Abbiamo bisogno di consacrati e consacrate che ci mostrino la libertà dei figli di Dio, che esprimano un rapporto più profondo con la realtà e che vivano più intensamente gli affetti
di monsignor Paolo MARTINELLI
Delegato Cel per la Vita Consacrata
Che cosa ha da dire la vita consacrata al nostro tempo? Di quale novità è portatrice in questo cambiamento d’epoca? Per poterla comprendere nel suo significato più profondo si deve considerarla non isolandola in se stessa, ma nel suo rapporto con il mistero della Chiesa tutta; la quale è inviata dal suo Signore nel mondo a portare la novità insuperabile del Vangelo all’uomo nel suo bisogno di senso.
In effetti, una delle fatiche che la vita consacrata deve affrontare all’inizio del terzo millennio è di superare una certa estraneità venutasi a creare lungo i secoli nei confronti dell’umano. La sua peculiarità emerge quando viene riferita alla bellezza della vocazione alla santità, propria di ogni battezzato. La novità di vita portata da Gesù, in effetti, è per tutti. Nel battesimo viene generato l’uomo nuovo (Col 3,10), così da essere nuova creatura (2 Cor 5,17). Risuona ancora attualissima a questo proposito l’espressione della Gaudium et Spes: «Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (GS 22). Per questo «chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo» (GS 41).
Ogni cristiano è chiamato, insieme agli altri, a essere promotore di «nuovo umanesimo» nella nostra società, segnata da conflitti e da cambiamenti radicali che rischiano di farci dimenticare la centralità della persona nelle sue relazioni costitutive. Più che mai nel nostro tempo occorre mostrare la capacità umanizzante della sequela di Cristo in ogni ambito dell’esistenza. La vita consacrata, in questa prospettiva, si presenta come vocazione particolare a servizio della vocazione fondamentale del cristiano e di ogni persona. Essa non rappresenta un andare “oltre” il battesimo. Attraverso la forma dei consigli evangelici, come ha affermato il Vaticano II, la vita consacrata «appare come un segno, il quale può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana» (LG 44). Infatti, essa «manifesta anche chiaramente e fa comprendere l’intima natura della vocazione cristiana» (AG 18).
In questa prospettiva, i consigli evangelici di obbedienza, povertà e castità devono illuminare il compito che i battezzati hanno di promuovere vita buona per tutti nella società plurale. Abbiamo bisogno di consacrati e consacrate che ci mostrino con un’obbedienza responsabile la libertà dei figli di Dio; che vivendo con autenticità una vita povera e per i poveri esprimano un rapporto più profondo ed amorevole con la realtà tutta; che con una vita casta ad imitazione di Cristo vivano più intensamente gli affetti, realizzando una fecondità libera dalla paura della morte. Gesù ha dichiarato di essere venuto nel mondo «perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10); la vita consacrata è chiamata ad essere segno di questa novità possibile per tutti.