Redazione
La strada del dialogo, cominciata due anni fa, è appena iniziata. Ora il Forum delle Religioni di Milano è chiamato a proseguirla, creando occasioni analoghe a quella che ha visto suggellare lo Statuto, lo scorso 21 marzo.
di Augusto Casolo
Altri hanno già parlato del percorso che ci ha condotti sin qui. È sulla spinta della consapevolezza di aver vissuto una storica vicenda, che si snoda ora l’impegno del poi. Il futuro va provocato a risposte vieppiù significative. Ognuno di noi ha qualche sogno da portare avanti, beninteso non come il sogno di Giuseppe in Genesi che vede i covoni dei fratelli inchinarsi al suo!
Il primo è quello di immaginare di abbeverarsi alle diverse sorgenti per gustare la ricchezza dei sapori scoprendo una comune e dissetante freschezza. Le nostre comunità attendono di essere aiutate a mettersi in marcia verso una dimensione conviviale estesa e aperta alle diversità. Sembra di constatare che in tale direzione molto sia ancora lo sforzo da fare; del resto la stagione del dialogo è per noi da poco iniziata: solo pochi decenni fa le cose non stavano in questi termini.
Pensiamo a quando si insegnava che era proibito varcare la soglia di una chiesa di confessione cristiana non cattolica. Figuriamoci una moschea, una sinagoga o un tempio buddista. Il risentimento e la paura nei confronti di chi non è dalla tua parte sono sentimenti difficili da sradicare; lo possiamo verificare anche in relazioni più usuali e quotidiane. Lo sperimentiamo ogni giorno quando la cronaca, soprattutto nera, riportando i fatti, li ascrive a marocchini piuttosto che ad albanesi o in generale a stranieri. Ci teniamo a mostrare che siamo noi i buoni e gli altri no; quando poi addirittura non enfatizziamo la diversità attribuendole contorni da mostro. Usiamo mezzi meschini e criminalizzanti per recintare il presunto esclusivo nostro orticello.
Si tratta quindi di inventare e inverare occasioni analoghe alla firma che il 21 marzo 2006 ha sancito il Forum dele religioni, così che la visibilità di una possibilità nuova e di un’alternativa positiva si manifestino pienamente. Saranno le occasioni di visite ricambiate nelle date delle feste annuali proprie di ogni tradizione. Saranno momenti di convegno non affidati a noiose conferenze, ma a esperienza di incontro. Saranno importanti messaggi alla città che prendono coscienza dei mali che l’affliggono e ne propongono vie d’uscita, con la comune assunzione di responsabilità. Sarà il comune impegno per fronteggiare in un impulso di solidarietà eventi dolorosi che vedano fianco a fianco uomini di diversa provenienza religiosa accomunati dalla coscienza dell’unico destino umano. Sarà la voglia di contrastare la nuova barbarie, scambiata per civiltà, che allontana l’uomo da sé per allocarlo ai piedi dell’idolo tecnocratico. Sarà il bisogno di aprire spazi di libertà che a tutti appartengono, laddove essi sembrano ridursi sempre di più.
Sullo sfondo di una società che non conosce tregua nel demonizzare l’altro da sé, gli aderenti alle diverse tradizioni, in circa due anni di frequentazione, hanno imparato a conoscersi, ad apprezzarsi e a simpatizzare. È la più bella testimonianza: indica che il lungo tratto di strada che abbiamo davanti può essere percorso insieme. Una strada che sarà fatta anche di silenzi: è solo in quei momenti che si riceve dal cielo la forza della perseveranza.