Redazione
Jacky e Jowy frequentano il gruppo famiglie promosso dalla Cappellania dei Migranti, che riunisce filippini, sudamericani e italiani. Un’esperienza bella, che arricchisce e permette di aprire il proprio cuore, senza timore di essere giudicati
di Stefania Cecchetti
Jacky è odontoiatra, ma qui in Italia, dove vive da quattro anni, il suo titolo di studio non è ancora stato riconosciuto. Così ha trovato impiego come infermiera all’Istituto stomatologico italiano, mentre Jowy, suo marito, lavora come custode. Hanno una figlia di sette anni e sono membri della comunità filippina del Santo Niño, che fino a poco tempo fa si riuniva presso le suore agostiniane di via Ponzio e che attualmente sta provvisoriamente facendo riferimento alla chiesa di Santa Maria alla Porta, a Cordusio.
Il Santo Niño di Cebu è un’immagine sacra del Bambin Gesù, ritrovata nel ’500 nell’isola filippina di Cebu, da allora custodita dai monaci agostiniani e oggetto di grande devozione presso il popolo filippino, soprattutto nelle zone del sud, dove si trova appunto la città di Cebu. Una devozione che ora è approdata anche a Milano e che ha dato il nome a una delle comunità filippine della città.
Èfrequentando le celebrazioni domenicali al Santo Niño che Jowy e Jacky hanno saputo dell’esistenza di un gruppo famiglie promosso dalla Cappellania dei Migranti e formato da coppie filippine, sudamericane e italiane: «Ci si incontra l’ultimo sabato del mese – spiega Jacky – ma per la verità noi non sempre riusciamo a partecipare, abbiamo tanti impegni e tanti parenti, dalla parte di mio marito, da andare a trovare nel fine settimana. Ma quando non ci andiamo ci manca: è interessante perché si parla di tutto, dai problemi della coppia ai figli. È bello incontrare altre coppie come noi, riesco ad aprirmi e a dire quello che c’è nel mio cuore, senza ipocrisie. Si può anche piangere, senza la paura di essere criticati».
Il gruppo è anche un’occasione per incontrare gli italiani in un modo un po’ diverso: «Sul lavoro vedo tante persone, ma si è sempre così di corsa… Durante questi incontri, invece, possiamo parlare di tante cose, posso cucinare e far assaggiare le specialità del mio Paese, e questo mi piace, mi fa sentire accolta. Anche mia figlia è molto contenta, perché incontra nuovi amici: i bambini fanno amicizia sempre molto facilmente»
Secondo Jowy, gli incontri delle coppie sono un po’ come un nutrimento: «Sono la nostra “vitamina”, perché ci arricchiscono. Confrontarsi, alla luce della Bibbia, spesso aiuta anche a trovare soluzioni ai propri problemi». Un’esperienza positiva, insomma, anche perché nuova: «Nelle Filippine – conclude Jowy – non abbiamo mai frequentato incontri per famiglie. Andavamo a messa, ma senza partecipare ai gruppi di catechesi, quindi siamo molto contenti. Sono appuntamenti importanti, altrimenti frequentare la Chiesa rischia di diventare solo un’abitudine».