Un piccolo paese a sud di Milano, quello dove l’Arcivescovo celebrerà la messa domenica. Il parroco don Stefano Rho: «I nostri abitanti lavorano in città e tornano a casa solo per dormire: dobbiamo impegnarci per rafforzare il senso della comunità»
di Cristina CONTI
Domenica 14 aprile, alle 11, il cardinale Angelo Scola celebrerà la Messa nella parrocchia di Sant’Ambrogio e Santa Maria di tutti i Santi a Bubbiano (Milano). Un territorio a sud della metropoli, in continua espansione e abitato soprattutto da giovani famiglie: uomini e donne che si recano ogni mattina a Milano per lavorare. Quali sono i problemi e le sfide che questa comunità deve affrontare? L’abbiamo chiesto al parroco don Stefano Rho.
Quali sono le caratteristiche della vostra zona?
È un’area abbastanza eterogenea. Siamo a poca distanza da Abbiategrasso, ormai diventata una vera e propria città. La nostra parrocchia comprende due Comuni, uno di 1.000 abitanti e uno di poco più di 2.000: realtà molto piccole, dunque. Vi abitano in prevalenza famiglie e giovani coppie allontanatesi dalla città perché il prezzo delle case è troppo alto o perché la vita è troppo frenetica. Inoltre c’è molta immigrazione, sia dai paesi vicini costituitisi di recente (come Corsico e Rozzano), sia da Milano. Pochi, invece, gli anziani: sono soprattutto persone che vivono qui da tempo, che hanno trascorso in questi paesi tutta la loro vita.
Crisi economica: da voi si sente molto? Quali iniziative avete per affrontarla?
Si sente sicuramente. L’impressione è che incida in maniera abbastanza consistente sulle famiglie. Nel nostro territorio non ci sono grosse realtà lavorative, gli abitanti si spostano in prevalenza a Milano per lavorare, quindi non possiamo toccare con mano quante realtà abbiano effettivamente chiuso i battenti. Negli ultimi mesi, però, sono emerse molte nuove richieste di aiuto da parte di uomini e donne che hanno perso il lavoro, si trovano in cassa integrazione o sono precari a cui non è stato rinnovato il contratto: in parrocchia la Caritas sta iniziando la sua attività proprio per questo motivo. È importante che la comunità cristiana apra gli occhi su questi problemi e che si attivi con servizi specifici per dare risposte concrete ai bisogni della popolazione. E proprio per aiutare quanti si trovano in difficoltà, abbiamo dedicato il gesto quaresimale di quest’anno al Fondo Famiglia Lavoro della diocesi.
Immigrazione straniera: a che punto siamo?
Gli immigrati sono molto meno che in città. Si possono incrociare alcune famiglie straniere perché i loro figli frequentano la scuola materna parrocchiale, l’unica della zona. Ci sono anche musulmani. I più presenti sono arabi, rumeni e gruppi provenienti dalle Repubbliche ex sovietiche, tutti ben integrati nella comunità.
Quali, secondo lei, le sfide per il prossimo futuro?
La sfida più grande è sicuramente quella di aggregare le diverse famiglie che abitano sul territorio. Come dicevo, infatti, la vita di queste persone si svolge in prevalenza in città: lì lavorano e passano la maggior parte del tempo. Tornano a casa per lo più per dormire. Riuscire a stare insieme, condividere momenti comuni, realizzare iniziative, creare momenti di incontro a cui un po’ tutti possano partecipare, imparare a conoscersi: obiettivi importanti da raggiungere per rafforzare la comunità sia sotto il profilo religioso, sia sotto quello civile. Un orizzonte su cui dobbiamo lavorare molto in futuro.




Abbonati on line. Oppure chiedilo in parrocchia e nelle nostre librerie


