Cristina Citterio, sindaco del paese natale della religiosa uccisa ad Haiti, racconta il forte legame tra lei e la sua comunità d'origine, coltivato attraverso periodici ritorni, lettere e il rapporto con il gruppo missionario che sosteneva la sua missione: «Porteremo avanti la sua opera»
di Annamaria
Braccini
Cristina Citterio è il sindaco di Lomagna, paese natale di suor Luisa Dell’Orto. È a lei che chiediamo, anzitutto, come abbiano reagito i suoi concittadini nell’apprendere della tragica fine della religiosa uccisa ad Haiti (leggi qui), che non aveva mai mancato di tornare negli anni nel suo paese natio, con il quale comunicava costantemente.
Quale è stato il sentimento dominante tra la gente?
Sicuramente abbiamo accolto la notizia con sgomento e incredulità, all’inizio, quasi con una non accettazione e con disperazione, non riuscendo neppure a pensare a quello che era accaduto, a un fatto così terribile. Però, se consideriamo la vicenda dal punto di vista di una generazione di cose buone – cosa che credo suor Luisa avrebbe desiderato e voluto -, si è sentito tanto affetto, tanta riconoscenza, tanta benevolenza nei confronti di lei, come persona e come operatrice di bene per i suoi molti progetti, senza dimenticare il desiderio di portare la testimonianza del piccolo bene che ciascuno aveva ricevuto, me compresa, anche solamente incontrandola a Lomagna e scambiando un sorriso.
L’ha conosciuta personalmente?
Sì, la conosco da sempre: ho avuto tante occasioni di incontrarla e, quindi, anche di apprezzarla non solo nei suoi scritti, nelle lettere attraverso le quali raccontava la sua esperienza o, comunque, anche nei gesti che la comunità compiva per offrire solidarietà concreta a quello che stava edificando.
Era legata al suo paese natale, dove vivono anche le sue due sorelle…
Molto. Aveva un legame vivo, coltivato in maniera reciproca, sia dai cittadini che la conoscevano e la incontravano quando capitava che tornasse da noi, sia, come ho detto, nelle lettere che inviava in occasione delle festività e per eventi particolari. Un rapporto che non si è mai interrotto e che era vitale anche grazie al gruppo missionario e all’associazione “Il Germoglio”, che raccoglie e si fa ponte per i vari missionari che, da Lomagna, operano nel mondo, ma in particolare per le missioni di suor Luisa. Quindi, posso dire che c’era un legame forte, sia con i familiari presenti fisicamente in paese, sia vivacizzato da questa solidarietà che si è concretizzata in associazione.
Insomma, una corrispondenza di affetto e di intenti vicendevole tra Lomagna e questa concittadina di cui andare orgogliosi…
Si. Penso alle relazioni personali che sapeva intrattenere quando tornava in Italia e a quelle realizzate con gli strumenti che ora abbiamo a disposizione per tenerci in contatto. Io ho anche un ricordo delle molte cose che ha fatto prima di partire per la missione: la sua attività di catechista, l’essere sempre una presenza viva nel paese. È ovvio, perciò, che tante persone la ricordino, dai compagni di classe ai ragazzi che ha formato e che ora sono persone adulte. Poi ci sono stati degli eventi, come il tremendo terremoto ad Haiti nel 2010, che hanno portato la comunità ad attivarsi, con una solidarietà che è diventata, in seguito, una raccolta continua di fondi.
La città intende ricordarla? Avete già qualche proposta come amministrazione comunale?
Sicuramente la ricorderemo, ipotizzando il lutto cittadino appena avremo modo di sapere la data in cui verranno celebrate le esequie. Inoltre vorremmo sollecitare il paese a un’operosità diffusa: proprio nel momento in cui manca il perno di ciò che stava costruendo – lei stessa -, occorre portare avanti la sua opera in maniera veramente fattiva, non solo nelle parole.