Il Cardinale ha presieduto la Celebrazione eucaristica nel Santuario San Pietro Martire, in occasione della domenica della Festa di Calendimaggio, e ha inaugurato ufficialmente il Centro Pastorale
di Annamaria BRACCINI
La processione che muove dal Centro pastorale di Seveso e, attraversando per un breve tratto la fiera popolare di Calendimaggio, arriva sul sagrato del Santuario con la storica banda “La Cittadina” di San Pietro Martire che accompagna l’Arcivescovo. I Dodici Kyrie, tradizionali delle solennità ambrosiane e il globo sopra l’altare cui il Cardinale dà fuoco quale simbolo del martirio, aprono la Celebrazione, nel giorno in cui da secoli a Seveso, la prima domenica e lunedì di maggio, tra sacro e profano, si ricorda san Pietro Martire. Il predicatore domenicano, ucciso proprio nell’allora foresta di Seveso, il 6 aprile 1253 da Pietro Carino da Balsamo, che pentitosi, morì in odore di santità ed è oggi beato. Ricorda tutto questo don Alberto Lolli, responsabile del Centro Pastorale che si inaugura ufficialmente dopo la Celebrazione. «Sono quasi otto secoli che in questo luogo raccogliamo la preghiera della terra bagnata dal sangue di un martire che ci soccorre nella comprensione del mistero del bene e del male e nel dramma dell’esistere», dice. «Qui, non solo la vita di un santo ha incrociato quella di un brigante ma l’ha contagiata. È una grande lezione, una grande sorpresa di Dio: santi e briganti insieme nella certezza che anche noi tutti abbiamo l’unico nome di figli di Dio e un unico destino, la santità».
Nel Santuario gremitissimo di fedeli, dove si conserva il famoso “falcastro”, utilizzato per martirizzare san Pietro, il primo pensiero del Cardinale è appunto per il significato del martirio, «più che mai oggi a partire dalla tragica esperienza di tanti nostri fratelli in molte parti del mondo, di fronte a un dare la vita che ci interpella in profondità».
Ma se «è, certo, commovente sapere che da secoli in questi giorni si venera il Santo, occorre tuttavia, inserire questo gesto, «segno del popolo di Dio che noi siamo», in un più ampio orizzonte di significato, suggerisce l’Arcivescovo.
Le parole del Canto allo Spezzare del pane – “Gridate martiri la vostra gioia, all’uomo senza strada, portate speranza”, citate dall’Arcivescovo, sono come la sintesi di ciò che indica e insegna il martirio.
«La situazione dell’umanità, soprattutto in questa travagliata fase di passaggio al nuovo millennio, in modo particolare della nostra Europa, è un essere senza strada, nella tensione che talvolta si trasforma in paura e depressione, talaltra in deliri di onnipotenza».
Insomma un cammino, il nostro odierno, costituito da tanti sentieri interrotti dove la strada finisce. «San Pietro e i martiri di oggi – che sono numerosissimi tra i cristiani –, ci aiutino a trovare la strada sicura nel bosco della vita attraverso la via definita da una sola parola, amore come forza del mondo».
«Ognuno di noi è immerso nel sentiero dell’amore, ma quante volte esso si interrompe. È sconcertante sentire parlare le nostre ragazzine di tutto ciò che attiene alla dimensione soprattutto sessuale dell’amore; che dire, poi, di scelte legislative passate sotto silenzio, come il divorzio breve; Dio non voglia che si vada avanti con i contratti di matrimonio a tempo determinato», scandisce Scola che prosegue: «Sparisce, così, l’idea che il matrimonio e la famiglia sono vocazioni, dove donne e uomini sono invitati a percorre tutte le strade nell’alveo sicuro del matrimonio cristiano aperto alla vita e vissuto nella fedeltà. Quale livello di consapevolezza abbiamo che il rapporto d’amore tra il Padre e il Figlio incarnato propiziato dallo Spirito, sia l’orizzonte entro il quale il nostro quotidiano si muove?».
È da questo interrogativo che nasce, infatti, a necessità di un’autentica consapevolezza di un rapporto fondativo con Dio e Gesù, capace di incidere sulla devozione e di connettersi al nostro modo di vivere giornaliero. «La fede semplice che l’Arcivescovo tocca sempre con mano nelle sue visite è il punto da cui deve rinascere anche la Chiesa nelle nostre terre ambrosiane. In questo senso il Centro pastorale è uno strumento e chiedo a tutti che sia usato, frequentato. Possiamo avere uno strumento stupendo come questo, ma se il soggetto non lo trasforma in occasione di fede quotidiana e di conversione, a cosa servirà?. Vinciamo almeno la distrazione, facciamo offerta della nostra vita al Signore, troviamo la strada dell’amore, ricordiamoci che si cambia se si cambia subito e non si rimanda al domani la conversione».
Poi, dopo la benedizione della Trinità «che ci ricorda che noi viviamo in essa è per essa», la breve cerimonia di inaugurazione del Centro.
«La formazione, come diceva Maritain, è difficile “perché l’educazione non è un fatto di educazione, ma di esperienza”», sottolinea subito il Cardinale, «per questo un Centro di formazione deve essere insieme comunicato, ascoltato e riflettuto in modo da diventare uno stile di vita, un costume, un comportamento. La pietà popolare è una bellissima forma di costume, ma è venuto il tempo in cui il riferimento alla sola tradizione non basta più. Un Centro pastorale è lo spazio dove ci si fa carico dello stile di vita che nasce dall’incontro con Cristo».
Insomma, quel luogo di vita che a Seveso è già in essere con la presenza della sede del Servizio per Pastorale Giovanile, con l’animazione di mostre e di teatro come è accaduto in questi giorni.
Il Vescovo ausiliare e Vicario episcopale di Settore, monsignor Pierantonio Tremolada, aggiunge: «Ci poniamo in continuità con quello che è stato vissuto in questo luogo nel passato. Guardando avanti, vorremmo che Seveso diventasse una specie di motore per la formazione non tanto dei presbiteri (gli spazi del Centro Pastorale sono quelli del Seminario, mentre ora tutte le classi teologiche di chi si prepara al sacerdozio sono state trasferite a Vengono), ma di coloro che nella Chiesa si assumono diversi compiti, basti pensare alle differenti figure delle Comunità educanti, dai catechisti, agli allenatori, dai religiosi a chi fa parte dei Consigli pastorali».
Non a caso, la struttura – spiega ancora monsignor Tremolada – è idealmente collegata a un Ente che già si sta occupando della formazione di chi in Diocesi ha deciso di spendersi per la vita della Chiesa. Unitamente al Centro milanese di via Sant’Antonio, Seveso costituirà, infatti, un polo magnetico, attivo, in rapporto con tanti altri spazi in Diocesi e con i settori della Curia.
«Viviamo in un contesto social dove chiunque si sente in grado di giudicare qualsiasi cosa, mentre noi vogliamo dire che quando si tratta di amore non ci si può mai sentire “arrivati”. Raccogliendo l’eredità di un Seminario, e aprendosi al tema del laicato, il Centro sarà un luogo di giovinezza. Come sede della formazione permanente del Clero e della Pastorale giovanile, la giovinezza diventerà, qui, esemplare per tutti. E allora non ci sarà solo offerta di servizi, ma di una via esperienziale continua», evidenzia don Alberto Lolli, che richiama la realtà della Comunità degli otto sacerdoti che a Seveso già vivono insieme e la speranza di far risplendere una Comunità seminaristica liceale come convitto formativo».
Infine, dopo la benedizione e prima della festa conviviale dei tantissimi presenti, il Cardinale si reca velocemente nelle aule che ospitano alcune belle mostre quali “La Luce splende nelle tenebre. La testimonianza della Chiesa ortodossa negli anni della persecuzione sovietica”; la rassegna di icone, frutto del lavoro della Scuola di Seriate; l’istallazione per ricordare il martirio quotidiano di emarginati e reietti e l’esposizione fotografica e a pannelli, “Dalla mia vita alla vostra” dedicata a don Giussani.