Redazione

Una icona evangelica accompagnerà, quasi sfondo luminoso, il Percorso pastorale in tutto il suo triennio. È la pagina del vangelo di Giovanni che narra le nozze di Cana (Gv 2,1-11), una pagina che aiuta a leggere in maniera sapienziale, semplice e toccante, l’esperienza dell’amore umano tra due sposi che, dando inizio a una nuova famiglia, diventano un segno della gloria del Figlio di Dio in mezzo a noi. Il succo di questa pagina è quello di mostrare che nell’amore dell’uomo e della donna risplende la pienezza del dono definitivo che Gesù fa di se stesso. Egli offre il vino buono in abbondanza, segno della possibilità dell’esperienza dell’amore non limitata e ristretta alla sola legge ma aperta, forte, capace di sfidare il tempo e le difficoltà, capace di superare ogni prova, sopportare ogni dolore, superare ogni inadeguatezza. Un amore che ha il sapore del miracolo. L’immagine a corredo dell’icona liturgica delle nozze di Cana è tratta dal mosaico delle cappella della Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium” di Roma realizzata nell’autunno 2003 dal gesuita sloveno ed esperto mosaicista, padre Marko Ivan Rupnik, con l’équipe dell’Atelier d’arte spirituale del Centro Aletti del Pontificio Istituto Orientale. Ascoltiamo dalle sue parole come il brano del vangelo ha preso forma nelle tessere del mosaico.

di Marko Ivan Rupnik

Giovanni dice che le nozze a Cana di Galilea ci furono nel terzo giorno. Secondo il modo di computare il tempo degli antichi (oggi, domani e il terzo giorno), siamo due giorni dopo i quattro precedentemente raccontati: Gv 1,19.29.35.43. Il che vuol dire che il terzo giorno in cui avvengono le nozze nel conteggio dei giorni dall’inizio del vangelo di Giovanni sarebbe il sesto giorno, perché sarebbe quattro più due. «Il terzo giorno a partire dal quarto, cioè nel sesto giorno da noi enumerato fin dal principio, hanno luogo le nozze a Cana di Galilea» (Origene).

Con la collocazione delle nozze nel sesto giorno si fa allusione diretta a Gv 19, 31, cioè alla morte di Gesù. Il sesto giorno è il giorno della creazione dell’uomo ed è il giorno della generazione dell’uomo nuovo, sulla croce. Il terzo giorno invece è il giorno della sua risurrezione. Il fatto che Cristo nella risposta alla madre che lo informa della mancanza di vino dica «la mia ora non è ancora giunta» significa che le nozze di Cana di Galilea vanno assolutamente lette nella chiave pasquale.

L’ora di Cristo nel Vangelo di Giovanni è l’ora della gloria di Dio che coincide con la sua crocifissione, con la morte sulla croce. Si tratta dunque di una chiave di lettura pasquale, in una confluenza della gloria di Dio e della morte di Cristo e che questo sacrificio va letto in una chiave sponsale perché si tratta delle nozze. Cristo in qualche modo viene interpretato come il nuovo sposo e perciò il costato aperto sulla croce e il sangue e l’acqua versati devono ricevere uno spiraglio di significato anche dal segno operato nelle nozze di Cana. Acqua, sangue e costato aperto sono infatti la generazione dell’uomo nuovo nel battesimo, generato dal vero sposo.

DAL VANGELO AL MOSAICO Le nozze sono in tutta l’interpretazione, sia giudaica che poi cristiana, il simbolo dell’alleanza tra Dio e l’uomo. Nelle giare la maggioranza dei padri vedeva simboleggiata la legge di Mosè, codifica dell’alleanza tra Dio e l’uomo. Dio è fedele, ma l’uomo non mantiene l’alleanza, perciò la legge di Mosè sancisce un cammino retto dell’uomo capace di mantenerlo nell’alleanza.

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