno nemmeno la cittadinanza».
Ogni anno ci sono100 mila minori in più in Italia e incidono per il 10% sulle nuove nascite. Gli iscritti a scuola figli di stranieri sono 425 mila e tra due anni supereranno abbondantemente il mezzo milione. Incidono per il 4,8% sulla popolazione scolastica nazionale e per il 6% su quella della scuola primaria. «E noi cosa facciamo per aiutarli? In Lombardia gli insegnanti dedicati a loro erano, l’anno scorso, 230 su circa 88 mila adulti stranieri, poco più di 1 ogni 400».