Redazione
Il Servizio affidi del Comune di Milano possiede già un elenco di persone selezionate e formate che si sono rese disponibili per gli affidi.
di Luisa Bove
Dopo l’esperienza dell’associazione marocchina “Diafra Al-Magreb” fondata a Torino dieci anni fa, ènata a Milano l’iniziativa “A casa di Amina”, sempre ospitato nello Spazio Cassiopea. «Si tratta di un progetto rivolto a famiglie straniere disponibili all’affido di minori anch’essi stranieri», spiega Anna Monti. In realtà già quelle italiane accolgono anche ragazzi di altre nazionalità: il Servizio affidi del Comune di Milano possiede già un elenco di persone selezionate e formate, e quando nasce un’esigenza i responsabili valutano la situazione e assegnano il minore alla famiglia ritenuta più idonea.
Ora l’appello viene rivolto anche a genitori immigrati residenti a Milano. «In questi anni, attraverso Cassiopea – spiega la coordinatrice -, abbiamo incontrato famiglie straniere che chiedevano aiuto, ma anche altre che sono una risorsa». È importante coinvolgerle nel progetto perché potrebbero prendersi cura di ragazzi in difficoltà che appartengono alla loro stessa cultura.
Le famiglie immigrate hanno spesso impegni lavorativi o affari improvvisi da sbrigare nel Paese di origine che li costringono a partire. «Non è bene sradicare durante l’anno un ragazzo che è già inserito a scuola – dice Monti – è utile piuttosto avere una famiglia d’appoggio, magari della stessa cultura, che può occuparsi del minore per un certo periodo di tempo». A questo risponde appunto l’iniziativa “A casa di Amina”.
Ma non sempre i casi di affido sono dovuti a impegni improvvisi. «Ci sono situazioni anche più delicate, di grave disagio sociale, con difficoltà non solo economiche, ma anche educative da parte delle famiglie», ammette la responsabile. «È importante che questi minori non crescano in comunità, ma in un contesto familiare, pur mantenendo i contatti con la propria famiglia».
Il periodo di affido può variare a seconda delle situazioni, possono esserci i cosiddetti affidi “leggeri” che comprendono solo il week end, quelli che coprono l’intera settimana o escludono il sabato e la domenica. In alcuni casi l’affido può durare mesi o addirittura un anno o due. «Un ragazzo infatti può tornare a casa sua quando la famiglia di origine è pronta a riaccoglierlo – spiega Monti -, grazie anche al lavoro svolto dai servizi sociali».
Il progetto “A casa di Amina” è in fase sperimentale, per questo non sono ancora stati realizzati affidi. Attraverso don Alessandro Vavassori della Pastorale dei migranti della diocesi i responsabili hanno cercato famiglie disponibili. E così nei mesi scorsi tre coppie peruviane e una donna marocchina hanno frequentato il corso di formazione. «Tutte ci dicevano che nei loro Paesi esiste l’affido, anche se non è regolamentato da una legge. Difficilmente un ragazzo che viene abbandonato resta per strada da solo, c’è sempre qualcuno che se ne prende cura, perché la gente vive una dimensione di accoglienza, casa aperta e famiglia allargata».
Le persone che hanno frequentato il corso ora attendono la selezione. Tocca infatti alla Provincia di Milano procedere nella valutazione prima di attivare con loro gli affidi. «Per la Provincia è una novità selezionare una famiglia straniera – dice Monti -, per questo abbiamo costituito un tavolo di lavoro formato in parte dall’équipe del progetto “A casa di Amina”, da una psicologa della cooperativa “Terre nuove”, dagli assistenti sociali della Provincia e da un loro rappresentante».
«Quello che noi vorremmo – aggiunge – è che durante l’affido ogni famiglia, oltre all’assistente sociale, abbia un educatore che possa affiancarla e rispondere a esigenze e dubbi, ma che sia anche in grado di valutare se i genitori reggono». Alle famiglie affidatarie sarà assicurato un contributo economico da parte della Provincia.