L’Arcivescovo ha presieduto in Duomo la celebrazione eucaristica nella festa liturgica del fondatore dell’Opus Dei, a 120 anni dalla sua nascita e a 20 dalla sua canonizzazione

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di Annamaria Braccini

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«Veneriamo San Josemaría Escrivá, che ha insegnato una via di santità, che ha aiutato e aiuta molti a credere alla propria vocazione». Nella festa liturgica del fondatore dell’Opus Dei – quest’anno ricorrono anche il 20° anniversario della sua canonizzazione, il 30° della beatificazione e il 120° della nascita -, l’Arcivescovo presiede in Duomo la consueta celebrazione, cui partecipano molti membri e aderenti della Prelatura. Tante le famiglie con bambini. 

Amare appassionatamente il mondo

In apertura della Messa – concelebrata da una decina di sacerdoti, tra cui il vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della Fede don Mario Antonelli -, a porgere il saluto di benvenuto è don Carlo De Marchi, vicario segretario per l’Italia del Prelato dell’Opus Dei: «Il suo sguardo attento a tutti ci richiama lo sguardo di amore di Gesù, desideriamo sentirci partecipi “nell’amare appassionatamente il mondo”, come piaceva ripetere il nostro fondatore. Espressione che si riferisce soprattutto ai nostri compiti: il nostro lavoro, le relazioni, e, in particolare, l’impegno perché l’annuncio del Vangelo penetri in profondità nei vari ambienti sociali, familiari e professionali che ciascuno frequenta», dice don De Marchi rivolgendosi all’Arcivescovo e richiamando anche la recentissima conclusione dell’Anno della famiglia e la partecipazione ideale dei fedeli presenti al Rosario con l’Arcivescovo in suffragio di suor Luisa Dell’Orto, barbaramente uccisa ad Haiti, che si svolgerà poco dopo a Lomagna (Lc).

Nel ringraziare, il Vescovo parla di amicizia e di una reciproca «confidenza nei propositi e nella speranza che la nostra Chiesa custodisce e che ognuno di noi è chiamato a far diventare storia». Come la santità a cui è dedicata l’intera omelia.

La santità

«A costo del proprio tempo, della coltivazione dei propri interessi, la santità è un’esagerazione. A costo di cambiare le abitudini che hanno segnato una vita, di lasciare persone, luoghi, case alle quali si è affezionati, di rendersi impopolari e di esporsi al disprezzo, di diventare ridicoli fino a mettere in pericolo la propria salute. Oltre quello che è conveniente e sensato, è un’esagerazione, non per esibire un eroismo, non per mancanza di senso del limite, non per un’insensata imprudenza, ma per l’urgenza di giungere là dove è in gioco la salvezza di qualcuno», spiega l’Arcivescovo, che, ancora, definisce la santità «un’espropriazione»: «L’assoluto di Gesù rende tutto relativo, la sua sequela rende liberi dall’ossessione per se stessi, dal ripiegamento su di sé. Come i discepoli che lasciarono tutto e lo seguirono, così i santi hanno consegnato la loro vita al Signore e vanno non dove si sono proposti, ma dove sono chiamati, prendendo quello che il Signore chiede e la missione comporta».

Per questo i santi sono liberi: «L’espropriazione e l’esagerazione della santità non sono espressione di una conquista per cui la persona domina se stessa, si costringe a penitenze eroiche o a imprese clamorose. In realtà, si tratta di accogliere l’invito di Gesù a seguirlo, a diventare simili a Lui».

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La santità nella normalità

Infine, il richiamo è a quella santità «che è normalità», nella vita di tutti i giorni anche per i laici, come è nel carisma dell’Opus Dei, voluta da san Josemaría Escrivá de Balaguer e fondata nel 1928.

«Gesù chiama tutti alla santità, ma non indica una divisa, un vestito, una professione come particolarmente propizi: la santità è vivere a ogni costo la coerenza con la vocazione a imitare Cristo, qualunque sia il lavoro di cui si vive, il paese in cui si abita, lo stato di vita che si è scelto. La santità è adorare l’unico Signore espropriando l’io della sua presunzione di essere al centro del mondo e vincendo la pretesa di essere serviti per dedicarsi invece a servire i fratelli. La santità è la normalità della vita cristiana che trasfigura ogni pensiero in introduzione alla contemplazione, ogni parola in eco della Parola di Dio, ogni sentimento in un sentire conforme a quello di Gesù, ogni calcolo nella libertà. La santità introduce nella comunione dei santi abitata dalle personalità più diverse e pure tutti fratelli e sorelle abitati dallo Spirito santo. Perciò veneriamo San Josemaría Escrivá, che ha insegnato una via di santità e aiutato e aiuta molti a credere alla propria vocazione e a credere nella possibilità di diventare santi e di vivere la propria vocazione fino al compimento».

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