Redazione
Il problema per la sposa è come collocarsi rispetto all’ordinazione del proprio marito. Il cammino verso il diaconato, come quello verso ogni sacramento, suppone una conversione. Ora la conversione dona una nuova immagine di sé e di Dio. Ènecessario allora costruire un nuovo equilibrio che rispetti e dilati l’amore sponsale. Quando il vescovo domanda alla moglie se accetta l’ordinazione del marito e le sue conseguenze nella vita familiare, spesso la sposa intende il sì che dice come un nuovo sì coniugale al suo sposo.
Ma non è questo il senso del consenso che pronuncia: si tratta di una risposta al vescovo. Vi è, da parte della sposa, un dono del marito a Cristo, per il servizio della chiesa. Si tratta di una pubblica manifestazione di come questa ordinazione sia una grazia per loro e per i loro figli. Se la Chiesa pone la questione al momento del Rito di ammissione del candidato al diaconato, è perché tale consenso è preliminare all’ordinazione: non si tratta di un fatto puramente formale, ma di una profonda e mutua reciprocità tra stato di vita e ordinazione che impegna il diacono con la sua sposa a una vocazione che sarà definitivamente consacrata con l’ordinazione, affermandola pubblicamente e solennemente nella chiesa e davanti alla comunità intera.
L’esperienza permette di affermare che il Cristo dona alle famiglie dei diaconi una comunione coniugale più grande, e una vita nella grazia più profonda; ma questa comincia con un dono di sé.
Il nuovo posto della sposa nella chiesa lo troverà gradualmente, sotto forme svariate, poiché, unita dal sacramento del matrimonio al proprio marito, la moglie porta con lui qualcosa della visibilità pubblica del diaconato: èsposa del diacono. Già Paolo invitava a verificare che anche la sposa del diacono fosse «degna».
Bisogna allora accogliere l’ordinazione come un dono fatto alla coppia, per il servizio a Dio, e come un arricchimento per la costruzione della propria comunione. Nella fede, gli sposi intravedono come, in una situazione nuova, la differenza dei carismi loro propri, di ordinato e di battezzata, possono essere messi al servizio dell’unità coniugale e della chiesa (cf. 1Cor 12).
Pertanto, come non ci sono due coppie simili, non c’è un modello unico di convivenza per il diacono. Ciascuna coppia deve trovare la sua missione e il suo equilibrio nel piano di Dio. Questa ricerca, in una costante scoperta, è un’azione libera nella grazia, che dovrà tener conto dell’evoluzione spirituale di ciascuno dei membri della coppia e della famiglia, lo stile personale di ciascuno degli sposi, la vocazione del marito all’interno del sacramento dell’ordine.