Nella Basilica di Santo Stefano Maggiore serata di preghiera e condivisione, nella quale il Vicario generale monsignor Delpini consegna il mandato ai partenti. Don Novazzi: «Non partono soli, a sostenerli c’è tutta la comunità»
di Francesca LOZITO
Partono per un mese in missione. E a volte ritornano in quel luogo per viverci anche anni. Altre volte quell’esperienza di apertura al mondo rimane come una traccia indelebile nel proprio cammino di fede. Che continua in oratorio, nella comunità parrocchiale.
Sabato 4 luglio la Pastorale missionaria diocesana organizza una serata per pregare insieme ai giovani che stanno per partire e per consegnare loro il mandato missionario, gesto che sarà compiuto da monsignor Mario Delpini, Vicario generale della Diocesi. L’appuntamento è per le 20.30 nella Basilica di Santo Stefano Maggiore (piazza Santo Stefano 3, Milano). Sono invitati anche amici, formatori ed educatori. Don Antonio Novazzi, responsabile della Pastorale missionaria, presenta così la serata: «I giovani, tra i 18 e i 30 anni, si apprestano a partire, ma non sono soli: la Chiesa è loro vicina, a sostenerli c’è tutta la comunità. Ci sarà un momento iniziale di preghiera e poi la consegna del mandato».
Come descriverebbe i partenti?
Non è possibile tracciare un unico identikit: alcuni tra loro stanno compiendo il cammino in oratorio e a un certo punto hanno deciso di fare un’esperienza nel mondo; altri hanno ascoltato i racconti dei compagni di scuola; altri ancora hanno conosciuto ragazzi partiti dopo il contatto con un compagno di università. E poi ci sono quelli che fanno parte dei gruppi missionari.
Partono più donne o uomini?
Ultimamente, in ambiti come quello del Pime, per esempio, registriamo un maggior numero di donne.
La crisi ha frenato le partenze dei giovani?
Direi di no. Perché, per esempio, la comunità si mette in moto per aiutarli a comprare il biglietto aereo. E per portare un supporto concreto nei luoghi in cui vanno: a Cernusco sul Naviglio, per citare un caso, hanno fatto una raccolta per comprare una autovettura da portare in missione. È un’esperienza, dunque, di tutta la comunità.
Che cosa suscita la missione nel cuore di un ragazzo?
È un’esperienza che interroga il vissuto quotidiano. Come vivo la mia vita qui, dove ho tutto? Con che stile? Ma aiuta anche a capire come leggere la vita dei migranti che vivono in mezzo a noi. Altri, invece, si domandano se non è il caso di fare una esperienza prolungata in missione. Insomma, domande di senso suscitate da quanto provoca questa esperienza, che è fatta prima di tutto dall’incontro.
Quale risposta avete dalle missioni visitate dai ragazzi ambrosiani?
L’esperienza dura un mese, quindi è limitata. Ma per la comunità del luogo è un momento di festa. Attende e accoglie questo incontro. Dove invece un giovane o una famiglia ritornano per rimanere più a lungo, la comunità si interroga di certo sulle motivazioni di questa scelta.
E come tornano i giovani dalla missione?
Ci sono diverse reazioni, anche a seconda del cammino percorso. Ma rimane sempre un dono che può interrogare molte persone delle nostre comunità cristiane.