Analisi, interventi e testimonianze provenienti dal settore socio-sanitario hanno caratterizzato la Veglia per il lavoro, conclusa dalla riflessione dell’Arcivescovo: «La vera ricchezza è il valore di essere creature amate da Dio»

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

di Annamaria Braccini

Veglia del lavoro
Gli intervenuti alla serata: Da sinistra Raffaella Fioravanti, Guido Agostoni, l'Arcivescovo, Virginio Brivio, Maria Concetta La Corte e Stefania Pozzati

«Che cosa avete da dire al mondo dei guerrieri, dei guerrafondai del pianeta che inventano armi micidiali per distruggere, che impiegano risorse miliardarie per seminare morte, creare mutilazioni a centinaia, voi che, per lavoro, vi prendete cura di una persona per volta, perché recuperi un movimento, faccia funzionare una protesi, si abitui a compensare con quello che gli resta ciò che gli manca a causa di una bomba o di un incidente o di una crudeltà? Che cosa avete da dire al mondo dei ricchi, dei gaudenti, di coloro che sperperano fortune per il loro divertimento, voi che accompagnate persone, famiglie, istituzioni che non chiudono mai per ferie, che conoscono solo gioie minime e feste in cui il sorriso conta più del piacere, la compagnia più degli spettacoli esotici?».

Un’occasione per rendere giustizia

Le parole che l’Arcivescovo pronuncia nella Cappella dell’Opera San Vincenzo, nella sua riflessione al termine della Veglia di preghiera per il lavoro, risuonano come una risposta immediata alle testimonianze portate da chi lavora nella programmazione socio-sanitaria, nelle Rsa, nell’amministrazione, accanto ai più fragili, tra le luci di professioni amate e svolte con passione e le ombre delle tante difficoltà esistenti da sempre e aggravate dalla pandemia. Moderata da Virginio Brivio, collaboratore del Servizio per la Pastorale sociale e il Lavoro. la Veglia – che torna a essere celebrata dopo due anni di pausa a causa del Covid – è infatti un’occasione preziosa per il raccontarsi di chi ogni giorno realizza concretamente il titolo dell’incontro, «La vera ricchezza sono le persone. Per una cultura della cura», rendendo giustizia a categorie non valorizzate a pieno.

«Bisogna essere chiari: queste occupazioni non sono di ripiego – puntualizza Brivio -. Le persone che operano nel settore socio-sanitario hanno bisogno loro stessi di una cura non paternalistica o di una rivendicazione vittimistica, ma di attenzione vera in un momento di snodo come quello attuale, con il Pnrr e la riforma della sanità lombarda quale sistema di prossimità. Su questo abbiamo qualcosa da dire».

Tre le dimensioni sottolineate in apertura dal Vicario episcopale di settore, monsignor Luca Bressan: «L’attenzione ai fragili rende vivibile la vita. Ci siamo accorti che la pandemia ci ha colti impreparati: vi è bisogno, quindi, di forme nuove. Pensiamo alla riforma del welfare, ma anche alla guerra, che sono luoghi da abitare, come cristiani, con intelligenza. Il terzo aspetto è la dimensione nazionale, come ci richiama il Messaggio dei Vescovi italiani, per dire che non possiamo distogliere lo sguardo dai contesti di rischio per i lavoratori come ci ricordano i tanti, troppi morti sul lavoro». Vittime per cui si prega specificamente al termine.

Le testimonianze

Con il saluto di don Sergio Didonè – presidente dell’Opera San Vincenzo che ospita persone in difficoltà – si avviano le testimonianze.

Guido Agostoni, presidente del Distretto sociale di Lecco, parla della pandemia e dei sostegni messi in campo sul territorio attraverso risorse economiche (con il Fondo “Aiutiamoci” 7 milioni di euro, e con “Aiutiamoci nel lavoro” quasi 1.200.000 euro), ma soprattutto con un approccio diverso e più sinergico ai problemi: «Solo nella capacità di riconoscersi reciprocamente tra enti pubblici e privati risiede la possibilità di reagire di un territorio. In questo caso il vero imprenditore siamo noi», spiega.

Una visione condivisa da Stefania Pozzati, dirigente della Fondazione Sacra Famiglia, che avvia il suo intervento dai titoli dei quotidiani nei giorni «della demonizzazione delle Rsa»: «Credo che il Covid abbia drammaticamente fatto emergere la necessità di essere ascoltati, di sedere ai tavoli istituzionali per la programmazione territoriale, valorizzando esperienze e professionisti di un settore che non può più essere solo il fratello povero della sanità».

La testimonianza di Maria Concetta La Corte, responsabile del Servizio gestione integrata della persona all’Istituto Palazzolo

Nella seconda parte della Veglia due ulteriori testimonianze “sul campo”. Maria Concetta La Corte, infermiera professionale – la loro giornata internazionale verrà celebrata il 12 maggio – presso l’Istituto Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi, puntualizza: «C’è una differenza abissale tra fare ed essere infermiere, tra curare e prendersi cura, che va oltre l’approccio tecnico, implicando un coinvolgimento personale. Come ci insegna don Gnocchi, viene prima l’uomo che la malattia».

Raffaella Fioravanti, fisioterapista all’Irccs Santa Maria Nascente sempre della Fondazione Don Gnocchi, aggiunge: «Dopo 25 anni di lavoro come terapista della riabilitazione ho imparato a considerare il paziente non come oggetto difettoso, che ha bisogno di un intervento per tornare a funzionare, ma come una persona che, nonostante la propria sofferenza, ha risorse a cui attingere e da mettere in campo. Dobbiamo valorizzare questo aspetto lavorando in équipe».

La riflessione dell’Arcivescovo

L’Arcivescovo durante il suo intervento

A tutti loro si rivolge l’intervento dell’Arcivescovo (qui il testo integrale): «Che cosa avete da dire al mondo della finanza, dell’economia, dell’astuzia di far soldi con i soldi, voi che ricevete stipendi che sembrano elemosine, voi che lavorate per imprese che sembrano una spesa senza ritorno, voi che suggerite investimenti che non producono profitti? Che cosa avete da dire al mondo dell’esibizione, del culto della bellezza, della prestanza, voi che vi chinate sulla debolezza, state vicino e vi prendete cura di persone che sono fuori dai canoni della bellezza, che nessun programma pubblicitario può esibire, che nessuna rivista di moda può pubblicare? Questo, credo, avete da dire: ci prendiamo cura della vera ricchezza che è il valore dell’essere uomo, dell’essere donna, dell’essere creatura amata di Dio. Che non avete prodotti da vendere, ma tesori che nessuna ricchezza può comprare, il sorriso di chi riconosce in noi un volto amico, la fiducia di chi affida a voi la vita, la salute, il sorriso di una figlia, di un figlio».

Questo contenuto non è disponibile per via delle tue sui cookie

Dunque, lavoratori con un surplus di anima, che possono preparare un domani diverso, suggerisce l’Arcivescovo, come «protagonisti di un modo di intendere l’economia, la finanza, l’organizzazione del lavoro, la ricchezza e la bellezza che possono rivoluzionare la storia e salvare il pianeta, perché continuiamo a respirare quell’alito di vita che è infuso in noi dal soffio di Dio. Dopo che i signori della guerra e delle armi si saranno stancati di distruggere la terra e di distruggere se stessi, Dio si servirà di noi perché la terra continui a vivere, la speranza a germogliare e i figli degli uomini continuino a sorridere».

Le prospettive

Virginio Brivio (Collaboratore Servizio per la Pastorale Sociale e il Lavoro)

Infine, sono sei le piste interpretative indicate da Virginio Brivio. «Distinguere tra i settori da non considerare come compartimenti stagni, per creare un ambito di cura ampio e diversificato. Non contrapporre domiciliarità e cura nelle strutture sanitarie, perché sono due risposte al bisogno che vanno riequilibrate, servendo entrambe. Inoltre, è necessaria un’integrazione tra pubblico e Terzo settore del privato sociale, che non venga solo percepito come erogatore di servizi, ma come ricchezza da non disperdere. Vi è da ripensare l’intervento specialistico, ma anche una prevenzione nel territorio. Dobbiamo gestire bene le molte risorse che arriveranno (messe a disposizione con il Pnrr), investendo specie sul capitale umano, sennò rischiamo di edificare delle cattedrali nel deserto. Tutte le professionalità sono importanti, anche nei servizi più semplici, ma bisogna che vengano riconosciute per quello che sono, rivalutate con una maggiore formazione. Occorre che anche le Istituzioni accademiche dicano che essere operatori socio-sanitari sul campo è bello e pieno di opportunità».

 

Messaggio dei Vescovi per la Festa dei lavoratori

Sussidio per l’animazione liturgica delle Veglie nelle comunità parrocchiali

Bressan: «Le persone sono la vera ricchezza»

Brivio: «L’attenzione verso chi lavora con i più fragili»

Ti potrebbero interessare anche: