Nella festa della Madonna di Fatima per le vie del centro storico si è snodata la processione “aux flambeaux” guidata dall'Arcivescovo. Un pellegrinaggio diocesano in Portogallo dal 3 al 7 settembre

Processione Fatima (1)

di Annamaria Braccini

Un fiume di luce che attraversa il centro storico della città, partendo dalla Basilica di San Vittore, passando accanto alle mura del carcere omonimo, ma anche all’oratorio, a scuole, a luoghi di aggregazione giovanile e sostando poi in preghiera nella splendida Santa Maria delle Grazie.

Un popolo in cammino

L’Arcivescovo che accende la sua candela al cero pasquale per il rito della luce che si compie all’avvio della processione; i fedeli che si affollano fin sul sagrato; una quarantina di sacerdoti, tra cui monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo emerito di Ascoli Piceno, il vicario episcopale per la Zona I monsignor Carlo Azzimonti, il parroco di San Vittore don Vittorio De Paoli e fra’ Daniele Drago, priore provinciale della Provincia di San Domenico in Italia; i ragazzi e gli anziani, qualche coppia con i figli piccolissimi, i chierichetti, gli scouts, le religiose, le Apostole di Fatima, gli uomini che portano a spalla la statua della Madonna, gli stendardi, i membri delle Confraternite. Insomma, un popolo che, nel giorno della ricorrenza liturgica della Madonna di Fatima, prega e cammina, con i tradizionali flambeaux tra le mani, per portare un segno di speranza. E perché, come scandisce l’Arcivescovo, «abbiamo qualcosa da dire alla città». 

La riflessione dell’Arcivescovo

«Città dalle genti, noi abbiamo un messaggio per te – è il richiamo iniziale -. Milano bella e orgogliosa. Milano, Galilea delle genti. Milano agitata e paralizzata, delle grandi aggregazioni e delle solitudini, delle feste e delle desolazioni; Milano degli affari e Milano della miseria, dello squallore e del degrado, della salute e della medicina, delle malattie e della morte solitaria, Milano giusta e Milano dell’illegalità, degli incontri e delle alleanze, delle contrapposizioni e dei risentimenti. Milano accogliente e generosa, insofferente e meschina, abbiamo qualcosa da dire».

«Milano, non sei destinata a morire nel buio di una notte senza mattino, di una comunità senza bambini, di una babilonia dove si smarrisce la ragione e diventa impossibile intendersi – prosegue l’Arcivescovo -. Le diagnosi che decretano l’inarrestabile declino possono essere smentite: possiamo convertirci, generare futuro, una vita nuova. La constatazione di essere un mercato dove vengono da ogni parte a vendere e a comprare non induca a pensarti come una città in vendita, una città per ricchi, per quelli che se lo possono permettere. Convertiti, cerca la tua strada, metti a frutto i tuoi talenti, interroga la tua storia e ricevi l’annunciazione della tua vocazione».

«La parola che portiamo è una promessa, non è un comandamento, non è una strategia per vincere la concorrenza – è la conclusione -. È la promessa della presenza di Dio che apre nuovi orizzonti, che assicura una grazia di sapienza e di fortezza. Portiamo Maria e l’annuncio che Maria ha ricevuto: il Signore è con te».

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