Nella basilica di Sant’Ambrogio, il vicario generale, monsignor Mario Delpini ha presieduto la Celebrazione in cui tre giovani donne hanno professato per sempre i Consigli evangelici davanti alla Comunità diocesana
di Annamaria BRACCINI
La Professione religiosa dei Voti perpetui di tre giovani donne, nella Celebrazione presieduta dal vicario generale, monsignor Mario Delpini, esprime per intero il senso, tangibile, di un donarsi per sempre che se è una “via stretta” – certo oggi assai difficile e poco di moda – è comunque una via ricca di grazia e di speranza per l’intera società.
Lo scandisce forte e chiaro monsignor Delpini, nella basilica di Sant’Ambrogio, di fronte ai tanti fedeli, amici, parenti e consorelle delle famiglie religiose di appartenenza delle candidate: Alice Sacco, delle Suore Missionarie di Gesù Redentore, Serena Viapiana, delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, Mule Anastascia Mwilaki, originaria del Kenya, delle Ancelle di San Giuseppe. Religiose impegnate nella pastorale caritativa accanto ad ammalati, a giovani e adulti in difficoltà. Semplici operaie in quella “vigna del Signore” dove trovano spazio anche gli alberi che «crescono qua e là», come l’acacia, spiega il Vicario generale, cui sono accanto due vescovi, il vicario episcopale per la Vita Consacrata Femminile, monsignor Luigi Stucchi e monsignor Vincenzo di Mauro e altri 12 sacerdoti concelebranti.
«Non mi dispiace questa immagine dell’acacia per la vita consacrata», dice, infatti Delpini, in riferimento al brano evangelico di Luca al capitolo 6, appena proclamato.
«Quest’albero straniero che si è naturalizzato nella nostra terra, senza pretendere serre rassicuranti e cure speciali, che si adatta a ogni terreno e che si moltiplica senza farsi pubblicità, quest’albero lungo e magro, di legno poco pregiato, fiorisce nella tarda primavera ed effonde il suo profumo gradevole dappertutto. Così la vita consacrata è una grazia per la Chiesa perché crea un’aria di primavera, un soave odore, un “clima spirituale” che rende piacevole abitare la Chiesa, entrare in una comunità. È tempo di apprezzare l’arte di diffondere un profumo di primavera».
Insomma, per usare sempre le parole del Vicario generale, quell’«aria lieta» che, invece, talvolta manca pur se si lavora tanto e bene, come testimonia l’impegno in Diocesi di migliaia di religiose.
«Ciò che si apprezza, quindi, non è solo il profumo di primavera, ma anche il bene che il fiore rende possibile agli altri: forse si potrebbe dire che l’acacia non produce un suo frutto, ma crea le condizioni perché altri producano frutto. La consacrazione definitiva attraverso i voti perpetui è la grazia e la decisione di costruire una vita che resista alle tempeste e ai terremoti: il segreto della resistenza è nell’affidabilità delle fondamenta. Le fondamenta sono la relazione con il Signore e l’appartenenza all’Istituto. Come dire che noi possiamo resistere perché viviamo una comunione. Non siamo consacrati per imprese solitarie, per conseguire risultati che gratifichino ambizioni e amor proprio, ma per contribuire a produrre il dolcissimo frutto che è l’opera di Dio», conclude monsignor Delpini,
Poi, i momenti intensi del “Sì lo voglio” delle Candidate, prostrate a terra durante il successivo canto delle Litanie dei Santi, della Professione perpetua dei Consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, con la preghiera di Consacrazione e la consegna dei simboli di appartenenza totale al Signore, pur nella specificità delle proprie Congregazioni. Per le ormai consacrate Mule Anastascia e suor Serena, il crocifisso emblema della sequela e per la neoprofessa delle Suore Missionarie di Gesù Redentore, l’anello, segno delle mistiche nozze con Cristo.