Il sacerdote è da anni impegnato nella gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata, tra cui la Libera Masseria di Cisliano, che ha impegnato in attività di formazione e lavoro 11 mila ragazzi: «Sono interessati perché in gioco c’è il loro futuro»

di Luisa Bove

Massimo Mapelli Masseria
Massimo Mapelli con alcuni giovani alla Masseria di Cisliano

La Chiesa di fronte alla criminalità organizzata e alla mafia che minaccia, estorce e ricatta, non resta a guardare. Lo conferma anche il fatto che un prete ambrosiano come don Massimo Mapelli da anni gestisce bene confiscati. «Abbiamo sempre detto che non solo non sta a guardare, ma ci mette anche la faccia – dichiara il sacerdote -. Il fatto che noi sul territorio abbiamo gestito diversi beni confiscati ha dato una certa immagine di Chiesa. Questo ha aiutato e portato tante persone ad aprirsi con noi e a condividere i loro vissuti rispetto a temi sempre difficili e complessi. Quando le persone trovano una Chiesa schierata, aperta, che ci mette la faccia, si fidano e si confidano».

In particolare quali sono le strutture e l’associazione in cui è impegnato?
L’associazione è “Una casa anche per te” onlus, che gestisce la Libera Masseria di Cisliano (la realtà più grande e significativa), poi una villetta ad Arluno e, attraverso la cooperativa agricola Madreterra, un terreno confiscato nel quartiere Quinto Sole a Milano.

Adesso favorite anche il reinserimento lavorativo di categorie fragili…
Esatto. Là dove questi terreni sono serviti alla criminalità, oggi servono a dare lavoro regolare e pulito a persone fragili, che così possono integrarsi completamente nella società.

E in tutto questo le parrocchie che cosa possono fare?
In questi anni le parrocchie hanno fatto molto con noi. Intanto portando sia ragazzi sia adulti a visitare il bene confiscato, aiutando ad aprire gli occhi sulla visione del proprio territorio, perché è importante saperlo guardare con consapevolezza, anche rispetto a questo tema. Inoltre ci sono state persone che abbiamo incontrato e accompagnato in percorsi personali. Si tratta di persone giunte da noi dopo che le parrocchie erano venute a fare un incontro o un’attività: in seguito qualcuno di loro si è confidato col proprio parroco, il quale si è poi rivolto a noi, inviandoceli per le competenze e la possibilità che abbiamo di accompagnarle in caso di necessità.

Oggi i giovani sono molto interessati ai temi della giustizia e della legalità. È da loro che bisogna ripartire per fare cultura?
Assolutamente sì. In questi anni sono passati dalla Liberia Masseria 11 mila ragazzi. Sono un terreno fertile. In queste settimane stiamo svolgendo i campi di formazione e lavoro: i giovani sono molto interessati perché c’è in gioco il loro futuro. Se alla base della società c’è giustizia sociale e legalità, i ragazzi hanno un futuro, altrimenti questo c’è solo per qualcuno e non per altri. E questo loro lo capiscono molto bene.

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