Redazione
"Solo dall’educazione viene la bussola per potersi orientare dentro il pluralismo parossistico della società” ha osservato Lorenzo Ornaghi. Occorre, ha concluso, “tornare a educare i desideri verso il bene, il vero, il bello".
“La speranza, per le odierne società e per le parti che le compongono, è la trama stessa del futuro verso cui tendere”; per questo “se alla cultura si deve chiedere di saper afferrare, interpretare e orientare ciò che è essenziale nel presente, al tempo stesso è anche necessario chiederle che essa definisca e alimenti” le “visioni indispensabili per costruire il futuro”. Ad affermarlo Lorenzo Ornaghi, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, intervenuto stamani, al IV Convegno ecclesiale di Verona, sulle prospettive culturali della speranza.
“La cultura – ha proseguito Ornaghi – non può dunque che essere una cultura intrinsecamente sperante” per “tradurre la speranza in pratiche di vita il più possibile piene e appaganti”. Quale, allora, il compito dei cristiani? “Non siamo all’anno zero” afferma il relatore, citando la successione dei decennali Convegni ecclesiali e, in particolare, il progetto culturale della Chiesa italiana che “ci ha obbligati a guardare avanti” e “a dimostrare che la ragione è base e orizzonte di una cultura viva”, capace “di cogliere l’essenziale”. Tre, per il rettore della Cattolica, le principali “priorità che oggi dovrebbero guidare la testimonianza culturale del credente dentro la società italiana ed europea: la scienza, la politica e l’educazione”.
“Tanto più è difficile coltivare durevolmente la speranza, quanto più restiamo soggiogati alla drammatica scomposizione dell’umano”. Per il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi, intervenuto alla seconda giornata del IV Convegno ecclesiale, “èurgente che una cultura intrinsecamente sperante sappia riguadagnare la sua funzione originaria nei confronti delle conoscenze scientifiche” tribuendo a far sì che esse “siano realmente al servizio dell’uomo” e ne rispettino “l’unitarietà del soggetto come persona”. Di fronte alla “tentazione dello straniamento” dei cattolici dalla politica, Ornaghi ha sottolineato che “l’esercizio del cristianesimo implica lo sforzo di farsi carico” dei bisogni del Paese, ed “è in questo farsi carico che cultura e politica si incontrano”.
Un “consenso cercato con idee nuove”, e una “mediazione genuinamente politica”, che non è, ha precisato, “instabile punto di compromesso”, sono gli ambiti in cui, ispirato ai cosiddetti “principi irrinunciabili”, si giocherà l’impegno dei cristiani nella società. “Solo dall’educazione viene la bussola per potersi orientare dentro il pluralismo parossistico della società” ha osservato ancora il rettore della Cattolica, sottolineando il ruolo che possono svolgere università e scuola “se orientate in senso cristiano”. Occorre, ha concluso, “tornare a educare i desideri” verso “il bene, il vero, il bello”.