Redazione
Quella del turismo responsabile è una delle frontiere delle vacanze alternative che ha sempre più successo, non solo tra i giovani. L’esperienza di Daniela, viaggiatrice tanto entusiasta da fare dei “viaggi consapevoli” la sua professione: dopo esperienze diverse in campo educativo e nel commercio equo e solidale, oggi lavora in un’agenzia specializzata in questo ambito.
di Stefania Cecchetti
Cominciare in una bottega del commercio equeo e solidale e finire a lavorare nel campo del turismo responsabile. È (in parte) il percorso lavorativo di Daniela Cazzaniga, operatrice dell’agenzia Pindorama.
«Qualche anno fa – racconta – decisi con un paio di amici di organizzare un bel viaggio. Volevo vedere un posto lontano, dall’altra parte del mondo. A quell’epoca lavoravo come volontaria in una bottega del commercio equo e solidale a Milano e mi capitò per le mani un volantino sul turismo responsabile. Mi piaceva l’idea di visitare un posto nuovo, avendo contemporaneamente la possibilità di entrare in contatto con realtà locali. Così mi rivolsi a Pindorama e scelsi come destinazione il Messico» .
L’esperienza si rivelò subito di quelle molto coinvolgenti: «Quando visiti personalmente e nei dettagli una realtà così diversa dalla tua, anche nelle sue contraddizioni, ti rendi conto che le cose sono molto diverse da come appaiono qui. Certi incontri ti aprono prospettive nuove» . Nel caso di Daniela questo ha significato impegnarsi ancora di più nella realtà dell’equo e solidale, rimanendo comunque in contatto anche con Pindorama: «Ho fatto altri viaggi e alla fine è arrivata la proposta di collaborare in agenzia, nel settore della promozione delle proposte turistiche».
Oggi Daniela non si occupa più solo di promozione, ma anche di biglietteria aerea. È, insomma, è un’operatrice turistica a tutti gli effetti. Curioso, se si considera che è veterinaria di formazione e ha lavorato prima come educatrice, poi nel campo del commercio equo: «Più cresco – riflette -, più mi convinco che la vita è veramente così, quando meno te lo aspetti si aprono finestre che non avresti mai detto…».
Alla luce di questo percorso, Daniela è una sostenitrice più che convinta del turismo responsabile. Di cosa si tratta? «Si tratta di un modo di viaggiare con criteri diversi da quelli del turismo tradizionale – spiega Daniela -. C’è grande attenzione a che l’impatto del viaggio sia positivo per il Paese di destinazione e questo è possibile attraverso alcuni accorgimenti. Per esempio non si soggiorna nei grandi alberghi, spesso di proprietà delle multinazionali, ma in piccole strutture locali, quando non addirittura ospitati da famiglie attrezzate per l’accoglienza. Per gli spostamenti si privilegiano i mezzi locali e gli accompagnatori sono rigorosamente persone nate e residenti i quei Paesi. Inoltre una quota delle spese di viaggio viene riservata espressamente a sostegno di un progetto locale. Non è un caso se viaggiamo in Paesi in difficoltà…».
Uno degli aspetti forse più interessanti del turismo responsabile è infatti quello dell’ incontro con realtà locali: «Si tratta di piccole cooperative artigiane, comunità indigene, associazioni. All’inizio erano realtà prevalentemente legate al commercio equo, ora non solo. Grazie a questi incontri è possibile conoscere il Paese che si visita in modo meno superficiale che nel turismo classico, anche se nell’arco imitato della ventina di giorni del viaggio».
Questo, naturalmente, non esclude che si visitino anche le straordinarie bellezze, naturali e storiche, che i Paesi del Sud del mondo offrono ai turisti. Del resto sarebbe proprio folle andare in Perù senza vedere Macchu Picchu o in Argentina senza vedere la Terra del Fuoco…