In Curia il rito a porte chiuse per la presa di possesso di sei nuovi parroci. L'Arcivescovo: «Possiamo compiere il nostro compito solo nella consapevolezza che è il Signore che ci chiama e nell’apertura alla Provvidenza»
di Annamaria BRACCINI
Con marzo iniziano il loro ministero come parroci nelle realtà cui sono stati inviati o con l’avvio ufficiale di una nuova Comunità pastorale. Sono sei i sacerdoti (in allegato l’elenco) che, nella Celebrazione della Parola che si svolge a porte chiuse nella Cappella arcivescovile, col cardinale Scola, il Vicario generale monsignor Delpini e alcuni Vicari di Zona, vivono questo momento importante, segnato dagli adempimenti canonici, ma ricco anche di un profondo sensus fidei.
Lo nota il cardinale Scola, esprimendo gratitudine ai nuovi parroci e responsabili di Comunità (due, una a Vanzago e l’altra in pieno centro storico a Milano). «Occorre valutare tutto il valore e il significato di questo gesto, come dice bene il Vangelo di Giovanni – nota l’Arcivescovo, dopo la presentazione dei presbiteri nominati da parte del Cancelliere arcivescovile -. Preoccupati di ciò che ci attende, sia come compito immediato, sia nel futuro, nelle circostanze personali, comunionali e sociali che ci riguardano, manchiamo spesso il senso del presente perché non sappiamo cogliere a pieno ciò che ci accade. Questo provoca una dimenticanza o un eccesso di ansia nel vivere i fatti e, così, veniamo meno all’accoglimento dell’azione della Provvidenza nella nostra vita. Non sapere abitare la circostanza in pienezza è un dato che denuncia la nostra immaturità ed è una sfiducia nella Provvidenza». E, sottolinea ancora il Cardinale, identifica «uno dei motivi per cui non siamo capaci, per una condizione storica secolare e nei cambiamenti tumultuosi in atto, di mettere il tutto prima della parte. Quindi ciò che non dipende direttamente tra noi finisce per restare ai margini».
Il riferimento è alla pagina evangelica del Buon Pastore e alla Lettura dal profeta Geremia, previsti per l’occasione, che «non è una progressione di carriera o un atto di routine, ma un gesto profondo riguardante la propria posizione di fronte a Dio e alla Santa Chiesa, compiuto davanti al Vescovo».
«Leggendo il capitolo 10 di San Giovanni mi vengono sempre in mente alcuni appunti del patriarca Roncalli che ho trovato a Venezia», racconta l’Arcivescovo, che proprio il 3 marzo di quattordici anni fa faceva il suo ingresso come Patriarca nella città lagunare. Come scriveva il futuro Giovanni XXIII, infatti, «si è Pastori solo se si è padri, ma per questo occorre avere una grande dimestichezza con il Padre Celeste: nella predestinazione nel Signore Gesù, non vale nessuna obiezione. Solo nella consapevolezza che è il Signore che ci chiama e nell’apertura alla Provvidenza, possiamo compiere il nostro compito. Assumete la vostra responsabilità in quello che papa Francesco ha chiamato un cambiamento di epoca, in cui le nostre parole mutano di significato. Tentenniamo, siamo malfermi sulle gambe, per questo ancora di più dobbiamo invocare dal Signore di vivere la sua sequela, la sua paternità per essere autentici Pastori».
Da qui, due raccomandazioni: «Guardare a ciò che si sta esplicitando nella Visita pastorale in atto, che ha come mèta il restringere almeno un poco il fossato che divide la fede dalla vita, sperimentando quell’apertura all’abbraccio del Padre che permette di superare l’obiezione di Geremia. Inoltre, mettere il tutto, appunto, prima della parte, anche se in una Chiesa grande come la nostra ambrosiana, con la sua vitalità, questo non è sempre facile. Un buon pastore si vede dalla capacità di sottolineare ciò che viene prima, all’interno del tutto, sottraendosi al lamento».
Poi, dopo la Professione di Fede, il Giuramento di fedeltà nell’assumere l’ufficio da esercitare a nome della Chiesa – nel quale i parroci e responsabili di Comunità Pastorali pongono le mani sul Vangelo, invocando l’aiuto del Signore – e la lettura del Decreto di immissione in possesso. Infine, dopo la Preghiera universale e il Canto della Salve Regina, rivolti alla statua della Madonnina collocata in Cappella, il momento conviviale, davvero cordialissimo, con il Cardinale.