Incontrando i ragazzi delle comunità cittadine impegnati nelle attività estive, monsignor Delpini ha spiegato: «I contrasti si superano guardando il cielo, non pensando solo a se stessi e sapendo che Dio sta dalla parte dei poveri e delle vittime di ingiustizie»

oratori 2022

di Annamaria BRACCINI

A più di metà del cammino previsto per l’edizione 2022 dell’oratorio feriale, l’Arcivescovo continua le sue visite nelle tante realtà in cui si stanno svolgendo le attività estive, diffuse capillarmente sull’intero territorio diocesano. Come a Legnano dove, nell’“Oltresempione” della città, presso l’oratorio San Pietro dell’omonima parrocchia – SS. Redentore, Santi Magi e Santa Teresa le altre del quartiere -, arriva accolto dalla quasi totalità dei 500 tra bambini e ragazzini che frequenta «Batticuore», dagli animatori e dai sacerdoti, tra cui don Alessandro Viganò, il vicario parrocchiale che anima l’incontro. Accanto all’Arcivescovo – proveniente da Villa Cortese, dove aveva pranzato con i preti della Pastorale giovanile del Decanato -, i parroci dell’“Oltresempione” e il direttore della Fom don Stefano Guidi.

Dal sesto capitolo del Vangelo di Marco, con Gesù che cammina sulle acque seminando il terrore tra i discepoli, si riflette sulla paura attraverso due domande poste direttamente all’Arcivescovo.  

Il dialogo

«C’è una paura da cui si sente guarito?», gli viene chiesto. «La mia vita è sempre stata piuttosto facile, sono nato in una famiglia numerosa con sei figli – ricorda monsignor Delpini -. Non abbiamo mai avuto problemi, eravamo una famiglia semplice. Poi, a scuola riuscivo bene e non mi sono mai ammalato. Forse – ammette – l’unica paura è stata nel momento in cui temevo di non essere all’altezza di parlare in pubblico. Ma Gesù mi ha liberato da questo timore perché, a 15 anni, proprio quando facevo l’animatore nell’oratorio del mio paese, il parroco mi ha chiesto di condurre l’incontro di preghiera e ho notato che i ragazzi mi ascoltavano. Così, facendo un’esperienza positiva, ho superato il problema e mi sono appassionato al parlare in pubblico».

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Ancora: «C’è una paura che rimane con cui ancora combattere?». La risposta è una sorta di confidenza da parte dell’Arcivescovo: «Credo di avere ancora tante paure, ma non sono riferite a quello che devo fare io o a ciò che mi può capitare. Sono semmai legate al fatto che succeda qualcosa di brutto a persone che amo, come i preti della mia Diocesi o i ragazzi dell’oratorio».

L’impegno per la pace

Poi, attraverso tre brevi storie, l’Arcivescovo parla della pace. La prima è quella del terremoto che crea una grande frattura nella terra e nel villaggio tagliato a metà dall’abisso, per cui si cerca di costruire un ponte, una strada, senza riuscire a porre rimedio, mentre ci riesce un ragazzino proponendo di imparare a volare: «Infatti è in quel paese che è stata inventata la mongolfiera». Chiarissima l’indicazione: «Gli abissi che separano gli uomini sono superabili solo se si va in alto, se si alzano gli occhi al cielo, volando sulle ali degli angeli, se si prega».

Poi c’è la storia degli alberi che cercano un re per la foresta, chiedendo all’ulivo, alla vite, al fico anche qui senza riuscirvi, finché trovano la disponibilità del rovo che, pieno di spine, accetta e invade tutto. Da qui la morale: «Se ognuno pensa solo a se stesso, il mondo si riempie di rovi, di spine. Invece la pace interpella e riguarda tutti, come la costruzione della società».

Infine, la vicenda del ricco con migliaia di pecore e del povero che ne possedeva una sola, a cui il ricco ruba comunque quell’unica. Il povero si lamenta con Dio, che manda allora un profeta a dire al ricco che lo avrebbe castigato e condannato. Una lezione che non vale solo per i singoli, evidentemente: «Ci sono Paesi molto ricchi che vanno a rubare ai Paesi poveri quel poco che hanno, ma Dio sta dalla parte dei poveri. Non si può essere suoi amici se si sta con chi è ingiusto. Per superare le divisioni, bisogna salire verso il cielo; perché la terra sia abitata dalla giustizia e dal benessere bisogna che tutti si occupino di tutti, sapendo che, quando viene commessa un’ingiustizia, Dio sta dalla parte delle vittime», scandisce, infatti, l’Arcivescovo, con parole che i piccoli ascoltano in un silenzio attentissimo.

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Nell’“Oltrestazione” di Legnano

Il «Kaire» con cui l’Arcivescovo viene salutato coralmente è lo stesso che lo accoglie nella tappa successiva della giornata (completata dalla sosta finale a Cerro Maggiore): l’oratorio della parrocchia Beato Cardinal Ferrari nel quartiere “Oltrestazione”, sempre a Legnano. Davanti ai circa 150 piccoli delle parrocchie Cardinal Ferrari, San Paolo e Santi Martiri (riunite in Unità pastorale) e ai sacerdoti – tra cui don Luca Longoni che guida la visita -, l’Arcivescovo, indossando la maglietta dell’oratorio 2022, spiega – come già aveva fatto nella prima visita – il significato dell’immaginetta con la preghiera da lui composta che lascia a ognuno.

«Sono contento di essere qui e della scritta “Kaire” che è un annuncio di gioia ed è anche la prima parola che l’angelo dice a Maria. Nella mia immaginetta le montagne hanno lo stesso colore del cielo, azzurro e bianco, per dire che la terra è piena della gloria di Dio, ossia dell’amore che rende capaci di amare. Vi incarico di portare questo messaggio, specie a chi continua a lamentarsi. Recitate la preghiera che ho composto per questa immagine ogni giovedì», sottolinea il Vescovo richiamando le tre domande poste nella preghiera, «le più importanti della vita: chi è Dio, come si fa a incontrarlo e cosa dobbiamo fare».

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