Redazione

di Dionigi Tettamanzi
Arcivescovo di Milano

Carissimi,
quest’anno la Giornata diocesana di Avvenire assume per noi un rilievo particolare.

Nel cammino pastorale e missionario della nostra Chiesa, siamo impegnati a riscoprire e a vivere il nostro essere «sale della terra» e «luce del mondo». E questo nella concretezza di ogni giorno, mediante la coerenza della vita e attraverso una presenza responsabile nella società e nei suoi ambienti, condividendo, da cristiani, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne di oggi e contribuendo a realizzare il bene comune.

In questo impegno, Avvenire ci è di grande aiuto, perché si presenta come uno strumento prezioso per leggere e interpretare in modo corretto e senza indebiti silenzi gli eventi della nostra storia.

Grazie al suo stile informativo libero, Avvenire ci propone una lettura approfondita degli eventi, che ci permette di cogliere il loro significato autentico, andando oltre le semplici sensazioni che nascono da una superficiale descrizione dei fatti.

Nello stesso tempo, è un quotidiano che allarga i nostri orizzonti, informandoci su scenari internazionali molto spesso dimenticati dagli altri media, dando voce anche a chi è vittima della povertà o dell’ingiustizia, portando alla luce la testimonianza di chi spende la propria vita ogni giorno e offre così motivi di speranza al nostro mondo che ne ha bisogno immenso.

Avvenire ci è di valido aiuto soprattutto perché – in un contesto culturale spesso impermeabile e contrario, se non addirittura ostile al Vangelo – accetta e vive la sfida di promuovere una “cultura secondo il Vangelo” e, proprio per questo, secondo la verità intera e la dignità piena dell’uomo.

Il “nostro” è un giornale che, gelosamente fedele alla sua ispirazione cristiana, non teme di affrontare in profondità le questioni oggi dibattute e che cerca di raggiungere la cultura oggi dominante e di trasformala con la potenza, debole e disarmata, del Vangelo, contribuendo a far superare la frattura tuttora esistente tra il Vangelo stesso e la cultura.

Quest’ultimo anno, poi, Avvenire è stato per noi valido compagno di viaggio nel vivere alcuni significativi avvenimenti.

Penso alle pagine delicate e commosse sugli ultimi giorni di vita di Giovanni Paolo II e sui giorni di lutto per la sua morte, come a quelle festose per la nomina di Benedetto XVI.

Mi riferisco agli approfondimenti in occasione dell’acceso dibattito sulla procreazione medicalmente assistita e agli inserti che ancora oggi ci stimolano a rimanere sempre informati e vigili su un tema centrale e decisivo come è quello della vita dell’uomo.

Alludo alle pagine che puntualmente ci hanno informato sulla Giornata Mondiale della Gioventù, facendoci percepire la freschezza e l’entusiasmo della fede che tanti giovani, anche della nostra Diocesi, hanno vissuto a Colonia.

Per tutto questo sentiamo il bisogno di esprimere la nostra convinta riconoscenza a tutti gli operatori di Avvenire.

Da questa riconoscenza deve derivare l’impegno concreto per promuovere e diffondere il “nostro” quotidiano cattolico.

Invito, allora, le nostre comunità a sostenere con forza Avvenire, facendo in modo che lo leggano i laici impegnati, i diversi operatori pastorali e, in particolare, coloro che nelle parrocchie hanno incarichi educativi.

Non trascuriamo neppure di farlo conoscere e di diffonderlo nei diversi ambienti che frequentiamo e tra le persone che incontriamo, qualunque sia la loro provenienza e il loro modo di pensare. Anche questo è un modo, semplice ma concreto, per testimoniare i valori del Regno di Dio. E potremo anche offrire a tanti la possibilità di conoscere meglio gli interventi della Chiesa e di comprendere più adeguatamente il senso della sua presenza nella vita del nostro Paese, per il bene dell’uomo e della società.

Resi da Cristo «sale della terra» e «luce del mondo», siamo chiamati ad esserlo, con una presenza davvero originale e “alternativa”, in tutti gli ambiti della storia e, dunque, anche nel particolare “areopago” delle comunicazioni sociali. Si tratta di un ambiente quanto mai variegato, complesso e difficile, per il quale occorrono persone preparate che lo sappiano abitare con intelligenza, con competenza, con professionalità e non senza qualche dose di evangelica scaltrezza.

E’ sempre più urgente che le nostre comunità parrocchiali e le diverse realtà ecclesiali sappiano investire persone e risorse anche in questo ambito. Mi aspetto, quindi, che favoriscano la formazione di operatori della comunicazione e della cultura, accogliendo le proposte di “porta-parola” e facendo tesoro delle iniziative promosse dal nostro Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali.

E’ questa una “sfida” da accogliere con coraggio e con fiducia. Nella certezza che poter usufruire del contributo di laici adeguatamente preparati in questo campo permetterà alla nostra azione pastorale di essere più profondamente incarnata nella concretezza delle vicende vissute dalla nostra gente e farà crescere un più attivo e fecondo “protagonismo” dei cristiani nel costruire una nuova cultura mediale.

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