Nella parrocchia della Beata Vergine Assunta un centinaio di persone pronte a collaborare per ripetere l’esperienza d’accoglienza già promossa lo scorso anno con la Casa della Carità, «che ha fatto più bene a noi che ai migranti», spiega il parroco don Paolo Selmi
di Cristina CONTI
Accogliere i profughi in arrivo, dare loro assistenza sanitaria e burocratica, cibo e soprattutto conforto: come già nell’estate del 2015, anche quest’anno la parrocchia della Beata Vergine Assunta a Bruzzano (Mi) si renderà disponibile a ospitare migranti. «L’iniziativa è nata in collaborazione con la Casa della Carità, in seguito alle sollecitazioni del cardinale Scola e di papa Francesco – spiega il parroco, don Paolo Selmi -. Abbiamo manifestato la volontà di ripetere l’esperienza dello scorso anno e abbiamo chiesto alla gente del quartiere se voleva collaborare. All’incontro iniziale del 31 maggio hanno partecipato una novantina di persone e un’altra ventina si sono rese disponibili».
Rispetto all’anno scorso, però, la situazione è parzialmente cambiata: infatti, se nell’estate del 2015 erano transitati da Milano soprattutto numerosi siriani diretti verso il nord dell’Europa, adesso molti chiedono asilo politico qui. «Per il momento stiamo raccogliendo le disponibilità e cerchiamo di capire come accogliere al meglio la gente. Perché quando c’è una domanda d’asilo, la permanenza non è di due o tre giorni, ma anche di sette, otto o dieci», precisa don Selmi. Nella parrocchia verrà realizzato un centro di prima accoglienza, in attesa che la Prefettura dia una nuova sistemazione.
Nel 2015, nell’arco di 39 giorni complessivi, sono arrivate 351 persone: un buon gruppo di siriani ed eritrei, che si sono trattenuti dai due ai cinque giorni per riprendersi e rifocillarsi prima di ripartire verso Nord, e poi nigeriani, pakistani e togolesi, richiedenti asilo e perciò rimasti tra i 10 e i 15 giorni. Ad accoglierli sono stati 140 volontari, di ogni età: dai più piccoli, che giocavano insieme ai bambini stranieri, agli anziani, che si occupavano del guardaroba, della pulizia o che semplicemente facevano compagnia a chi era arrivato da solo. Corsi di italiano, momenti di incontro e di relazione, visite mediche e aiuto nel disbrigo delle pratiche burocratiche: questi gli interventi principali di cui i migranti hanno potuto beneficiare lo scorso anno. «L’aspetto positivo è stato il contesto accogliente che si è creato e che ha fatto sentire queste persone a casa», sottolinea don Selmi. Pediatri e infermieri hanno dato una mano come volontari a medicare e curare gratuitamente malati e feriti. La Casa della Carità ha gestito i rapporti col Comune e la Prefettura, mentre Milano Ristorazione si è occupata di colazioni, pranzi e cene. «È stata un’esperienza molto bella, che ha fatto quasi più bene a noi che a loro. Ci ha reso partecipi della loro vita, non più indifferenti», racconta don Selmi. Anche la partecipazione è stata molto buona, con persone che si aggiungevano continuamente, dopo aver letto i giornali o visto gli sbarchi in tv, anche solo per portare cibo o un’offerta.
Lo stimolo si è poi mantenuto tutto l’anno. Il gruppo cultura della parrocchia ha infatti organizzato incontri per capire meglio il fenomeno migratorio. Dopo gli attentati di Parigi si è svolta una “Fiaccolata di stima reciproca” con le famiglie musulmane del quartiere, per dare loro un segnale forte e creare un clima di solidarietà e integrazione. È cresciuta anche l’attenzione verso i poveri vicini e si sono realizzate numerose iniziative di scambio e di incontro dedicate a questi temi.