In «Educarsi al pensiero di Cristo», la Lettera che accompagnerà il cammino della Chiesa ambrosiana per i prossimi due anni, l’auspicio dell’Arcivescovo è che la fede diventi mentalità
di Pino NARDI
«Usciamo ad annunciare Gesù come fecero i primi. Percorriamo con umile franchezza e coraggio le vie del mondo, ricchi solo della quotidiana compagnia di Gesù e della sua Chiesa. Senza pretese, liberi dall’esito. Noi vogliamo solo amare e sentire come Cristo e pensare Lui attraverso tutte le circostanze e i rapporti della nostra esistenza per il bene nostro e di tutta la famiglia umana». È questa la preghiera-appello che il cardinale Scola pone in conclusione della nuova Lettera pastorale «Educarsi al pensiero di Cristo» che accompagnerà il cammino della Chiesa ambrosiana per i prossimi due anni. Una proposta esigente alla comunità cristiana andando alla radice della fede: Gesù Cristo. Uno stimolo a ripensare la propria vita alla luce del pensiero di Cristo, a riallacciare in maniera decisiva la dimensione della fede e la vita di tutti i giorni.
Il legame fede-vita
Il pilastro è proprio il legame fede-vita: «L’incontro con Gesù per il credente è la sorgente di un nuovo modo di pensare gli affetti, il lavoro, il riposo e la festa, l’educazione, il dolore, la vita e la morte, il male e la giustizia. Egli trova in Cristo il criterio per valutare ogni cosa approfondendo l’unità della propria persona». Una fede non intellettualistica o astratta: infatti «il pensiero di Cristo non è anzitutto un insieme di conoscenze intellettuali. È piuttosto una “mentalità”, un modo di sentire ed intendere la realtà che scaturisce dall’aver parte con Cristo». Dunque, «lasciarsi educare al pensiero di Cristo chiede di immedesimarsi con il pensare e il sentire di Cristo, con il suo modo di guardare e abbracciare la realtà. L’incontro con Cristo, pertanto, spalanca ad ogni altro incontro e rende capaci di affrontare ogni situazione secondo questa nuova mentalità che scaturisce da Lui. Gesù, infatti, non può in alcun modo essere confinato in un angolo privato della propria esistenza e nemmeno essere considerato come una realtà “in più”, da aggiungere ai numerosi doveri e interessi che ci impegnano».
Il cristiano è in cammino ogni giorno sapendo che «l’offerta della nostra vita in Cristo, con Cristo e per Cristo, non sia automatico. Per questo Paolo, con profondo realismo, ammonisce i cristiani che sono nel mondo a non conformarsi alla mentalità del mondo o a non lasciare che sia il “mondo” a conformarci al suo “schema”. Non ci si può conformare al mondo quando propone schemi distruttivi nei confronti delle singole persone, della famiglia umana e della stessa creazione».
L’Arcivescovo ripropone «i quattro pilastri fondamentali per l’edificazione della comunità ecclesiale: educarsi al pensiero di Cristo, la tensione a condividere gratuitamente con tutti i fratelli la propria esistenza perché abbiamo in comune Cristo stesso, la memoria eucaristica di Gesù e l’azione missionaria».
La dimensione culturale della fede
Fondamentale del rapporto fede e vita è in particolare la dimensione culturale della fede. «Tenendo conto dell’attuale tempo storico, ritengo urgente che nella nostra diocesi si approfondisca il tema del pensiero e dei sentimenti di Cristo. È necessario riscoprire la dimensione culturale della fede, per vincere l’estraneità tra la nostra pratica cristiana e il concreto quotidiano».
Una realtà che si traduce in un dialogo e in un confronto con ciascuno: «La dimensione culturale della fede – sottolinea l’Arcivescovo – spalanca i credenti all’universale confronto con tutti e con tutto. Il discepolo di Cristo è pronto ad imparare da chiunque e da ogni situazione. La potente espressione dell’Apostolo “vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono” dice con chiarezza cosa sia l’autentico “atteggiamento critico”: non sterile e spesso narcisistica opposizione, ma indefesso tentativo di cogliere il bene, ovunque e comunque si presenti, lasciando cadere ciò che non è tale».
Un compito affidato a ogni cristiano, non agli uomini di cultura in senso proprio: «Pensare la realtà secondo Cristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose ci rende protagonisti di un nuovo umanesimo. Rende qualunque cristiano un uomo di cultura. Ogni fedele contribuisce alla maturazione della comunità cristiana e alla promozione di vita buona per tutti. Valorizzando ogni cosa, in un incessante e critico paragone con il nostro tempo, il cristiano annuncia, con la sua stessa esistenza, il Vangelo di Gesù Cristo ad ogni uomo».
In ogni caso non si tratta di prevedere un elenco di nuove attività da proporre, quanto vivere con uno sguardo diverso quello che si fa: «Educarsi al pensiero di Cristo non consiste necessariamente nel proporre nuove iniziative, ma chiede anzitutto di rivedere quanto già stiamo vivendo nella nostra diocesi in modo che meglio esprima la dimensione culturale della fede ricevuta con il nostro battesimo. Nella società plurale che sempre più caratterizza la nostra metropoli, anche il cattolicesimo popolare tipico della nostra terra ambrosiana potrà diventare fecondo solo se la fede diventa mentalità stabile. In altri termini la fede è chiamata a diventare sempre più la forma della vita dei singoli e delle comunità cristiane».
Giubileo e Convegno di Firenze
La Lettera pastorale si inserisce nel solco della Chiesa universale e di quella italiana all’insegna del Giubileo della misericordia e del Convegno ecclesiale di Firenze. «La misericordia è il tratto principale del modo di pensare e di agire di Gesù. Il Santo Padre ha voluto che il motto di questo Anno Santo sia “Misericordiosi come il Padre” – sottolinea il Cardinale -. Il pensiero di Cristo ci aiuta anche a comprendere il nesso tra misericordia e giustizia: la giustizia è realtà decisiva per la vita sociale e la relazione tra gli uomini».
L’Arcivescovo sollecita un percorso di riforma nella Chiesa sempre più urgente. A partire da diversi ambiti. Più volte Scola ha posto l’accento sul ruolo centrale della famiglia nella Chiesa e nella società, come protagonista e non oggetto di attenzione.
Il ruolo centrale della famiglia
«La famiglia è il soggetto primario dell’educazione al pensiero di Cristo e la più comune attuazione della vocazione e missione dei fedeli laici nella Chiesa. Ogni riforma della Chiesa sarebbe vana se prescindesse dalla centralità del matrimonio e della famiglia. L’attenzione che la Chiesa, anche andando contro corrente, ha riservato e sta riservando alla vocazione e alla missione della famiglia ne sono chiara testimonianza».
Inoltre è decisivo il ruolo di sacerdoti e religiosi. «La riforma del clero ha bisogno che i ministri ordinati, immersi nella vita reale del popolo di Dio, siano ben radicati nella comune appartenenza al presbiterio. Il nostro presbiterio è chiamato ad intensificare esercizi di comunione e a porre in atto processi di rinnovamento nella pratica del ministero».
Centrale è anche l’impegno del laicato con le diverse sensibilità nella prospettiva della pluriformità nell’unità: «Ogni fedele deve poter riconoscersi pienamente con la propria fisionomia personale e comunitaria nella Chiesa ambrosiana, per dare il suo contributo peculiare alla crescita del pensiero di Cristo. E questo a beneficio di tutti». Non mancano le sottolineature sull’importanza della liturgia e della catechesi.
Il linguaggio della carità
Grande patrimonio della Chiesa ambrosiana è «l’impegno nelle opere di carità e negli ambiti in cui l’uomo si trova a fare i conti con la sofferenza, con il dolore e con la morte». «Dobbiamo ringraziare il Signore perché nella nostra diocesi l’impegno per la carità è veramente ampio e fortemente qualificato. Le realtà promosse dalla Caritas, come anche le numerose opere ed istituzioni realizzate da istituti di vita consacrata e da aggregazioni ecclesiali, è ammirevole e riconosciuta da tutti. Il linguaggio della carità è senza dubbio quello che ogni uomo e ogni donna comprende immediatamente, qualunque sia il suo orientamento di vita».
L’impegno sociale e politico
Una presenza significativa da irrobustire ulteriormente è il ruolo dei centri culturali, delle Sale della comunità, dei media e delle scuole di ispirazione cristiana. Ma anche la dimensione politica rimane al centro dell’iniziativa dei cattolici: è necessario «favorire un impegno fattivo, anche a livello sociale e politico, all’interno della nostra società plurale. Il nostro obiettivo non è in nessun modo quello di cercare l’egemonia. Ci interessa conoscere e testimoniare la sapienza nuova che viene da Cristo ed offrire all’uomo contemporaneo il nostro contributo per edificare la vita buona di tutti, consapevoli del bene che è l’essere insieme in una società in cui convivono persone portatrici di cosmovisioni diverse».