Le testimonianze di suor Maria Cristina Pievani (Superiora provinciale delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù), di suor Donatella Radice (responsabile della formazione per le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret) e di monsignor Paolo Martinelli (cappuccino, vescovo ausiliare e vicario episcopale)

di Annamaria BRACCINI

«Quando mi sono arresa al Signore e ho capito che il mio “sì” sarebbe stato per sempre, è stato come rinascere». Belle, incisive e chiarissime le parole con cui suor Maria Cristina Pievani, Superiora provinciale per l’Italia Settentrionale dell’Istituto Apostole del Sacro Cuore di Gesù, spiega la sua scelta vocazionale: «Da ragazzina frequentavo incontri organizzati dalle Suore, ma lo facevo perché, abitando in un paese molto piccolo, solo così riuscivamo a creare un gruppo di amiche». Poi, appunto, la decisione: quella che rende libero il cuore e la mente e che suor Maria Cristina ricorda con un piccolo esempio: «Frequentavo allora la Scuola Infermiere e il mio libretto scolastico diceva, per i primi due anni – quando ancora non avevo preso piena consapevolezza della chiamata di Gesù – che non ero adatta a esercitare la professione, perché, troppo timida, non riuscivo a inserirmi. La mia insegnante non sapeva nulla del cammino che avevo intrapreso, ma al terzo anno, nello stesso libretto, aveva notato che mi ero come “aperta”. Era semplicemente accaduto che avevo scelto di farmi Suora, diventando una donna libera davvero».

Oggi suor Pievani segue con entusiasmo il carisma della fondatrice dell’Istituto, Clelia Merloni: diffondere la devozione al Sacro Cuore, ponendosi a servizio delle necessità dei singoli territori: «Quando papa Francesco parla della tenerezza di Dio e di andare nelle periferie anche esistenziali del mondo, ci sentiamo pienamente inserite nella Chiesa di oggi. Non a caso, l’Istituto è presente in molti Paesi del mondo». Insomma, donne coraggiose, chiamate da Dio e dalle povertà umane, che partono e si fanno prossime. Anche a Milano, nel non facile quartiere Comasina, dove si trova la Casa provinciale e dove le Apostole gestiscono la scuola: «Senza dimenticare il Santuario interno alla Casa, aperto ogni giorno e nel quale alcune consorelle si rendono disponibili all’ascolto dei problemi della tanta gente che cerca conforto».

Altrettanto interessante la vicenda personale di suor Donatella Radice, 36 anni di vita consacrata nelle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, attualmente responsabile della formazione iniziale delle ragazze che vorrebbero entrare nella Famiglia religiosa: «La crisi è innegabile, ma ci sono ancora molte giovani che cercano qualcosa di più per la loro vita e che rispondono con entusiasmo alla chiamata di Cristo». Il pensiero non può che andare a suor Enrichetta Alfieri, la “mamma”, l’“angelo” di San Vittore, proclamata beata nel 2011: «Un esempio modernissimo che affascina e che sto appunto proponendo nell’itinerario di formazione vocazionale. In lei mi pare di vedere quella porta della misericordia che ci introduce a Gesù e si fa porta di vicinanza aperta verso le persone che soffrono. Santa Giovanna Antida diceva spesso: “Varcherei i mari, se necessario”. La beata Enrichetta ha saputo farlo attraversando i cuori di chi le era vicino. Questa è la mia idea di vocazione e di servizio a Dio e ai fratelli».

«Ho sempre sentito una grande gioia e predilezione del Signore su di me, per avermi permesso di mettermi sulla via della Consacrazione – riflette da parte sua monsignor Paolo Martinelli, francescano cappuccino, vescovo ausiliare e vicario episcopale della Diocesi per la Vita consacrata maschile -. Le fatiche, le paure, gli errori, le domande, specie nella fase della formazione, non mancano mai, ma devo dire che per me è stata una grande grazia l’essermi sentito toccato dalla chiamata. Questo proprio perché la vocazione si esprime sempre in una missione, in un essere mandati che compie la vita, la fa divenire dono, rendendola così straordinariamente bella».

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