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La comunità cristiana attraverso l’oratorio accompagna, integra, sostiene la missione educativa che i genitori già svolgono in famiglia e ai quali viene riconosciuto il primato, sia in ordine alla vita che alla fede.

di Luisa Bove

Gli oratori sono tra i primi a sentirsi interpellati di fronte al nuovo impegno missionario nei confronti della famiglia. Molto infatti si può fare per sostenere i genitori e aiutare i ragazzi. Ne parla don Massimiliano Sabbadini, direttore della Fom e responsabile del Servizio per i ragazzi e l’oratorio.

Nel nuovo Percorso pastorale si parla molto dell’importanza della relazione. L’oratorio è uno dei luoghi di incontro più vitali della parrocchia. Quale impegno, alla luce delle parole dell’Arcivescovo, deve venire dagli oratori della diocesi?
Gli oratori devono diventare ciò che già sono, cioè non solo luogo di incontro, ma vera e propria comunità, là dove le persone si incontrano in ragione della missione educativa. In oratorio ci sono relazioni improntate innanzitutto da parte di figure educative (catechisti, educatori, allenatori, animatori), persone che intenzionalmente si prendono carico dell’incontro con ragazzi, adolescenti, bambini e con le loro famiglie. La precisa intenzione educativa fa dell’oratorio una comunità densa di relazioni, si può dire che tutto ciò che all’oratorio si fa (gioco, sport, catechesi, feste, teatro…) diventa un ambito in cui le persone possono incontrarsi e creare relazioni che siano gratuite, continuative (perché durano nel tempo) e non unilaterali. Nel senso che l’oratorio è forse uno dei pochi luoghi in cui i ragazzi non sono solo oggetto di cura, ma anche soggetti attivi, partecipi, che hanno qualcosa di dire e da dare nelle relazioni che intrattengono.

Sacerdoti, educatori e animatori sono impegnati in prima persona nell’educazione dei ragazzi collaborando con le famiglie. Un ruolo che nel prossimo triennio vedrà tutti impegnati con maggior slancio e coraggio…
La famiglia è costitutiva dell’essenza stessa dell’oratorio, la comunità cristiana attraverso l’oratorio accompagna, integra, sostiene la missione educativa che già si svolge in famiglia, riconoscendo ai genitori il primato, sia in ordine alla vita che alla fede. L’oratorio non è semplicemente la riproduzione della vita familiare e non può che porsi in dialogo ed essere un arricchimento di ciò che avviene all’interno della famiglia. Questo vale come principio, poi tutti (sacerdoti, educatori e animatori…) possono lamentare le non poche fatiche di questo rapporto tra oratorio e genitori, molto articolato ma che non va generalizzato.

In che senso?
Nel senso che non va ridotto a luoghi comuni, ad esempio che i genitori non si fanno mai vedere. Dipende. Ci sono alcuni genitori molto partecipi alla vita dell’oratorio e spesso sono i primi responsabili, animatori ed educatori; ce ne sono altri semplicemente indifferenti e che andrebbero coinvolti, a cominciare da ciò su cui sono più disposti a spendersi per la vita dei ragazzi; infine, non dimentichiamolo, ci sono genitori, uomini e donne, che portano dentro i sé gravi ferite, nella relazione di coppia, nella propria psiche, nella propria situazione fisica, morale o spirituale. Si tratta in questi casi di persone da soccorrere e l’oratorio può fare qualcosa, anche se non può fare tutto.

Molte famiglie vivono per diversi motivi situazioni di disagio e difficoltà, tra queste vanno ricordate anche quelle straniere. Gli oratori sono spesso, dopo la scuola, il primo luogo di condivisione e buona convivenza…
Innanzitutto che gli oratori ci sono, sono riconoscibili e non sono un circolo privato, non hanno steccati o barriere, anzi, tendenzialmente sono accoglienti e invitanti, fanno sapere di avere le porte aperte. E poi sono sul territorio, là dove si giocano le vicende di molte famiglie, anche di quelle straniere, spesso disorientate e bisognose di punti di riferimento. Il fatto di trovare in oratorio gli genitori già incontrati a scuola e che sanno condurre pazientemente l’integrazione è senz’altro un aiuto.

Qual è il segreto del vostro successo con chi viene da Paesi lontani?
C’è da dire che l’oratorio è fatto dai ragazzi, i protagonisti sono loro e sappiamo che nei confronti di chi proviene da altre esperienze culturali, linguistiche, etniche o addirittura religiose non hanno difficoltà, non vedono la distinzione prima della comunione. Da questo punto di vista l’oratorio ha moltissime chances, a cominciare dalla capacità dei ragazzi a stabilire relazioni con tutti. L’oratorio aiuta gli stranieri anche ad uscire dall’anonimato, perché non esiste lo “straniero”, ma esiste la persona, che ha un determinato nome, che abita in un determinata casa… L’oratorio riesce a dare identità anche a chi si trova un po’ smarrito.

Su quali occasioni di incontro insiste maggiormente l’Arcivescovo?
Sia nel Percorso pastorale che nel messaggio che l’Arcivescovo scrive tutti gli anni per la festa di apertura degli oratori il cardinal Tettamanzi ribadisce che l’oratorio è uno dei soggetti più coinvolti nel cammino di missionarietà in ascolto delle famiglie e del Vangelo. Lo fa a partire da momenti “corali” come la festa patronale o la festa dell’oratorio, ma anche attraverso le “domeniche insieme”, una consuetudine che va diffondendosi sempre di più. Una domenica al mese quasi sempre è dedicata all’incontro tra genitori e figli di una certa fascia di età: la domenica dei preadolescenti, delle elementari, dei bambini dell’asilo… e quelle che la fantasia di ciascuno saprà inventare.

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