Grande festa allo stadio Meazza per l’incontro del Cardinale con i cresimandi e cresimati della Diocesi. Trentamila i partecipanti a cui l’Arcivescovo ha chiesto di non dimenticare mai l’amore di Cristo che sostiene in ogni momento

di Annamaria BRACCINI

scola cresimandi 2016

«Carissimi ragazzi oggi siamo qui per lo spirito di Gesù e, quindi, vi propongo di pensare a tutti coloro che sono lontani, ma comunque uniti a noi nello Spirito». La recita del Gloria, un augurio di pace e queste parole – un piccolissimo “fuoriprogramma” – aprono la grande festa allo stadio “Meazza” dove alle diciassette in punto, salutato da un boato di applausi, entra il cardinale Scola accompagnato dai Vescovi ausiliari e dai Vicari episcopali di Zona.

Il colpo d’occhio è magnifico: nonostante che sia già il 25 giugno, l’incontro tra l’Arcivescovo e i cresimandi e cresimati 2016, provenienti da tutta la Diocesi, intitolato “Come Gesù… con Pietro”, offre lo spettacolo di trentamila persone – con i giovani ci sono i catechisti, i genitori, i “don”, padrini e madrine, educatori ed educatrici – entusiaste. I sette colori diversi che contraddistinguono le altrettante Zone pastorali, si confondono con le coreografie sul campo, dove sono impegnati ben 1000 figuranti tra cartoni colorati e semplici materiali di recupero trasformati in figure e simboli. Il dialogo tra san Pietro e alcuni ragazzi, non certo immaginario perché segue il racconto della Scrittura, è il filo rosso che attraversa la riflessione e ispira le coreografie, tanto che dopo la lettura del Vangelo di Giovanni, con la domanda del Signore a Pietro, “Mi vuoi bene?” e il “Seguimi”, si forma sul rettangolo di gioco un grande cuore rosso.

Il Cardinale guarda e sorride, applaude anche lui più volte e, in apertura dell’omelia, rivolgendosi direttamente ai ragazzi, dice: «Anche quest’anno avete rinnovato questa bella festa immedesimandovi con Pietro che, a sua volta, aveva il grandissimo desiderio di diventare come Gesù. Tutti noi fin da bambini impariamo dalla vita, cercando negli adulti che abbiamo intorno, qualcuno che ci aiuti a camminare. così da realizzare in pienezza la nostra vita che è sempre bella, anche nei momenti tristi». Quelli in cui, comunque, il Signore non abbandona mai perché «è un amico potente che ci tiene sempre per mano, anzi, di più: è come se ci mettesse le mani sotto il mento per sostenerci».

Per questo – scandisce l’Arcivescovo, raccontando la sua commozione nel vedere apparire, in una delle raffigurazioni sul campo, il volto di Cristo – «nella vita occorre imparare a farci guardare da Gesù, lasciarci guardare da Lui, puntando e scommettendo sulla nostra vita, guardandolo noi negli occhi. Anche se abbiamo commesso peccato, se gli diciamo di sì, Lui ci riscatta, ci rimette in piedi come nuovi e permette di camminare pieni di gioia».

Il richiamo è allo Spirito «vivo di Gesù che ora è su noi, tra noi, in noi e ripete la domanda, “Tu chi dici chi io sia?”», che il Signore pone agli Apostoli. «Per non dimenticarla nella distrazione, abbiamo bisogno di stare con Lui. Ciò avviene vivendo l’amicizia negli oratori, nelle associazioni, nei movimenti, nell’amore in famiglia, con chi si occupa della vostra crescita».

È il “noi” che vince, insomma: e il modo giusto per dire questo “noi” è la parola Chiesa, la parola comunità «di gente che vuole seguire Gesù, perché sa che tutto c’entra con Lui, in ogni momento. Nulla sfugge al suo sguardo. Così, allora, sentiremo anche nel nostro cuore le tre domande di Gesù a Pietro. Ti auguro di sentire questa domanda, come lo auguro a tutti gli adulti». Un interrogativo che Cristo pone a ciascuno di noi in modo particolare, ma la cui sostanza è una sola: è Lui che ci vuole amare.

Da qui il compito lasciato ai giovani: «due piccole cose da fare ogni giorno, al mattino, appena svegli, fare il segno di croce e la sera, affidarvi alla Madonna – che è la nostra madre che ci porta a Gesù – recitando un’Ave Maria prima di dormire. Questi due gesti saranno la strada per ritrovare il volto bello del Signore».

Poi ancora musica e coreografie – particolarmente suggestiva la cupola di San Pietro accompagnata dalla parola “Spirito” che si disegna sul campo al momento delle intercessioni – con il pensiero ai cristiani perseguitati in tante parti del mondo e l’invito al gesto missionario della raccolta fondi destinata a quattro microprogetti in Africa sostenuti dalla campagna CEI e Caritas Italiana “Il diritto di rimanere nella propria terra”. Le offerte che i ragazzi e le loro famiglie consegnano contribuiranno, infatti, al finanziamento di allevamenti di bovini, ovini, galline e pesci in villaggi del Camerun, del Togo, dell’Etiopia e della Tanzania.

E, alla fine, dopo le note di “Perdiqua” e il logo dell’oratorio feriale, già in piena attività, che appare sul campo, il giro del campo del Cardinale sulle note dell’“Inno alla gioia” e il breve saluto ad un gruppo di ragazzi di Betlemme ospitati da alcune famiglie della parrocchia Santi Pietro e Paolo di Desio, arrivati in Italia grazie all’Associazione “Oasi di pace”.

 

 

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