Redazione
Strumento aggregativo ed educativo, se viene affidato ad animatori competenti e motivati,
può rappresentare un’esperienza significativa nella formazione di un individuo
di don Massimiliano Sabbadini
Responsabile del Servizio diocesano per i ragazzi e l’oratorio
Direttore della Fondazione Oratori Milanesi
Presidente del Forum Oratori Italiani
Lo sport in oratorio non può mancare, perché mette in scena situazioni di vita: quando si è tristi per una sconfitta, quando si è euforici per una vittoria, quando si è tentati di vincere imbrogliando… Èuna miniatura della vita sulla quale si può intervenire insieme a coloro che si educano. L’oratorio, dunque, crede nello sport per la sua capacità educativa di rappresentare la vita.
Lo sport in oratorio rimane poi un’efficace opportunità di aggregazione delle persone. Oggi non basta dire «facciamo qualcosa» perché i ragazzi si trovino volentieri insieme. Ma dove c’è una buona proposta sportiva, la gente ci sta. Un’attività sportiva ben condotta consente in oratorio l’attivarsi di relazioni educative significative e durature.
Non basta, però, dire oratorio e non basta dire sport. Ci vuole chi interpreta lo sport: chi fa e fa fare lo sport in oratorio, animatori ed educatori, a partire dagli allenatori. I Salesiani dicono “alleducatori”: un neologismo efficace che racchiude tutta l’avventura dell’educazione attraverso lo sport. Ci saranno dunque attività sportive significative dove ci sono uomini e donne che sanno usare lo “strumento” sport: uno sport che celebra la vita delle persone che lo fanno. Uno sport che mette al centro ogni persona e le persone nel loro insieme. Così lo sport diventa significativo in oratorio, così lo sport vale le molte energie che chiede di spendere.
Ma chi sono gli “alleducatori”? Persone normali: non c’è bisogno di lasciare a casa i difetti, ma bisogna riconoscerli. Persone semplici: non perché sanno poco, ma perché qualche sintesi della vita l’hanno fatta e sanno dire qualche “sì” e qualche “no”. Sanno essere concreti, cioè coerenti con le scelte fatte, per cui al “sì” e al “no” corrisponde una vita concreta, che fa ciò che dice. Da questo punto di vista gli allenatori sono favoriti rispetto ai catechisti che, trasmettendo la Parola, devono sempre dire parole più grandi di loro; un buon allenatore, invece, deve dire più o meno quello che sa fare e fare ciò che dice, senza parole più grandi di lui.
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