Lo sprone dell’Arcivescovo agli adolescenti nel terzo e ultimo incontro “feriale” nell’Anno straordinario a loro dedicato: «Tutta la vita è una vocazione perché l’amore di Dio ci ha chiamato a vivere»

di Annamaria Braccini

Rozzano, Oratorio S. Angelo

Il desiderio e le fatiche della ripartenza, l’importanza dell’amicizia e le inevitabili delusioni, tanto più difficili da accettare perché inattese per gli esordienti della vita. E poi i sentimenti – ancora non del tutto consapevoli – che si incontrano e si scontrano nel profondo, la voglia di «esserci» comunque e la domanda delle domande, declinata in modo diverso, ma sempre la stessa, sul dubbio che non passa: «Io valgo qualcosa? Ci sarà qualcuno che mi vorrà bene e sarò all’altezza delle aspettative?».

Sono gli interrogativi attraverso cui si articola la serata che l’Arcivescovo trascorre con gli adolescenti che riuniti presso l’oratorio Sant’Angelo della Comunità pastorale Discepoli di Emmaus di Rozzano. Nell’ampio e accogliente salone, in cui solitamente i ragazzi si ritrovano ogni venerdì sera, dopo il momento conviviale vissuto tra don, insegnanti ed educatori, va in scena il dialogo, a partire dalla lettera dell’Arcivescovo agli “ado” dal titolo Fellowers. Una preparazione accurata – coordinata da don Luigi Scarlino, responsabile della Pastorale giovanile della Cp, e che ha coinvolto anche gli adolescenti della Scuola Istituto Calvino di Rozzano, quelli del gruppo scout e delle società sportive – ha preceduto l’incontro, terzo e ultimo della serie (leggi qui la presentazione) in altrettante realtà di diverse Zone della Diocesi, voluta in una modalità semplice, per sottolineare l’Anno straordinario degli adolescenti.

Martina Iglio

L’amicizia

Dal concetto di amicizia si avviano le risposte dell’Arcivescovo, cui sono accanto il direttore della Fom don Stefano Guidi, il responsabile della Cp don Roberto Soffientini e lo stesso don Scarlino, che conduce la serata. «Se due o tre amici si mettono insieme, riescono a fare cose che da soli non riusciremmo mai a fare. Ci sono amicizie che aiutano a diventare migliori. Questo vi auguro, avete i mezzi per fare cose straordinarie. Pensate che, durante il lockdown, alcuni vostri coetanei hanno fondato un giornale di buone notizie per distribuire sorrisi e seminare fiori…».

Arriva anche un ricordo personale dell’Arcivescovo, che definisce l’amicizia «quel tipo di rapporto che rende più facile fare del bene»: «È un tema che mi interessa molto: nel 1969, nell’anno della mia maturità, con degli amici – da solo non sarei riuscito – abbiamo scalato il Monte Rosa…».

Ma poi c’è l’amicizia che rende peggiori, come poco prima ha sottolineato uno dei ragazzi. E qui il monito è chiaro: «È quella che rende più facile fare il male, ubriacarsi o imbrattare i muri con delle scritte. Sono le amicizie che creano complicità, per cui uno si arrende alla legge del branco, piuttosto che stare solo. Vorrei incoraggiarvi a cercare amici veri, anche se non è facile, come ho ascoltato dalle vostre domande, perché la fiducia viene a volte tradita e si soffre. Non è che se un amico è falso, tutti lo siano…».

Alla ragazza che dice: «Penso che nessuno riuscirà a mettere prima l’amico di se stesso o almeno nessuno l’ha mai fatto con me: ho molte conoscenze, ma pochi amici…», l’Arcivescovo spiega: «Non è vero che sia difficile che qualcuno metta gli altri prima di sé. Molti lo fanno, avendo il servizio nel cuore perché capiscono che fa bene agli altri e a sé. Questo ci fa comprendere che noi siamo fatti bene, siamo all’altezza della vita, capaci di amare e, quindi, meritiamo di essere amati».

La vocazione

La parola-chiave, la ragione per cui avere questa certezza, è «vocazione». «Vocazione, perché qualcuno ci ha chiamati. Tutta la vita è una vocazione perché l’amore di Dio ci ha chiamato a vivere. Questo è anche il rimedio alla disperazione che, talvolta, gli adolescenti vivono perché non hanno speranza, mentre è bello diventare grandi. Se non avete una meta da raggiungere andrete piano, sarete la generazione del divano, come dice papa Francesco. Lo sperpero del tempo e delle risorse è dovuto al non avere un desiderio che attiri. La vocazione, invece, vuole dire che la vita risponde a una chiamata, che abbiamo una missione da svolgere».

Particolarmente efficace l’immagine scelta per esemplificare questa idea: «La Ferrari è una macchina potentissima, orgoglio degli italiani, ora tornata agli onori delle cronache per le vittorie. Così siete voi: potentissimi, bellissimi, ma è come se non ci fosse più una strada, per cui la macchina rimane in un parcheggio. Invece Dio indica che dovette correre, vi dice: andate. La meta è vivere come Gesù e ciascuno deve scegliere la sua strada per raggiungerla»

E ancora, il rapporto con Gesù, appunto approfondito nell’ultima parte della Lettera e a cui fanno accenno alcuni interrogativi degli “ado”. «Il rapporto con Gesù può sembrarvi non semplice. Mi chiedete come incontrarlo: è lui stesso che vi parla a uno a uno, ma lo dovete ascoltare veramente. Gesù vi cerca, dategli tempo per parlarvi, leggete il Vangelo, andate a Messa dove il Signore vuole fare comunione con voi. Vi vuole bene. Noi abbiamo qualche volta domande troppo teoriche, ma le risposte, nel Vangelo, Gesù le ha date tutte. Nel Libro dell’Apocalisse è scritta la frase: “Sto alla porta e busso”. Lui e lì, non ha niente da imporvi, apritegli».

Infine, il saluto con tanti sorrisi e la Lettera che viene consegnata dal Vescovo a ciascuno dei ragazzi.

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